25 apr 2014

RESIA-REZIJA:la favola e il racconto

La favola e il racconto
Ben 3000 sono le favole resiane catalogate.Tutti gli aspetti della vita sono presenti in queste favole;da esse si desume la toponomastica del territorio,la caratteristica dei luoghi,i colori,gli odori ,la luce...
Da esse desumiamo gli strumenti di lavoro,le coltivazioni,i prodotti,i sistemi di conservazione,i movimenti migratori,i cibi,la loro confezione,gli aspetti della vita e della morte....gli amori e gli odi,le lotte per sopravvivere,la ricchezza e la povertà,le professioni,le astuzie,i rapporti con l'al di là che è sempre posto non in cielo ma qui e nell'ora,i contrasti fra proprietari,fra pesi,le paure,le speranze,l'ironia rassegnata,il diritto...
Tutte queste favole testimoniano la profonda unità uomo-natura,uomo ambiente che ha poco a che fare con la cultura occidentale segnata dal dualismo materia-spirito,razionalità-affettività...
Bisogna risentirle queste favole per comprendere che ci troviamo di fronte ad un fatto culturale originalissimo.

fonte:dal libro Resia/ Rezija -il linguaggio della terra e del pane/jezik zemlje in kruha
a cura di Renato Quaglia edito da ZTT 1981
per iniziativa della Cooperativa agricola"TA ROŽINA DOLYNA"
Stolvizza di Resia-Udine








Favola resiana

ANTONIO LONGHINO

 Un giorno Gesù e San Pietro stavano camminando lungo un sentiero e notarono una donna che seminava delle rape nel suo campo.
 Passandole vicino, Gesù le chiese per chi seminasse e la donna rispose che seminava per lei, per suo marito e per nessun’altro.
 Le rifece la domanda per altre due volte ma la risposta era sempre la stessa. Vedi, disse Gesù a S. Pietro — semina solo per lei e per suo marito — vedremo ancora questa.
 Più avanti incontrarono un’altra donna che seminava rape e fece anche a lei la stessa domanda. La donna, girandosi verso di loro, rispose: — io semino prima per i ladri, poi per i poveri e poi anche per me, se Gesù lo vorrà.
 Quando fu la stagione del raccolto, nel campo della prima donna incontrata, non crebbe nessuna rapa mentre in quello della seconda, prima si sfamarono i ladri, poi i poveri e, infine, ne rimasero molte anche per i suoi familiari.
Toni Longhino Livìn
 Din den Jëśuš anu S. Piëri ni so hodili po ni poti anu ni so vidale dno žanò k na usiawala rëpe tu-w njivi. Ko ni so prislï bliśu, Jëśuš an jo baral śa kogà na je usiala. Ta baba na mu raklà da na usiawa śa nju, śa njagà muza anu śa ninaga drugaga. An jo spet baral śauokir to mu parialu da an ni ciul lopu. Ta baba na mu raklà spet itaku. Vidiš, rekal Jëśuš Sampierinu, na sejë makoi śa njù anu śa sfega muža; ćjemo videt pa isö. Ni so naredli šćjë din kos poti ni so nalëslï no drugo žanò anu ni so spet jo barali to k ni so bili barali to drugo babo. Ta žanà, na se śvila tau nji nu na raklà: ja sejien pret śa ti k kradaio, anu dopo śa te böghe judi anu dopo śa mlè ćjë Jëśuš an bo tel. Ko to bilu śa pobràt, tau njvi uot te prve žanè k ni so bili srëtli, ni bilu urastlu nine rëpe tau ti njivi. Tapar ti drughi babi so se najëdli ti k so kradli, ti boghi ani neiśat je uostalu karie rëpow pa śa use sfe judi.
 Mi jo pravil te nun Štifan Di Lenardo Meu tu-w Osojane te din pet favraria 1989
All’Ombra del Canin/Ta pod Ćanynowo sinco
71/3, 1998
p. 10

fonte:http://147.162.119.1:8081/resianica/x-sgo/lontfare.do
http://purl.org/resianica/longhino/1998b

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