23 ott 2016

VAL TORRE - TERSKA DOLINA

A Nimis e Attimis lo sloveno non sempre si vede

 Lo sloveno a Chialminis-Vizont, Monteprato-Karnice e Porzus-Porčinj In una calda domenica di agosto la vista sulla pianura friulana è molto bella dalle borgate a monte del comune di Tarcento. Quelle che guardano verso le Valli del Torre e dove si parla o si parlava sloveno. In fase di delimitazione territoriale della zona di applicazione della tutela dello sloveno, se ne era parlato anche per il comune di Tarcento, ma alla fine è prevalsa la linea del no. In un bar di Zomeais (in dialetto sloveno «Žumaja») si domanda se in paese qualcuno ancora lo parli. Ma viene spiegato che il dialetto non lo parla più nessuno da diverso tempo – anche per la connotazione negativa che in passato i «cittadini» di Tarcento davano a chi scendeva a sbrigare affari dalle borgate «slave». Però già i toponimi di altre frazioni vicine, come ad esempio Coja slava (Kujija), testimoniano la passata presenza culturale slovena. Nella zona a monte di Tarcento il dialetto sloveno, principale codice di comunicazione paesano presente anche in ambito ecclesiale, all’indomani dell’avvento del Regno d’Italia aveva dovuto cedere il passo all’italiano anche nell’uso semiufficiale in chiesa. Le prediche in dialetto sloveno sono state abolite già nel 1866 a Flaipano di Montenars/Fejplan, Cesariis/Podbardo, Stella/Štela e Pradielis/Ter e solo quattro anni più tardi anche a Lusevera/Bardo e Villanova delle Grotte/Zavarh, relegando la lingua madre all’ambito privato. Una flebile presenza viva dello sloveno c’è ancora nelle borgate montane del comune di Nimis/Nieme. Qui l’unica frazione in cui si applica la legge di tutela della minoranza linguistica slovena è Cergneu di Sopra, che saluta i visitatori con un bel cartello solo in italiano e friulano. In barba alla legge, manca il nome «Černjeja». Ma si parla ancora un po’ di dialetto sloveno anche a Chialminis/Vizont, dove la tutela non vige perché a suo tempo non c’è stato il sostegno della popolazione per farlo. I nomi dei borghi e la microtoponomastica circostante sono di chiara origine slovena (Uas, Selišćis, Tamar, Vigant, Zamlaj, Siničar, Zavieunice ...) e sul campanile campeggia una grande scritta che non lascia grossi dubbi: «O vin un pari in cîl/Smo susje bratri». Ancora qualcuno che parla sloveno deve esserci ed effettivamente lo parlano due uomini anziani emigrati in altre zone del mondo, che ogni tanto rientrano al paese natale in villeggiatura... Ma il dialetto sloveno non era visto di buon occhio già quando i loro genitori erano giovani, raccontano. Oggi a Vizont è davvero difficile sentirlo. Anche a Nimis, Monteprato/Karnice, lo sloveno non è tutelato. Nell’afa del primo pomeriggio il paese è vuoto e una signora non spiega laconica che a Monteprato non si parla sloveno da almeno 80 anni. In comune di Attimis/Ahten, nella borgata montana di Porzus/Porčinj. Il paese, che conta poco più di decina di abitanti stabili, è lindo e ordinato, anche grazie all’opera della Pro loco Amici di Porzûs. I suoi volontari sono indaffarati nei preparativi per la Festa della meda di Ferragosto. Tutti rispondono volentieri alle domande sulla vita nel paese e sulla sua cultura slovena. Fra i volontari c’è anche un giovane agricoltore, che racconta con orgoglio di essere iscritto alla Kmečka zveza. Per senso di appartenenza. A Porzus, del resto, non sfugge neanche al turista che a mostrare i nomi sloveni delle borgate ci hanno pensato da soli.
Luciano Lister (Dom, 31. 8. 2016)
da http://www.dom.it/wp-content/uploads/2016/09/Slovit-8-2016-ok.pdf

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