15 lug 2016

Confini, identità e indifferenza nel crocevia di Topolò


Raccontare un confine per Ervin Hladnik Milharčič, reporter sloveno cresciuto a Nova Gorica, vuole dire ricordare come sia stato spesso, come inviato, in luoghi di guerra assieme ad un fotografo che si è commosso solo quando è stato testimone dell’arrivo di tanti profughi provenienti dall’Africa, e che arrivavano in Slovenia passando per i Paesi dell’ex Jugoslavia. “Quel fotografo, piangendo, mi ha detto: noi abbiamo girato il mondo e abbiamo visto gli altri, ma queste persone siamo noi.” Raccontare di confine e di identità può anche mettere in crisi, come in questo caso, ma può anche rappresentare l’occasione per capirsi meglio e capire meglio gli altri. È in fondo questo il senso del bel documentario ‘Tihotapci identitete’ (Contrabbandieri di identità) della regista Marija Zidar, del quale Milharčič è cosceneggiatore ma anche la figura principale, il Virgilio nel viaggio lungo il confine italo-sloveno per cercare di capire quanto questo ha influenzato la vita delle persone e cosa rappresenta, per le stesse persone, oggi che è di fatto scomparso.
Girato anche a Tolmin, Kambreško, San Pietro al Natisone e Topolò (dove è stato presentato nel corso della Postaja alla presenza dei due autori), ‘Tihotapci identitete’ è il risultato dell’incontro tra chi questa realtà la conosce molto bene (“Qui sul confine non ci sono purosangue, siamo tutti bastardi” dice Milharčič) e chi, come la regista slovena, proviene da un’altra realtà molto più distante di quanto possa sembrare. In ogni caso, per il reporter, “Marija ha fatto un film che ci ha fatto vedere come siamo belli”.
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Sull’indifferenza, ma anche sul concetto di marginalità, si è incentrato l’incontro, avvenuto sabato a Topolò, con don Pierluigi Di Piazza, prete ‘di frontiera’ e fondatore del Centro di accoglienza Balducci di Zugliano.
L’occasione è stato il suo recente libro ‘il mio nemico è l’indifferenza’ (Laterza), ma le riflessioni di don Di Piazza hanno riguardano Topolò e le realtà come questa (e come la stessa Tualis, borgo carnico in cui il prete è nato): “La marginalità tante volte è vista come una condanna, può invece diventare l’occasione di percepire dimensioni importanti che ci aiutano a capire meglio la marginalità degli altri.” Questo per una persona che si è ritrovata ai margini “anche per le posizioni controcorrente rispetto a quelle della Chiesa”. L’indifferenza, tema quanto mai attuale soprattutto rispetto alla questione dell’immigrazione, è invece “costitutiva dell’essere umano. Oggi chi arriva come migrante ci dice che il mondo è in condizioni disastrose, e in questo mondo l’Europa si comporta in maniera vergognosa: l’unica decisione che ha preso è stata dare 3 miliardi e mezzo alla Turchia perché si riprenda i profughi.”
Per don Di Piazza “l’Italia ha il merito di salvare migliaia di persone nel Mediterraneo, ma poi non ha un progetto sull’accoglienza.” E ancora sull’indifferenza che, avverte il prete, non è certo qualcosa che riguarda in particolare i giovani: “L‘antidoto è un cartello che era apposto a Barbiana, dove c’era la scuola fondata da don Lorenzo Milani. Diceva ‘Mi sta a cuore’, il contrario del motto fascista ‘Me ne frego’.”
Le ultime parole, o meglio stoccate, alla classe politica attuale, in particolare a quella regionale: “Dopo le ultime elezioni amministrative qualcuno ha detto: dovremo riprendere a parlare con la gente. Mi cascano le braccia, perché parlare con la gente è il motivo fondamentale dell’essere in politica. Una rigenerazione deve partire proprio da questo, dall’ascolto.”
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“Topolò è un luogo nel quale arrivare da soli è difficile; più facile è se qualcuno ti ci accompagna per mano.” Inizia così il libro di Nataša Kramberger  ‘Tujčice’, decima pubblicazione del progetto di residenza Koderjana. Kramberger è nata a Jurovski Dol, nella Slovenia orientale, e vive a Berlino.
Dalla sua permanenza nel paese lo scorso febbraio ha tratto una serie di racconti, testimonianze e poesie che compongono il libro bilingue edito dalla cooperativa Novi Matajur e realizzato in collaborazione con l’associazione Topolò ed il circolo di cultura Ivan Trinko. ‘Tujčice’ è un titolo con più significati, ha spiegato l’autrice: nel dialetto sloveno delle Valli del Natisone ha il significato di ‘gattine’ e dà il nome alle prime infiorescenze primaverili, nella lingua letteraria slovena ‘tujec’ significa però ‘straniero’, e quindi il titolo può significare anche ‘piccole straniere’.
Durante la presentazione l’autrice – di cui da poco è uscita in Italia la traduzione del suo primo romanzo con il titolo ‘Niente di nero in vista’, edito da Mimesis – ha anche raccontato il suo incontro con alcuni abitanti del paese e con la mitologia della Benecia. Un’esperienza della quale si è detta grata alla Postaja.
http://novimatajur.it/cultura/confini-identita-e-indifferenza-nel-crocevia-di-topolo.html

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