24 dic 2015

SOTTO LA LENTE- Chi dice falsità su Resia e lo sloveno?


La scienza linguistica parla chiaro, mentre i politici perseguono altri fini

Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità». La lezione di Joseph Goebbels, ministro della Propaganda del Terzo Reich, sta funzionando alla perfezione sulla questiona resiana. Tanto che il presidente della Provincia di Udine, Pietro Fontanini, è arrivato addirittura a capovolgere il concetto affermando: «Dire che a Resia si parla sloveno è una falsità». Lo ha fatto richiamandosi al sindaco Sergio Chinese, a un politico che ha costruito le proprie fortune proprio sulla «slovenofobia», e non alla scienza. Si sa che tutti coloro che discettano di linguistica e slavistica con cognizione di causa attribuiscono le parlate della Val Resia all’area linguistica slovena. «Risulta scientificamente dimostrato che la lingua slovena – leggiamo nel documento dell’Associazione slavisti italiani – si divide in circa quaranta dialetti locali che possono essere contenuti in sette gruppi fondamentali (Carinzia, Carniola superiore, inferiore e interiore, Stiria, Pannonia e Litorale). Gli sloveni della provincia di Udine (Valli del Natisone, Val di Resia e Valle del Torre) parlano tre diversi dialetti sloveni, appartenenti al gruppo dei dialetti sloveni comunemente definiti del Litorale». La peculiarità dei dialetti e il loro particolare sviluppo storico non sono una valida motivazione per distinguere queste parlate dalla lingua slovena. L’espressione «idioma locale di origine slava», inoltre, è scientificamente inadeguata. L’aggettivo «slavo» è, infatti, un concetto generale che riguarda tutte le lingue slave, appunto, che sono state poi localizzate nelle diverse lingue (russo, bielorusso, polacco, ceco, slovacco, croato, sloveno…). Questo afferma la scienza. Quanti perseguono la completa assimilazione degli sloveni della provincia di Udine hanno inventato la «bugia» secondo la quale a Resia e nella Slavia si parlano   lingue slave autonome. L’hanno ripetuta «un milione di volte» e per molti, politici e non, essa è diventata verità. Non a caso anche il commissario regionale che ha approvato lo statuto dell’Unione territoriale intercomunale del Canal del Ferro e della Valcanale ha inserito il resiano tra le lingue parlate nell’area, i sindaci dell’Uti del Torre hanno scritto di popolazioni di origine slava, l’amministrazione del Comune di Pulfero ha inventato la lingua natisoniana… Di questo passo in provincia di Udine, applicando la dottrina di Goebbels, gli sloveni saranno cancellati per via politico-amministrativa e avrà compimento il piano di assimilazione forzata annunciato poco dopo la venuta del Regno d’Italia, era il 1866, quasi 150 anni fa, e grazie al Cielo invano perseguito dal fascismo e dalle organizzazioni segrete del secondo dopoguerra. Ora bisogna chiedersi perché si è arrivati a questa pericolosa situazione in tempi di democrazia e alla presenza di numerosi strumenti legislativi regionali, statali ed europei che tutelano la comunità slovena a Resia e in Slavia. Perché è stato dato campo libero a chi della scienza linguistica se ne fa un baffo? Dov’erano il Comitato paritetico, le organizzazioni slovene di raccolta, le forze politiche «amiche»… quando a Resia per via politica il sindaco Chinese modificava la grafia scientifica del dialetto locale affinché fosse la più lontana possibile da quella slovena? Chi non ha avuto niente da ridire sulla sostituzione dei cartelli toponomastici stradali? Si sarebbe potuto almeno pretendere la tripla denominazione (italiano, chinesiano, resiano/sloveno), visto che la minoranza slovena è ufficialmen- te tutelata. Perché i fondi per gli sloveni vengono erogati all’amministrazione resiana che nega la presenza della minoranza sul proprio territorio? Nessuno ha avuto il coraggio di perseguire le vie legali per far valere le leggi di tutela, ci si è fatti intimorire da chi grida di più e ora l’obbrobrio linguistico è riconosciuto nei fatti e non si vede come potrà essere corretto. E la sindrome Chinese attecchisce anche altrove... Di certo, perseguendo la politica del «quieto vivere» e del «non disturbare il manovratore» tanto caro a certuni ambienti, i diritti della minoranza slovena resteranno sulla carta. Così sarà sempre peggio. E pensare che il potere politico a Roma e a Trieste è favorevole. O almeno dovrebbe esserlo. Ma gli statuti delle Uti scritti da commissari di una Regione guidata dal centrosinistra che non tutelano la minoranza slovena, il voto di amministratori dello stesso colore politico che declassa a popolazione di origine slava gli sloveni delle Valli del Torre e l’inaudito comportamento del gruppo consiliare del Pd in Provincia sulla mozione di Fabrizio Dorbolò suonano come campanelli d’allarme Diceva Agatha Christie che un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova! M. Z. (Dom, 15. 11. 2015)

http://www.dom.it/wp-content/uploads/2015/12/Slovit-novembre-2015.pdf

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