8 nov 2018

‘Scritture’, l’evoluzione degli alfabeti e il tasto dolente del dialetto sloveno

Nel 2014 il Centro studi Nediža assieme alla casa editrice Novi Matajur aveva raccolto in un libro le schede redatte tra il 1994 e il 1996 per questo giornale da Paolo Petricig sotto il titolo ‘Olga Klevdarjova’. Era un racconto dove alle vicende locali della famiglia Venuti di Clenia si intrecciavano quelle storiche che caratterizzarono il Novecento, in particolare la Prima e la Seconda guerra mondiale.
È fresca di stampa, ora, la raccolta di una seconda serie di interventi compilati sempre da Petricig per il Novi Matajur, questa volta tra il 1999 e il 2000.
La pubblicazione voluta dal Nediža e curata da Alvaro Petricig si intitola, come le schede originali, ‘Scritture’. L’intento dell’autore – scrittore, politico, pedagogo, operatore culturale e fondatore della scuola bilingue di S. Pietro che oggi porta il suo nome – era quello, essenzialmente pedagogico, di proporre al lettore del Novi Matajur una storia della scrittura attraverso l’evoluzione dell’espressione scritta e degli alfabeti.
La serie di schede sarebbe stata insomma un compendio di un argomento che interessa e riguarda tutti, poiché tutti utilizziamo – oggi con mezzi forse diversi da una ventina di anni fa, per non parlare di un passato più remoto – la scrittura come strumento di comunicazione. Se non che, dopo averne raccontato i primi esempi della preistoria, i graffiti e l’invenzione dei primi alfabeti per arrivare all’affermazione di quello latino nel mondo occidentale, succede qualcosa. Dalla scheda 21, con un accenno già nella 14, sino quasi alla conclusione del libro (le schede, che qui diventano capitoli, sono 54) Petricig sposta la sua attenzione su una scrittura in particolare: quella dialettale slovena delle Valli del Natisone. Lo fa sollecitato dall’uscita di una pubblicazione di Egidio Scaunich, maestro di S. Leonardo, intitolata ‘Saggio sulla lingua Nadisca’. Non è il primo tentativo, e non sarà l’ultimo, di cercare di togliere alla lingua delle Valli del Natisone e della Benecia in generale, per non parlare di Resia, la sua caratteristica principale, quell’aggettivo ‘slovena’ che politica, ideologia ed ignoranza hanno troppe volte denigrato e cercato di nascondere.
Un ‘negazionismo’ che Petricig boccia da subito (“Io chiamo questa lingua ‘dialetto sloveno’, mentre altri la classificano come ‘lingua slava’ a sé stante e avanzano proposte per un alfabeto specifico”), argomentando sia l’assurdità di taluni di voler affibbiare al dialetto delle Valli del Natisone un proprio alfabeto che non sia quello sloveno, sia l’ostinazione con cui si vuole staccare la storia, l’esperienza, il presente di quel dialetto (e anche il suo futuro) dalla lingua letteraria slovena.
In teoria il periodo della Guerra fredda dovrebbe essere alle spalle, in realtà il tema del dialetto sloveno resta scottante. Petricig ricorda la grande produzione di testi teatrali, prose, poesie e canzoni in dialetto, corroborando la sua analisi da citazioni prese da libri e opuscoli, cita il grande lavoro delle associazioni e dei giornali sloveni della Benecia per la conservazione di una lingua che, priva di atti concreti, sarebbe probabilmente già un ricordo, sottolinea le esperienze dedicate ai bambini, come ‘Moja vas’… L’elenco è lungo e ragionato.
L’autore smonta poi una teoria dei sostenitori della ‘lingua nedisca’ legata ad una dichiarazione che era stata fatta a suo tempo dal linguista e slavista polacco Baudouin de Courtenay e ripercorre la vicenda della redazione, da parte di due studentesse fiorentine, del ‘Vocabolarietto italiano-natisoniano’ voluto dal Comitato Pro Clastra con il ‘sigillo’ del professor Anton Maria Raffo, insigne slavista, che a dispetto dei promotori del vocabolario nella sua prefazione scrisse: “Per restare dunque sul territorio ch’è nostro, cioè quello linguistico, noi sappiamo che quello delle Valli del Natisone è sostanzialmente un dialetto sloveno. Lo è, stando semplicemente ai più usiali criteri classificatori degli slavisti”.
Il Nediža, a corredo del testo di Petricig, ha voluto inserire, a conclusione del libro, una scelta di testi in versi e in prosa (a cura rispettivamente di Michele Obit e Živa Gruden) in dialetto sloveno con la traduzione in italiano.
‘Scritture’ di Paolo Petricig sarà presentato in anteprima domenica 11 novembre, alle 18, in via Ivan Trinko 2 a Cividale (ex sede Banca di Credito di Trieste, oggi proprietà della CiviBank).
Ne discuteranno il giornalista e traduttore Michele Obit e Walter Tomada, insegnante, promotore culturale, attivo nella valorizzazione della lingua friulana.http://novimatajur.it/cultura/scritture-levoluzione-degli-alfabeti-e-il-tasto-dolente-del-dialetto-sloveno.html

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