24 feb 2016

Un film, un festival e ‘Oj božime’

Mama, il film
Il film è nato lentamente e ormai dalla fine delle riprese sono passati due anni. Io, che nel film interpretavo me stessa e la figlia, sono tornata alla mia vita; Nataša, che nel film era mia madre e contemporaneamente se stessa, la vedo poco ma quando la incontro l’emozione di aver condiviso una cosa così grande è sempre forte. Questa cosa grande è il film Mama, l’intensità dei momenti che abbiamo vissuto e il rapporto che abbiamo costruito l’una con l’altra, e ognuna di noi con il regista del film Vlado Škafar e il direttore della fotografia Marko Brdar.
Il film parla di una madre che ha perso il contatto con sua figlia e con se stessa: attraverso la scrittura di lettere o di un diario personale cerca di riallacciare il rapporto con la figlia e arriva anche a conoscersi meglio. Il rapporto fra la madre e la figlia non viene mai esplicitato ma ognuna viene trattata come un’anima a sé che, con l’incontro di persone per la madre e con l’incontro con la natura per la figlia, alla fine del film sembra ritrovare una sua serenità. Ogni nuovo giorno, ogni piccolo gesto, ogni bellezza naturale e ogni storia vengono riprese come fossero un miracolo: nel quotidiano, nel silenzio, in piccoli eventi che accadono c’è il sacro.
Il film è girato quasi interamente a Slapnik, un piccolo paese abbandonato delle Goriška Brda. Alcune scene però sono state filmate a Cividale (sotto il Ponte del Diavolo, nel monastero di Santa Maria in Valle e nel cortile del Convitto) e alcune anche nei nostri boschi (Topolò).
Una critica del film scritta da Daniel Kasman e tratta dal sito mubi.com spiega molto bene: “Il film di Vlado Škafar procede essenzialmente senza che quasi nulla accada, quasi senza dialogo. Al contrario, noi vediamo una madre essere – pensare, sentire e ricordare (…). Il senso della memoria è tangibile: con il sua quasi casuale susseguirsi di scene, Mama non si presenta come una storia ma come un’evocazione di una relazione…”.
Per queste sue qualità il film è un’opera cinematografica che, com’è stato detto da qualcuno, si inserisce perfettamente nella tradizione cinematografica dell’est (quella di Tarkovskij, Sokurov, Kieslowski) e chi ha selezionato il film per il festival del cinema di Rotterdam (International Film Festival Rotterdam) ha visto in esso proprio questo.
Rotterdam e il festival
Il festival di Rotterdam è, dopo i tre festival di Cannes, Venezia e Berlino, il più importante festival del cinema, uno dei più grandi e specialmente un festival che davvero pone la sua attenzione nella selezione del nuovo cinema di qualità. Forse è uno dei festival che più intensamente si dedicano al cinema e ai film, lasciando da parte tutta la sovrastruttura che caratterizza Cannes e Venezia specialmente. Non ci sono tappeti rossi, non c’è la calca di pubblico che spinge per vedere gli attori famosi; il pubblico, le persone che lavorano nel mondo del cinema, gli attori e coloro che lavorano per il festival condividono gli stessi momenti, gli stessi spazi e gli stessi film.
Come ogni grande festival uno dei motivi per cui chi lavora nel mondo del cinema frequenta Rotterdam sono gli incontri: i registi, i critici, i direttori di altri festival passano tanto tempo assieme, bevendo caffè e discutendo di cinema. Essere spettatore di questi incontri e di questi discorsi è molto stimolante. Ho avuto anche io il piacere di stare seduta attorno ad un piccolo tavolino di una caffetteria e di ascoltare e tentare di capire come funziona questo mondo del cinema che a persone che ne sono estranee sembra molto complesso. È innanzi tutto un mondo enorme e le professioni che vi lavorano sono moltissime e molto diverse, i discorsi e i linguaggi anche.
Tanti dei film selezionati per il festival di Rotterdam sono film poetici, silenziosi a volte, che probabilmente non avranno una grande distribuzione e sono forse anche per questo più interessanti.
Mama, che viene definito “un poema dal finale aperto” (Kasman), si inserisce perfettamente in questa lunga lista di film che parlano con un altro linguaggio, che forse non è propriamente il linguaggio del cinema, ma, appunto, quello della poesia o forse del romanzo (il film si ispira alla Recherche di Proust).
È la prima volta che i nostri temi, come quello dell’abbandono dei paesi, e i nostri luoghi arrivino ad un festival così importante come quello di Rotterdam. E ovviamente pensare la Benečija proiettata su un grande schermo di un festival così lontano emoziona davvero. Ci sono le campane di Topolò, il Koderjana e il nostro bosco, quel bosco in cui ho da sempre camminato e che percorro anche durante il film. Ci sono gli alberi che fanno le loro prime foglie, i rami secchi che riempiono il fiume d’inverno e poi, inaspettata, una piccola salamandra. E poi, alla fine, c’è il Natisone in una scena bellissima che lascia senza fiato e solo dopo i titoli di coda si ascolta “Oj Božime”, che sentito a Rotterdam emoziona. Il film è finito e il pubblico aspetta prima di applaudire. Si condivide il silenzio che questo film ci insegna a saper ascoltare e apprezzare.
Vida Rucli
http://novimatajur.it/cultura/2695.html

1 commento:


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