18 mag 2018

A San Pietro non conoscono la Pentecoste - Bodimo odločni za naše pravice tudi v Cierkvi

La lingua madre, e non la lingua ufficiale delle istituzioni politiche, ha un ruolo insostituibile nell’iniziazione cristiana. «La trasmissione della fede si può fare soltanto in dialetto, nel dialetto della famiglia, nel dialetto di papà e mamma, di nonno e nonna» (Papa Francesco il 7 gennaio di quest’anno). «Gli operatori pastorali delle comunità locali ricorrano all’uso della madre lingua friulana, slovena o tedesca, tutte le volte che ciò favorisce la comunicazione efficace del messaggio cristiano». Rifiutare «per principio o per pregiudizio di valorizzare la storia, la cultura e la lingua locale», significa negare «il riconoscimento di un diritto fondamentale che un popolo ha ricevuto da Dio» (Sinodo Udinese V, par. 57). La Chiesa universale e quella locale si pronunciano, non da oggi, chiaramente e inequivocabilmente sull’uso delle diverse lingue – quella slovena, nel nostro caso –, in fedeltà al principio dell’inculturazione della fede che si fonda nel miracolo della Pentecoste. Epperò nella parrocchia di San Pietro al Natisone fanno orecchi da mercante. Alla celebrazione della prima comunione, domenica 6 maggio, non un preghiera, non un canto, non una parola è stata pronunciata in sloveno. E questo nonostante alcuni dei bambini, che ricevevano per la prima volta l’Eucaristia, fossero allievi della scuola bilingue e che i loro genitori avessero espressamente richiesto l’uso dello sloveno. La chiusura è stata totale, mentre sono stati consentiti il croato, il rumeno e lo spagnolo per i bimbi di famiglie nelle quali si parlano quelle lingue. «Quelli della bilingue sono italiani, quindi devono per forza usare esclusivamente l’italiano», deve essere stato il pernicioso ragionamento. Magari nella consapevolezza di non essere in linea con il magistero della Chiesa e nemmeno con le leggi della Repubblica, se il celebrante, nell’omelia ha esortato all’esigenza di rinunciare a parte di se stessi al fine di raggiungere un costruttivo clima di pace e serenità all’interno della comunità. Nella parrocchia di San Pietro si continua a insinuare, che a impedire fratellanza e solidarietà sia chi vuole esercitare il diritto sacrosanto di stare nella Chiesa con la sua lingua, mentre a generare scandalo e sconcerto è proprio chi quel diritto lo nega, imponendo a tutti la propria lingua. Evidentemente non è chiaro il concetto di cattolicità, inteso come volontà di Dio di raggiungere con la sua salvezza tutti gli uomini, senza distinzione, per cui la missione della Chiesa è appunto quello di testimoniare questo piano divino e annunciarlo in tutto il mondo e, naturalmente,in tutte le lingue. Ma che fosse più cara la suggestione di una sorta di «chiesa nazionalista » lo si era capito già un anno fa quando un gruppo di genitori di alunni frequentanti la scuola primaria bilingue di San Pietro al Natisone aveva chiesto per i propri figli l’insegnamento del catechismo anche in lingua slovena, proponendo a tal fine di creare, nell’ambito della classe di catechismo parrocchiale, un gruppo bilingue italiano-sloveno, aperto a tutti, nella convinzione che questo avrebbe rappresentato un valore aggiunto, anche in termini numerici, per le attività catechistiche delle Valli del Natisone. L’idea fu bocciata e una quindicina di famiglie fu costretta a rivolgersi ad altre parrocchie o addirittura a rinunciare al percorso verso la prima comunione dei propri figli. In quell’occasione il teologo don Giovanni Driussi affermò: «Noi siamo chiamati innanzitutto a cercare il bene di questi bambini perché essi sono una preziosa risorsa della Chiesa e della società: non possiamo perderli», sottolineando pure che «i sacramenti non possono essere negati “a coloro che li chiedono opportunamente e che siano disposti nel debito modo” (CJC can. 843) e “i pastori d’anime hanno il dovere di curare che quanti chiedono i sacramenti siano preparati a riceverli mediante la dovuta evangelizzazione e formazione catechistica”». Considerato che la questione è destinata a riproporsi anche nel prossimo anno catechistico, è auspicabile che i responsabili della parrocchia di San Pietro al Natisone, oltre a dotarsi di buon senso, abbiano la cura di rileggere pronunciamenti e documenti della Chiesa universale e della Chiesa locale.
Dvojezičnost je že poglobila svoje korenine v beneško zemljo an je že obrodila dobra sadova na zapuščenem puoju. Za tuole so zaslužni pametni kimeti, ki so znali lepuo obdielati naše njive an sadovnjake. ‘An liep primer telih dobrih sadu smo imieli v saboto, 5. maja, v Čeplešiščah za karst liepega an veselega otročiča Silvana. Za tolo svečanost smo se zbrali navadni obiskovalci sabotne svete maše po slovensko v Špietru an še zlahta an parjatelji Silvanovih staršu. Za napraviti še buj slovesno rečì, je parskoču tudi pevski zbor Rečan_ AldoKlodič, ki je vse razveselu. Dvojezičnost je paršla naprej zaries na modro vižo. Tata, ki ima korenine v Čeplešiščah, je prebrau parvo berilo v slovenščini, mama, ki je parša h nam iz Slovenije, pa drugo v italijanščini, takuo de sta zamenila brieme an postavila prù na stari meji muost, ki vse združuje. Ob teli paložnosti je bla tudi cierku nenavadno puna, takuo de je vse oživielo v teli pomladi. Pravijo, de drugač je šlo opravilo naslednji dan za parvo obhajilo v Špietru, kjer otroci dvojezične šuole niso imeli pravice, de bi molili manku adno prošnjo po slovensko, kot je bluo dano tistim, ki so se preselili v naše doline iz drugih daržau. Tuole je čudno že samuo od sebe. Če na našim teritoriju imamo dvojezično šuolo z vsiemi pravicami, na zastopemo, kakuo v cierkvi tuole se na more. Že vičkrat smo pravili in pisali, kakuo bi bluo pametno, če bi tudi v cerkvi vajala dvojezičnost, ku znamunje velikodušnosti in medsebojnega spoštovanja. Če pa tuole nie še paršlo v dejanje, mislim, de je nujno, de starši šuolarju zahtevajo spoštovanje svojih temeljnih, narbuj pomembnih pravic. Kàr se bo tuole zgodilo, bomo mogli guoriti o zrielosti naših ljudì, ki so takuo ponosni za rast svojih otruok an grede tudi za razvoj Benečije, de si zaslužijo priznanje pravic, ki nam jih je tudi Republika Italija zagotovila z zakoni lieta 1999 in 2001. Zdi se, de smo že previč cajta potarpležljivo čakali na naše pravice. Cajt je dozoreu, de se končo an močno zbudimo, de se uresniči, kar vsaki človek zdrave pameti zastopi an odobri. V telim smislu je naša krajevna Cierku zaries zaostala. Na skarbi za realne ljudì, pa jo vodijo ideološka načela, ki jih tarpimo že vič ku stuo an petdeset liet. Na smiemo izgubiti zadnje parložnosti, ki jo imamo. Pokazajmo se odločne! (Marino Qualizza)

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