20 feb 2017

Se pur assurda e complessa…

La canzone di Fiorella Mannoia al festival di Sanremo potrebbe essere una risposta rispettosa e di speranza alla lettera di pessimismo cosmico, che il trentenne Michele ci ha lasciato in eredità. Di fronte alla sua tragedia non possiamo provare che un sentimento di cristiana pietà, che vuol dire nessuna premura di giudizio, di condanna, ma riflessione su una tragedia che sembra caratterizzare il nostro mondo progredito.
La lettera di Michele tocca in particolare due aspetti prevalenti: la precarietà di chi è senza lavoro e la condizione del mondo senza prospettive, una insicurezza economica da una parte ed una situazione esistenziale dall’altra. I toni decisamente aspri della denuncia chiamano ad una risposta la nostra società, perché risolva la terribile situazione in cui si trovano migliaia di Michele, a cui è preclusa ogni speranza di riuscita. Mi fermo qui, perché sono troppe le parole che diciamo a questo proposito, e purtroppo ci fermiamo alle parole.
Il secondo aspetto, più preoccupante, è la visione pessimistica della realtà in cui viviamo. Che questa dipenda dalla precarietà sopra ricordata è evidente, ma ci sia permesso di dire che non è l’unica soluzione possibile, perché, di fatto, altri ne hanno trovate altre. Dunque, la conclusione tragica non è ineludibile e va detto per amore dei viventi. Qualcuno mi ha suggerito che la chiave di interpretazione della lettera sia nella frase: io non mi accontento del minimo, voglio il massimo. Una frase nobile, perché ti fa volare alto, ma anche pericolosa, se, in alto, le ali del desiderio gelano.
Un altro aspetto da evidenziare come aiuto per tutti è la possibilità di avere rapporti di fiducia con gli altri e anche la disponibilità di lasciarsi aiutare. È la condizione stessa della vita, che vale per tutti.
Sia chiaro ancora una volta, che non vogliamo fare prediche indigeste a chi non c’è più, e che noi affidiamo alla bontà misericordiosa di Dio, ma intendiamo lanciare un messaggio a tutti e soprattutto ai tanti giovani, non solo del 40% di senza lavoro, perché non siano lasciati soli, perché siano raggiunti da vera amicizia, perché le nostre comunità ecclesiali siano case di speranza viva, perché in esse si possano sentire le note e le parole della canzone della Mannoia: se pur assurda e complessa, la vita è bella. È un paradosso, ma è vitale.
Marino Qualizza

1 commento:


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