9 feb 2017

L’OPINIONE

E noi restiamo a bollire nel nostro brodo Ha avuto grande effetto mediatico, anche sulla stampa locale, la notizia che una slovena, chef di un ristorante a pochi passi dalle Valli del Natisone, sia stata proclamata miglior cuoca del mondo dalla World’s 50 Best Chef 2017. Si tratta di Ana Roš, del ristorante «Hiša Franko», situato nella piccola località di Staro Selo, a circa metà strada tra il confine di stato italiano e Kobarid. La conduce assieme al compagno Valter Kramar, un esperto sommelier. Sembra addirittura inverosimile che un ristorantino in un paesino sperduto tra i monti, con il Matajur di fronte ed il Krn / Monte Nero a fianco, possa esprimere primati di qualsiasi genere, men che meno di successo imprenditoriale di alta gamma, di primaria importanza nel settore turistico di nicchia. E, guarda caso, la specialità che l’ha portato agli allori della cucina mondiale sta nella scelta, nella composizione sapientemente graduata di quegli ingredienti. Materie prime per lo più locali,selezionate tra i produttori locali. Colpisce il fatto che anche dove ci si aspetterebbe solo la quotidiana banalità può sorgere il meglio, l’universalmente riconosciuto tale. E penso alle nostre valli, al nostro Matajur, ai favolosi scenari del nostro ambiente. Penso alle possibilità ancora da cogliere e sfruttare, alla piccola e timida genialità della nostra gente, alle tradizioni anche culinarie che rimangono retaggio del nostro passato. Ana Roš è un esempio, al massimo livello; diviene una specie di vessillo che, in qualche modo, potrebbe divenire di richiamo anche per noi che facciamo parte dello stesso ambiente geografico e culturale; stimolo per una rinascita di orgoglio identitario da riscoprire e rivalutare. Perché, purtroppo, senza orgoglio identitario non si riesce a dare valore neppure a se stessi. Qualcosa sta cambiando, per fortuna. Ci vuole volontà di farcela, capacità progettuale nel saper cogliere le occasioni propizie. Ci vuole preparazione. Ana Roš non è nata ieri chef da prima pagina; ha studiato, ha girato il mondo per apprendere e ha saputo dare il «la» ad una realtà imprenditoriale che senza il suo apporto sarebbe rimasta nell’ombra. Ho letto sulla stampa locale: «Uno splendido riconoscimento per la giovane Ana, che è anche un po’ friulano, visti i clienti della nostra regione che affollano il locale a Caporetto. Perché l’attuale Kobarid, pochi chilometri oltre il valico di Stupizza, in italiano è Caporetto e un tempo apparteneva alla provincia di Gorizia. Ecco perché questo riconoscimento è un orgoglio anche un po’ friulano, tanto che Hiša Franko è incluso nelle maggiori guide gastronomiche italiane, in primis “I ristoranti d’Italia” dell’Espresso». Un orgoglio che già rivendicano i friulani, dunque. Noi no. Al massimo magari sentiamo pulsioni di invidia e ragioniamo come se la cosa non ci riguardasse. Noi ci facciamo il nostro brodo e… ci bolliamo dentro.
Riccardo Ruttar (Dom, 31. 1. 2017)

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