22 mar 2014

Nazioni,identità e gruppi linguistici

foto personale
Cerkua Sv.Jurija tou Bardu
Questo articolo del Novi Matajur di un paio di anni fa è sempre di attualità.Ci sono dei blog  e dei commenti in rete che sostengono ancora oggi  queste tesi!
Cose incredibili,ma aprite le menti ed aggiornatevi,siete proprio rimasti agli "anni bui della Slavia"!.Ma ben venga la scuola bilingue a Taipana e Bardo/Lusevera,come si fa a dire che non serve a nulla,per non usare un termine volgare.
"Terjani imejte pamet",ha asserito don Renzo in una delle bellissime prediche domenicali.Non ci sono più persone che parlino sloveno,pochissime è vero,io sono una di quelle.Neanche nei cimiteri diceva giorni fa un tale,dal cognome tipico della Terska dolina,io rispondo a costui che evidentemente non sa o non vuole ricordare che i suoi avi lo parlavano.Per un 'apertura mentale lo sloveno serve e servirà.Tutte le lingue servono,almeno quando si va in Slovenia si saprà instaurare un dialogo.Mi dispiace per i genitori della Terska dolina  che perderanno una grande opportunità per loro figli,se la bilingue non si farà. Spero che non si lascino trascinare dai soliti negazionisti dello sloveno.
l'amministratrice di questo blog
Olgica

TRANQUILLI, IL FRIULI ORIENTALE NON SARÀ ANNESSO ALLA SLOVENIA 
C'è una notizia importante che dobbiamo dare. Non c'è nessuna annessione del Friuli orientale alla Slovenia. Non un grande scoop in effetti. Eppure alcune distorte rappresentazioni circolate negli ultimi tempi sostengono che almeno dal gennaio del 2001 le valli del Natisone, del Torre e Resia siano state cedute alla nazione slovena. E siccome c'è sempre il rischio che una menzogna ripetuta cento volte diventi realtà, lo sosteneva Goebbels ministro della propaganda nazista, è meglio chiarire (di nuovo) che le tanto discusse leggi di tutela della minoranza slovena non stabiliscono alcuna appartenenza nazionale.
Ai più scettici consigliamo di verificare il testo delle leggi in questione (482/99, 38/2001 e la regionale 26/2007): il termine nazione non appare mai. Si parla invece di minoranza linguistica, una espressione che evidentemente ha ben altro significato.
Il concetto di nazione, come abbiamo già avuto modo di scrivere, è infatti molto più complesso. E come tutti i concetti complessi è in continua trasformazione e di conseguenza ridefinizione. Anzi, in realtà, oggi come oggi è costantemente messo in crisi da elementi come la globalizzazione dei mercati o l'immigrazione.
È però unanimemente superata, in tutti gli studi più recenti, l'equazione lingua=nazione, una teoria questa, vecchia di circa 250 (duecentocinquanta) anni. Sorpassata non per effetto di una moda filosofica ma in seguito alla semplice osservazione della realtà. I casi come quello della Svizzera (tre lingue ufficiali) o dell'anglo-francofono Canada o del Belgio, per citare gli esempi noti a tutti, smentiscono di fatto questo modello.
Dirsi appartenente ad un gruppo linguistico o riconoscere l'esistenza di una minoranza linguistica su un territorio, pertanto, non equivale affatto a definire una qualsivoglia appartenenza nazionale. Tutti gli studi più attuali sulle relazioni etniche ed internazionali concordano sul fatto che nella definizione di una nazione concorrono elementi oggettivi (fra i quali non deve necessariamente rientrare la componente linguistica, ma invece una qualche complessità nell'organizzazione politica della comunità) e soggettivi, ossia, diciamo per semplicità, la scelta volontaria dell'individuo di riconoscersi in una nazione piuttosto che in un'altra.

Elementi questi che non sono e non possono essere disciplinati da una semplice legge. Tanto più che il quadro normativo della tutela del gruppo sloveno in Italia non impone nessun obbligo a chi, pur cittadino di quei comuni dove viene applicata, non si riconosce in questo gruppo linguistico.
Gli italiani (o italianissimi) delle valli del Natisone, del Torre e Resia possono dunque dormire sonni tranquilli. A meno che la sofferenza che ci pare di cogliere in certe esternazioni non sia dovuta più ad un fastidio viscerale per il riconoscimento del diritto (sancito dalla Costituzione repubblicana) delle minoranze linguistiche ad esprimersi nella lingua che sentono più propria.
A meno che certe posizioni non siano dovute alla vecchia xenofobia nei confronti degli sloveni in quanto tali.
Timori, questi, che si fanno più forti quando per delimitare i contorni di una cultura si fa ricorso a studi di biologia genetica che a ben vedere è la stessa teoria dalla quale si sviluppò il nazismo.
Ecco, forse, nel nostro caso, più che di xenofobia si tratta, in molti casi, di quella che potremmo definire (non ce ne vogliano gli studiosi accademici del settore) auto-xenofobia. La paura, cioè, nella definizione della propria identità, non del diverso ma di essere diverso. Come se essere diversi dalla maggioranza comporti una qualche inferiorità di sorta. Nella convizione che, al contrario, le differenze culturali (e quindi anche linguistiche) portino invece ad un arricchimento di tutta la società, ci sentiamo di poter tranquillizzare queste persone anche su questo punto.
Nessuna inferiorità, in fondo siamo tutti cittadini della Repubblica democratica italiana. Che, come tutte le democrazie, si distingue dai regimi proprio per il riconoscimento delle minoranze. 


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