13 ago 2016

Dal SLOVIT (Sloveni in Italia) bollettino ,d' informazione


SLOVIT Anno XX  N° 7 (222) 31 luglio 2016

L'OPINIONE
Comunità slovena opportunità per tutti Le leggi di tutela statale e regionale sono un formidabile strumento di difesa del nostro territorio La legge regionale di tutela della minoranza slovena prevede vi sia una Commissione, espressione di detta minoranza linguistica, a dover essere consultata in merito ai provvedimenti che la riguardano, in particolare per la gestione dei fondi che lo Stato le destina attraverso la Regione stessa. La legge statale di tutela (38/2001), all’ art. 21 previde a suo tempo lo stanziamento di un miliardo di lire l’anno «Per consentire l’attuazione di interventi volti allo sviluppo dei territori dei comuni della provincia di Udine (…) nei quali è storicamente presente la minoranza slovena». Va ricordato che il 1° comma dell’art. 21 recita: «Nei detti territori (…) l’assetto amministrativo, l’uso del territorio, i piani di programmazione economica, sociale ed urbanistica e la loro attuazione (…) devono tendere alla salvaguardia delle caratteristiche storico-culturali». Quel famoso miliardo, che, tramutato in euro, non è aumentato di un centesimo in 15 anni, è stato effettivamente distribuito ai Comuni tramite le Comunità montane, ma spesso quei soldini sono stati spesi senza tenere in alcun conto il dettato ed il senso espresso nel 1° comma che ne indica le finalità. Nelle ultime tre annualità la distribuzione non era andata a buon fine e così si è accumulato un gruzzoletto che comunque andava impiegato e così l’assessore regionale alla Cultura, Gianni Torrenti, ha incaricato una sottocommissione che indicasse le linee di intervento e le priorità per un corretto e condiviso impiego delle risorse. Il gruppo di lavoro ha presentato un progetto che la Commissione ha valutato molto positivamente. Da parte sua, l’assessore, con competenza e lungimiranza, prima di procedere agli atti legislativi, ha avuto l’accortezza di convocare tutti i sindaci della provincia di Udine interessati alla legge 38/01, perché ne venissero a conoscenza ed apportassero il loro eventuale contributo. Che le cose nell’ambito amministrativo locale stiano cambiando in senso positivo si era visto già in un paio di occasioni precedenti, quando sono stati interpellati i sindaci dei comuni che il presidente provinciale Fontanini aveva pensato di escludere nell’opuscolo «Tre lingue per una specialità» e che invece sono inclusi nel territorio storicamente abitato dalle comunità slovene. In quell’occasione essi hanno potuto prendere coscienza delle finalità della legge 38/01 e forse anche ciò può aver contribuito affinché, coralmente, sottoscrivessero il documento che il sindaco di San Pietro/Špietar, Mariano Zufferli, ha sottoposto loro per concorrere in aiuto alla scuola bilingue in ristrutturazione. Un passo epocale, sintomo di una recuperata corresponsabilità proprio nel sensodel 1° comma sopracitato.
La presenza alla convocazione, in Udine, presso gli uffici della Regione, anche dei rappresentanti dei sindaci di Resia e di Pulfero, i quali sostanzialmente non hanno avuto nulla da eccepire in merito alle indicazioni elaborate dalla sottocommissione per la distribuzione della somma di 1.418.500 su sette tipi di interventi, è un segno estremamente positivo. Implicitamente hanno ripristinato un rapporto istituzionale corretto con i dettami della legge di tutela della minoranza slovena. Ora, a mio modesto giudizio, manca solo che con un atto istituzionale, così come lo è stato quello di rifiuto della connotazione «slovena» per il loro Comune, se ne corregga il senso. Pare implicito, dopo gli avvenuti chiarimenti, che i contributi assegnati ai comuni in base alla L. 38, non possano essere assegnati a coloro che se ne autoescludano il diritto. La cosa bella che è emersa durante i lavori della Commissione consultiva, che è seguita alla riunione con i sindaci è che, se saremo in grado di creare collaborazione e conseguenti sinergie, progetti comuni validi e credibili, nulla vieta che i fondi fino ad ora disponibili possano essere aumentati. Le Comunità montane verranno sostituite dalle Uti; saranno queste il nuovo ente che dovrebbe gestire le risorse. I 18 Comuni nei quali in provincia di Udine è riconosciuta la minoranza slovena dovranno far quadrato e non avranno altro mezzo di azione se non quello di appellarsi ad ogni possibile spiraglio che la legge di tutela della comunità slovena può offrire. Non è un limite, ma un’opportunità che va sfruttata. Essere, dirsi, affermarsi sloveni, finalmente, potrebbe anche diventare un formidabile strumento di difesa delle nostre comunità intere, slovene o meno che siano. Fare ancora polemiche su questioni identitarie fuorvianti sarebbe un danno per tutti. Ne vale la pena?
 Riccardo Ruttar (Dom, 15. 7. 2016)


L’INTERVENTO Promuovere il territorio è cosa seria Il turismo oggigiorno è mestiere da iper specialisti. L’esempio del vicino Posočje Il turismo, come attività economica, è un settore tra i più difficili. D’altro canto in Benečija è uno dei pochi seriamente praticabili e che può creare qualche agognato posto di lavoro. È anche argomento di conversazione molto diffuso, in cui ognuno ha la ricetta risolutiva. Così in questi giorni si sa tutto del dopo Giro d’Italia, si preconizzano tempi con mirabolanti ricadute che questa manifestazione produrrà sul territorio. Argomento serio da non sottovalutare, ma a mio avviso un fantastico risultato il Giro l’ha già dato: ha dimostrato che si può – e facilmente! – ripulire i bordi delle strade senza alcun problema legale o burocratico. Forse ci vorrà un altro Giro per far capire che la stessa cosa – ancora facilmente! – si può fare intorno ai paesi. Già che parliamo di Giro, diamo il giusto merito a chi per anni si è impegnato perché la gara arrivasse anche qui, al sindaco del nostro comune più piccolo, Drenchia-Dreka. Torniamo al turismo, nel tentativo di comporre il puzzle «turismo» troviamo pezzi ovvi e semplici, come l’ambiente – e torna in ballo la pulizia intorno ai paesi – la viabilità, la ricettività con le sue strutture, ma anche altri non immediati, come il tipo di offerta su cui puntare, la preparazione degli addetti (spesso pensiamo che il servizio che offriamo al cliente/turista sia quello che soddisfa noi, o forse è il solo che conosciamo); infine restano quelli nebulosi come l’acquisizione e la gestione della clientela, le fonti di finanziamento per gli indispensabili investimenti. Un discorso a parte merita la promozione/pubblicità perché oggi funziona «chi più ne ha, più ne metta» e nelle varie e numerose iniziative si spazia dal serio all’umoristico. Promuovere – e avere risultati – è un mestiere non da specialisti ma da iper specialisti, se si fa sul serio. Abbiamo un esempio pratico attaccato a noi, la Valle dell’Isonzo-Soča, con un incremento spettacolare realizzato in pochi anni. A parte inutili e sterili contatti formali – perché non si dica che non sono stati fatti – nessuno cerca di studiare e capire come la Lto - Lokalna turistična organizacija Sotočje di Tolmin e Kobarid sia riuscita a far aumentare le presenze (pernottamenti) dai 49.924 ospiti del 2001 ai 191.696 del 2015! In queste cifre non sono inclusi i pernottamenti di Bovec, località per certi versi più favorita. La Lto è una struttura pubblica che collabora strettamente con il Tzgp-Turistična zveza Gornjega Posočja, unione di associazioni e privati interessati al turismo, una specie di pro-loco allargata, che rappresenta le esigenze del territorio. In Benečija queste strutture elementari e fondamentali mancano e senza di loro non si va da nessuna parte. I Comuni delle Valli del Natisone-Nediške doline avevano tentato qualche anno fa di fare qualcosa di analogo, avevano costituito un consorzio turistico – Arengo – che pian piano si dava da fare e prometteva anche bene. Visto che funzionava, Cividale ha pensato subito di approfittarne, ha chiesto di farne parte e, già che c’era, di mettere un suo presidente; nessuno si è opposto. Costui in poco tempo ha prodotto un buco di bilancio colossale che ha portato alla chiusura del consorzio. Ma oggi i consorzi turistici non si possono più fare. Allora? Questo sarebbe il compito della Comunità montana, però dicono che chiuderà. Lo farà la nuova Uti, accentrando tutto a Cividale? Forse la soluzione più ragionevole sarebbe che gli operatori locali si muovessero con un loro soggetto – che so qualcosa come l’ “Invito a pranzo” – e guidassero il recupero di questo settore vitale.

Fabio Bonini (Dom, 15. 7. 2016)

fonte : http://www.dom.it/wp-content/uploads/2016/07/Slovit-7-31.7.2016.pdf

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