26 ago 2016

Lo spirito Rainbow che popola la val Judrio


Un’antica profezia dei nativi americani, una filosofia che affonda le proprie radici nel crepuscolo dei movimenti della controcultura degli anni ’60 negli Stati Uniti. Poche semplici regole da rispettare al raduno: niente alcol né droghe, niente foto né apparecchiature elettroniche, niente prodotti chimici, neanche per l’igiene personale. Il nudismo invece, al gathering (raduno) della Rainbow family of living light, che si sta tenendo nella valle dello Judrio, è consentito e – precisiamo – assolutamente non obbligatorio.
Anche se i media, con tanto di paginone sul Corriere della sera e dirette televisive della tv di Stato, hanno preso spunto soprattutto dalle lamentele, pur legittime, di una famiglia di Melina per qualche sconfinamento di troppo di ragazze svestite.
L’accesso al campo invece, almeno fino a prima che scoppiasse la polemica mediatica d’agosto, è assolutamente libero.
Per arrivare al Welcome point, dove inizia la zona del raduno, bisogna percorrere a piedi, per una ventina di minuti, la strada bianca che porta a Ponte Clinaz. A lato della strada (i carabinieri hanno provveduto la scorsa settimana ad accertarsi che ci fosse un passaggio libero per gli autoveicoli, in caso di necessità) si alternano furgoni variamente decorati ad automobili anonime. Le targhe provano già che gli avventori provengono da tutta Europa.
Oltrepassato il filo di bandierine che delimita la zona del campo, infatti, italiano e sloveno non sono le lingue più sentite. Questo, ci spiegano, è il raduno europeo della famiglia Rainbow. Un evento che si tiene ogni anno in un posto diverso del continente e dura, secondo questa sorta di culto, un’intera fase lunare. L’anno scorso era in Ucraina, quest’anno doveva tenersi in Austria, ma un problema di autorizzazioni ha fatto ricadere la scelta sulla valle dello Judrio, nella porzione che ricade in comune di Stregna, dove il fiume segna il confine fra Italia e Slovenia.
Dal Welcome point, uno striscione colorato e una distesa di tende nel prato sottostante la strada, si prosegue verso Ponte Clinaz. Qui dove la valle si fa più stretta (e parecchio umida) e le uniche costruzioni sono quelle delle caserme abbandonate dell’ex valico (location in altri momenti perfetta per un film horror) sono accampati in ordine sparso altri avventori. Difficile stimare quanti siano, forse un migliaio, ma il viavai di persone è continuo.
Gente di tutte le età ma, sfatando lo stereotipo dell’hippie attempato della West coast, soprattutto giovani. E perlopiù vestiti. In alcune radure ci sono la cucina comune e un’area per i bambini. Un tapee segna il punto di ritrovo più vivace di questa comunità. A terra non una cartaccia né un mozzicone.
Il rispetto della natura, al raduno, è assoluto. Il tempo scorre a ritmi lentissimi, scandito dal suono di percussioni (suonate con cognizione di causa, si intende). E poi work-shop di danza, meditazione, giocoleria e lunghi abbracci in segno di saluto e accoglienza. Il tutto però avviene senza alcuna gerarchia e l’organizzazione è assolutamente ‘orizzontale’. Lo spirito è comunitaristico, se qualcuno avverte una necessità chiede, e la Rainbow family si mobilita. Basta un richiamo e parte il passaparola gridato, perché serve un dottore o perché bisogna scaricare un furgone strapieno di cassette di frutta e verdura. Gli acquisti comuni si fanno con quanto si raccoglie nel ‘cappello magico’ dove chi vuole lascia la propria donazione. E, per il periodo della durata del campo almeno, il non-sistema funziona. Una non-organizzazione, la Rainbow family, che tiene però anche alla propria riservatezza. Di solito scelgono posti più isolati di Ponte Clinaz, e le notizie sui luoghi dei vari gathering si ottengono solo con il passaparola o su ristrettissimi gruppi chiusi sui social network. Dal 1972, anno in cui è avvenuto il primo raduno improntato su questi valori, i Rainbow si rifanno alla profezia dei nativi americani che grossomodo recita: “Quando la Terra sarà devastata e gli animali quasi estinti, giungerà una nuova tribù di popoli di ogni colore, cultura e fede e questi, attraverso le loro opere e le loro azioni, renderanno di nuovo verde la Terra. Essi saranno la tribù dei Guerrieri dell’Arcobaleno”. Magari presuntuosi e non proprio puliti quanto all’igiene personale. Magari, anche per loro, questo è solo un modo per trascorrere le ferie per poi tornare ai normali impieghi che hanno. Ma non ci sono sembrati certo una minaccia per la società.http://novimatajur.it/attualita/lo-spirito-rainbow-che-popola-la-val-judrio.html

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