24 giu 2016

Kizoa Movie e Video Maker: Vecchie case della Benecia - Stare beneške hiše

Contea di Tribil Superiore: Cena sul Prato 2016. Un Successone!

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Contea di Tribil Superiore: Cena sul Prato 2016. Un Successone!: Un altro anno tra i gusti e le emozioni che questo evento porta a Stregna.  I migliori ristoratori delle Valli del Natisone assieme agli as...

CONOSCERE LA SLOVENIA : a due passi da Bled, le gole di Vintgar








Tutti conosciamo Bled, probabilmente la cartolina più celebre della Slovenia, un simbolo inconfondibile di questo paese, forse anche più del Triglav, conosciutissima tra i turisti, specialmente quelli stranieri, italiani in primis. Molto meno nota però è un’altra meraviglia naturale che sorge a pochi chilometri dal celebre lago, nei pressi del villaggio di Gorje: una stretta gola formata nei millenni dall’erosione del piccolo fiume Radovna tra le montagne Hom e Boršt; stiamo naturalmente parlando delle bellissime gole di Vintgar.
In sloveno si chiama Soteska Vintgar e l’origine di questo nome è quanto meno incerta. Sembra, in ogni caso, che abbia a che fare col vino: o per la sua forma, a calice di vino, oppure per la presenza di vigneti nel vicino paese di Podhom, ai piedi del monte Hom. Poco importa, oggi il nome Vintgar è diventato sinonimo di forra, tanto da prestare il suo nome anche ad altre simili formazioni in giro per la Slovenia. La gola formata dalla Radovna è oggi un monumento naturale protetto dalla Repubblica di Slovenia ed è perfettamente attrezzata in modo da potere essere facilmente esplorata dai turisti, senza necessariamente essere particolarmente atletici o avventurosi.
soteska (forra)
La scoperta di questa forra risale al lontano 1891 e la dobbiamo a due personaggi: l’allora sindaco di Gorje, Jakob Zumer, e il fotografo di origine tirolese Benedikt Lergetporer, un vero antesignano della fotografia, che nel 1883 si era trasferito con la moglie a Veldes (oggi Bled), aprendo il primo studio fotografico della Carniola. Lergetporer era anche un appassionato cartografo e proprio in questa veste viene generalmente ricordato per la scoperta della Soteska Vintgar. Curiosità: all’inizio del ‘900 il fotografo si trasferì sull’isola croata di Lošinj (Lussino), all’epoca ancora parte dell’Impero austro-ungarico, dove amava passare l’inverno, decisamente troppo rigido dalle parti di Bled!
Zumer e Lergetporer scoprirono la gola di Vintgar quasi per caso, mentre navigavano lungo la Radovna in direzione nord, verso Blejska Dobrava, superando, miracolosamente, un profondo burrone, dietro al quale gli si spalancò davanti la meravigliosa forra che ancora oggi possiamo ammirare. Subito affascinati dalla loro scoperta, riuscirono nella mirabile (per l’epoca) impresa di aprire questo luogo al turismo (già Bled era un luogo piuttosto noto e “modaiolo” per i ricchi turisti di quei tempi), creando un primo percorso lungo la gola.
Grazie anche al lavoro di Zumer e Lergetporer sicuramente oggi è molto più semplice attraversare la gola di Vintgar rispetto a 100 e più anni fa. Una passerella di legno, ponti e piccole gallerie permettono infatti di percorrere tutta la lunghezza della forra, ben 1,6 Km, in massima sicurezza, potendo godere degli splendidi panorami. L’unico problema può essere solo… il traffico di turisti durante i weekend estivi! Per godere al meglio e in pace questo splendido scenario è sicuramente consigliabile andare al mattino presto (la biglietteria apre alle 8) o la sera e possibilmente fuori stagione.
Le pareti quasi verticali che costeggiano le acque color smeraldo del torrente Radovna sono alte dai 50 ai 100 metri e offrono un gradevole riparo dalla calura estiva, aiutate anche dalla freschezza dell’acqua gelida che scorre tra loro. E se d’estate il verde è il colore dominante che ci ripara dal caldo, d’inverno lo scenario si trasforma, in mezzo al gelo di questa stretta gola, dove il bianco della neve e le trasparenze di ghiaccio la fanno fa padroni, rendendo il panorama forse ancora più fiabesco, per quanto decisamente più estremo.
Simbolo naturale di Soteska Vintgar è la cascata Šum, proprio in fondo alla stretta gola. Si tratta di una delle cascate più grandi della Slovenia, sotto la quale, in estate, è anche possibile fare il bagno (per gli amanti dell’acqua fredda!). La stretta valle, con il freddo torrente che la attraversa, hanno creato un particolare microclima che permette la crescita di particolari specie vegetali che non si trovano solo poche centinaia di metri al di fuori della gola. Queste piante sono state già catalogate più di un secolo fa dai botanici Janez Šafer e Ivan Godec.
cascata Šum dall'alto
Non solo la natura è protagonista nella gola di Vintgar. Anche l’uomo e il suo ingegno hanno lasciato il segno da queste parti. Sotto la cascata Šum troviamo infatti una piccola centrale idroelettrica che fornisce di energia la zona circostante, ma sicuramente il “monumento” più importante e vistoso costruito sopra la gola è il ponte ferroviario della ferrovia Transalpina (Bohinjska proga): un arco singolo di pietra che supera con slancio l’impervia vallata della Radovna.
ponte ferroviario
Se si procede oltre la cascata Šum, inerpicandosi in direzione sud-est in salita sul monte Hom, si può arrivare alla pittoresca chiesa dedicata a Sv. Katarina sopra al villaggio di Zasip. Da qui si può godere di uno splendido panorama sulla catena delle Caravanche, delle Alpi Giulie, incluso il Triglav, e la vallata di Bled, prima di tornare sui propri passi per raggiungere nuovamente il punto di partenza, o proseguire fino al paese di Blejska Dobrava, dove è presente una stazione ferroviaria.
Soteska Vintgar è aperta ogni giorno, dalle 8 alle 19, tutto l’anno. E’ necessario pagare un biglietto (4€ il prezzo intero, solo contanti) ed è presente un parcheggio gratuito, ma non molto grande, all’ingresso della gola, provenendo da Bled. In estate si consiglia caldamente di arrivare presto o la sera. Difficile trovare parcheggio durante gli orari di punta. La zona è raggiungibile anche in treno, con la ferrovia Transalpina da Nova Gorica. Le stazioni ferroviarie più vicine sono quella di Podhom (1.6Km al parcheggio dell’ingresso principale) oppure quella di Vintgar (1.3Km alla cascata Šum, facendo il percorso inverso).
centrale idroelettrica


fonte : http://www.slovely.eu/2016/06/23/due-passi-bled-le-gole-vintgar/#more-19

Il bilancio dell’indipendenza non può essere univoco

Zdravko Likar, prefetto di Tolmin, 25 anni fa ha combattuto con il grado di maggiore nella guerra per la Slovenia. A lui si deve, tra l’altro, la liberazione del valico di Robič/Stupizza dall’armata jugoslava. «Poco dopo la proclamazione, l’indipendenza della Slovenia è stata riconosciuta e il Paese è entrato nella comunità internazionale. È entrato nella Nato e nell’Unione Europea, ha adottato l’euro. Questi sono grandi successi, che hanno portato grandi vantaggi nel campo dell’economia, dell’imprenditorialità, della sicurezza e della collocazione sulla scena mondiale », sottolinea. Non altrettanto positivo è il quadro interno. Anche per ciò che riguarda il rapporto con le minoranze slovene negli Stati contermini. «Posso affermare che nella coscienza dei poteri statali è troppo poca la sollecitudine per gli sloveni d’oltreconfine», scrive Likar.
in sloveno...http://www.dom.it/ocena-o-samostojnosti-ne-more-biti-enoznacna_il-bilancio-dellindipendenza-non-puo-essere-univoco/

23 giu 2016

La fontana di Musi

foto di Guido Marchiol
      Sono terminati i lavori della fontana di Musi ricostruita a 40 anni dal sisma del 1976.

CONOSCERE LA SLOVENIA : la notte di San Giovanni





Oggi notte magica - la notte di San Giovanni!
 In molti paesi sloveni stanotte verrà acceso il "kres", un grande falò. Questa tradizione è viva anche presso gli sloveni in Italia, ad esempio a Tribil Superiore - Gorenji Tarbij. Scoprite queste e altre usanze "magiche" nel nostro articolo!
Celebrato da millenni presso le popolazioni di mezza Europa, il solstizio d’estate, che il cristianesimo ha associato alla festa di San Giovanni Battista, è un autentico scrigno di tradizioni popolari, alcune delle quali ancora vive in Slovenia. Qui come altrove, la festa del Santo cristiano si è sovrapposta a riti pagani antichissimi, al cui centro vi era Kresnik (“Svetovit” per gli antichi slavi), divinità del sole. Anche grazie all’assonanza dei nomi, presso gli sloveni il cristianesimo ebbe gioco facile a sostituire questa figura con quella del Battista, che in sloveno si chiama appunto “Krstnik” (da “krst” = battesimo). L’antica figura mitologica di Kresnik è stata quindi soppiantata da quella di Janez Krstnik, ma ciò non è bastato a cancellare tutta una serie di riti e usanze di origine pagana, con innumerevoli varianti nelle singole regioni slovene.

Il sole e il fuoco

Šibe
Durante il solstizio d’estate il sole raggiunge il suo apice, ma ciò significa anche che a partire da questo punto la sua forza andrà diminuendo giorno per giorno. Desiderio dell’uomo era quello di prolungare il più possibile il potere del sole, “aiutandolo” e dandogli forza con l’accensione di grandi fuochi. Ancora oggi uno dei momenti centrali dei riti di San Giovanni è proprio il falò, in sloveno “kres” (legato al nome della divinità Kresnik).
Secondo l’usanza, intorno al kres si balla e si canta (anticamente si trattava di canzoni rituali di origine pagana innegianti al sole), ma anche si salta oltre il fuoco per sfruttarne i suoi poteri di purificazione. Oltre al kres si usava accendere anche “ruote infuocate”, che si facevano rotolare giù dalle colline, o le “šibe”, tavolette di legno infuocate lanciate in aria, conosciute anche dalla tradizione friulana sotto il nome di “cidulis” (che però vengono lanciate per il solstizio d’inverno). Il lancio della “šiba” viene accompagnato da invocazioni ai santi, dediche alla ragazza amata o critiche ai compaesani.Il kres viene acceso la notte tra il 23 e il 24 giugno di solito sulle alture, affinché possa essere il più vicino possibile al cielo. In molti paesi la raccolta stessa del materiale da ardere rappresenta una sorta di rituale: i giovani vanno di casa in casa a raccogliere legno di scarto e ramaglie e tutte le famiglie devono contribuire in base alla propria disponibilità. I paesi fanno a gara a chi ha il kres più grande e più bello, in alcuni luoghi si gareggiava addirittura tra le varie frazioni del paese (così ad esempio a Doberdò del Lago – Doberdob (GO)). Nella Slovenia settentrionale al centro del kres si pone un palo decorato chiamato “kresni mlaj”, simile a quello innalzato per il primo maggio. La tradizione del kres è conosciuta anche nei paesi in Italia dove vive la minoranza slovena ed è ancora molto viva in Benečija (Slavia Veneta), dove il più famoso è il “Kries svetega Ivana” a Gorenji Tarbij – Tribil Superiore.

L’acqua e le piante

ghirlanda di San Giovanni

Durante il solstizio anche le piante assumono poteri magici: quelle più “tipiche” dei riti di San Giovanni sono l’iperico (chiamato “šentjanževka”, erba di S. Giovanni), la barba di capra (Aruncus Dioicus), la margherita (che in sloveno si chiama “ivanjščica”, fiore di S. Giovanni), il sambuco e soprattutto la felce (“praprot”). Si dice che chi ha in tasca dei semi di felce la notte di S. Giovanni riesce a capire il linguaggio degli animali (il che avrebbe anche un significato divinatorio, in quanto, secondo la tradizione, in questa notte gli animali parlano di come sarà il futuro). In alcuni paesi si ricoprono di felce i pavimenti della casa e della stalla, perché San Giovanni vi si sdraierà per dormire, portando così benedizione a tutta la casa. La tradizione più diffusa è quella di intessere piccole ghirlande, croci o mazzetti fatte di “fiori di san Giovanni” e appenderle sulla porta di casa o sulle finestre, per tenere lontani gli spiriti maligni che si aggirano in questa notte. San Giovanni stesso passerebbe poi a benedire queste ghirlande, le cui erbe vengono bruciate per scongiurare i temporali.Oltre al fuoco, anche l’acqua rappresenta un elemento centrale dei riti del solstizio d’estate. Secondo la tradizione, in questa notte tutte le fonti d’acqua diventano “benedette” e l’immersione in esse porta salute e benessere. Anche la rugiada ha un potere magico: in Benečija, così come in alcuni paesi in Slovenia, le donne la notte di S. Giovanni stendono un panno sull’erba per raccogliere la rugiada. La mattina dopo strizzano il panno e conservano il prezioso liquido in boccettine da usarsi all’occorrenza come medicinale.

Prevedere il futuro e trovare tesori

Il solstizio d’estate era anche un’occasione per prevedere il futuro. Ci sono stati tramandati innumerevoli riti di divinazione utilizzati in varie regioni della Slovenia. I più diffusi sono quelli praticati dalle ragazze per sapere quando e con chi si sposeranno. Secondo una tradizione della valle del Vipava (Vipacco) a mezzanotte della notte di San Giovanni, mettendo un secchio d’acqua sotto la finestra, la ragazza vi avrebbe scorso il volto del futuro marito. Un’altra usanza, legata anche al culto della fertilità, è quella di piantare in un vasetto dei semi di grano. In base a come germogliava, si poteva predire se in casa ci sarebbero stati eventi lieti o tragici.
Questa notte magica era anche propizia per trovare tesori nascosti. Estirpando a mezzanotte una piantina di felce, vi si poteva trovare, infilato sulla radice, un anello d’oro. Secondo un’antica tradizione popolare, camminando a mezzanotte con in tasca una costola di rana, tre granelli di sale e il pelo di nove gatti, sarebbe apparsa una piccola luce verde che avrebbe guidato il fortunato verso un enorme tesoro.

Le Kresnice, sacerdotesse e benedicenti

danza delle kresnice

Le kresnice, come gli altri riti del solstizio d’estate diffusi in Slovenia, rispecchiano una cultura contadina fortemente legata ai cicli della natura, in cui la sopravvivenza dipendeva dal raccolto, che bisognava proteggere ad ogni costo. La mescolanza di elementi cristiani e pagani non fa che aumentare il fascino di queste usanze, in cui possiamo trovare, occultate dalla patina del tempo, tracce di un passato antichissimo che ancora oggi rivive ogni anno, per un’unica, magica notte.Una figura particolarissima dei riti di San Giovanni in Slovenia è quella delle “kresnice” o “ladarice” (dal nome della dea slava Lada, protettrice dell’amore e della salute). Secondo quest’usanza, viva soprattutto nella regione della Bela Krajina, piccoli gruppi di ragazze vestite di bianco e con il volto coperto da un fazzoletto la notte vanno cantando per i campi, accompagnate da un ragazzo che suona il flauto, e quando arrivano in paese fanno visita a tutte le case, senza smettere mai di intonare canti di benedizione per gli uomini e il raccolto. In cambio ricevono in dono cibo o denaro, che utilizzano alla fine della festa di San Giovanni in un banchetto conviviale. Originariamente questo rito non si svolgeva solo la notte di San Giovanni, ma anche in quelle precedenti: secondo la tradizione, infatti, i campi e il raccolto andavano protetti dalle forze del male che nel periodo intorno al solstizio d’estate erano particolarmente insidiose.


Umberto Saba : poesia

L’assassino


UMBERTO SABA

MIO PADRE È STATO PER ME “L’ASSASSINO”

Mio padre è stato per me “l’assassino”,
fino ai vent’anni che l’ho conosciuto.
Allora ho visto ch’egli era un bambino,
e che il dono ch’io ho da lui l’ho avuto.

Aveva in volto il mio sguardo azzurrino,
un sorriso, in miseria, dolce e astuto.
Andò sempre pel mondo pellegrino;
più d’una donna l’ha amato e pasciuto.

Egli era gaio e leggero; mia madre tutti
sentiva della vita i pesi.
Di mano ei gli sfuggì come un pallone.

“Non somigliare - ammoniva - a tuo padre”.
Ed io più tardi in me stesso lo intesi:
eran due razze in antica tenzone.
 


(da Il canzoniere, sezione Autobiografia, Einaudi, Torino 1978)
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È questa la poesia inserita nella traccia per il saggio breve agli esami di maturità 2016, relativa al tema “Il rapporto padre-figlio nelle arti e nella letteratura del Novecento”. La accompagnano anche l’opera di Giorgio De Chirico qui sotto riprodotta, un brano dallaLettera al padre di Franz Kafka e un breve stralcio dal romanzo Con gli occhi chiusi di Federigo Tozzi.
Il padre di Umberto Saba (1883-1957) era un agente di commercio discendente da nobile famiglia veneziana, convertitosi all’ebraismo dopo avere sposato Felicita, la madre del poeta. Ma abbandonò la moglie subito dopo il matrimonio, ancora prima che Umberto nascesse -  e questo spiega perché venisse chiamato “l’assassino” – per inseguire un altro genere di vita, più allegro e scevro di legami. La mancanza del padre fu un grande trauma per il piccolo Umberto, che però, incontrando il genitore quando era già un uomo di vent’anni, si riconobbe in lui, non solo nelle fattezze del volto, ma anche e soprattutto per quella ricerca della libertà, che lo aveva spinto ad imbarcarsi come mozzo su un mercantile dopo aver terminato il ginnasio, per l’insofferenza all’autorità e per certi segni distintivi del carattere, non ultima quella sensibilità che ne aveva fatto un poeta.
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De Chirico
GIORGIO DE CHIRICO, “IL FIGLIOL PRODIGO”, 1922
MILANO, MUSEO DEL ‘900
http://cantosirene.blogspot.it/2016/06/lassassino.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed:+IlCantoDelleSirene+(Il+canto+delle+sirene)
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