21 nov 2016

Cibi e tradizioni, le minoranze linguistiche si raccontano anche così

Dapit
I piatti tipici della tradizione come elemento di (ri)scoperta delle identità culturali e linguistiche. Un campo di ricerca innovativo, ma che presenta diverse possibilità di applicazione, sia dal punto di vista economico (basti pensare alle capacità attrattive della gastronomia nel settore turistico o alla crescente fetta di mercato che si stanno guadagnando i prodotti tipici), sia dal punto di vista scientifico nella ricerca delle interconnessioni e delle specificità fra le diverse comunità del territorio. Questo quanto emerso, lo scorso 8 novembre, nell’incontro in cui, alla libreria Feltrinelli di Udine, è stata presentata la pubblicazione  ‘Popoli senza frontiere. Cibi e riti delle minoranze linguistiche storiche d’Italia’.
Dopo i saluti del presidente dell’ARLeF Lorenzo Fabbro e del sindaco di Mereto di Tomba Massimo Moretuzzo sono intervenuti il curatore della pubblicazione Piercarlo Grimaldi, Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo; Filippo Bier, Responsabile presìdi Slow Food FVG; Gian Paolo Gri, già professore di antropologia culturale dell’Università del Friuli e Angelo Boscarino, coordinatore del progetto minoranze linguistiche storiche d’Italia del MIBACT.
Oltre, ovviamente, agli autori delle ricerche dedicate alle comunità linguistiche della regione: William Cisilino e Adriano Del Fabro sulla minoranza linguistica friulana e Roberto Dapit, autore del capitolo sulla minoranza linguistica slovena.
Dapit, in particolare, ha scelto i Kolači (Colaz in friulano) “che – le sue parole – sono il simbolo dei legami tradizionali fra mondo latino e slovenofono”, così come i calciuni di Resia diffusi in diverse varianti anche nelle zone friulanofone.
Ma anche un prodotto che si identifica con un preciso territorio: la gubana delle valli del Natisone. Nelle società tradizionali, ha spiegato il professor Dapit, il cibo si lega in modo indissolubile con la ritualità, cibi particolari per ricorrenze precise. E – a ridosso delle celebrazioni sui defunti – richiamano anche un legame con la morte e dunque con la quotidiana lotta per la sopravvivenza in un sistema dove le risorse alimentari sono il bene più prezioso. Singolare a questo proposito la tradizione del ‘pane dei morti’ (hliebci, usanza ancora diffusa in alcune zone delle valli del Natisone).
Emblematico anche il caso della ‘parabola’ resiana che narra di come ad una donna che aveva appena perso il figlio sia apparsa in sogno la madre che le diceva: “Se mi avessi offerto almeno le croste nere della polenta sarei riuscita a salvarlo”.
http://novimatajur.it/cultura/cibi-e-tradizioni-le-minoranze-linguistiche-si-raccontano-anche-cosi.html

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