4 lug 2014

" Viaggio oltre il Torre :dove il confronto è donna"

Barščica Luisa Cher
foto di archivio
VIAGGIO OLTRE IL TORRE
DOVE IL CONFRONTO
E' DONNA
27 giugno 2014 - ore 17.00
A VILLA MORETTI A TARCENTO

Barščica Luisa Cher uorila na zaključku predstavitve te inicijative ki so jo organizirali v Centi je tuole poviedala.
Per parlare dell'emigrazione  e delle donne dell'Alta Val Torre fo scelto di farlo attraverso gli occhi di una donna,un'insegnante nata in provincia di Milano nel 1892 .Alessandra Ferrari Molaro giunse a Cesariis nel 1916 per insegnare alle elementari.Qui rimase per molto tempo, si innamorò del luoghi e di un locale che sposò.Insegnò per decenni nelle scuole elementari della zona imparando il dialetto sloveno del Torre ed acquisendo una conoscenza approfondita di questo mondo esclusivo attraverso un continuo,attento colloquio con la gante che le volle molto bene.
" Nel 1916 lo Stato provvide a mandare in Friuli,provenienti da ogni parte d'Italia maestre abilitate" racconta la Ferrari e continua dicendo :"In quell'anno,posso testimoniare,che a Cesariis nessuno parlava italiano....era difficile insegnare in tutte le classi anche perchè la maestra non aveva a portata di mano la lingua parlata,la scolaresca era numerosa e in famiglia e nei loro giochi i bambini usavano sempre il dialetto sloveno :io lo imparai da loro".
Così poi descrisse la gente del posto : "Sono duri,orgogliosi,sinceri,tenaci nell'amore ma anche nell'odio,lavoratori indefessi,legati alla terra natia;emigrano per forza;uniti nella famiglia e nel paese,pazienti e religiosi,poco amanti allo studio delle novità",
Emigranti per forza dunque e l'insegnante Ferrari racconta quali mete sceglievano gli uomini:
"Quando le neve si scioglieva e l'aria dava i primi segni di primavera gli uomini emigravano.Partivano per la via dei monti a piedi seguendo i sentieri a volte impraticabili ed andavano senza meta.Nel cammino tenevano perlopiù l'Est -Nord :Pian di Mea.Si spinsero a lavorare fino in Romania,in Bosnia,Ungheria, Austria,Germania,Turchia,nel Caucaso,in Russia e perfino in Siberia a fare il boscaiolo e lavorare nella neve in ogni stagione."
Ci viene spontaneo pensare:se gli uomini partivano,come si arrangiavano le donne rimaste a casa?
La Ferrari racconta :"Le donne si alzavano presto al mattino e si coricavano tardissimo la sera ,passando le serate a fare le calze,a filare,a cucire suole o pappucce al lume della luč ,un bastoncino lungo circa 10-12 cm ricavato dalle radici del larice essiccate e "stagionate".E a proposito di illuminazione racconta unna drammatica curiosità :"Nel 1906 fu costruito l'impianto di Vedronza posto in servizio nel 1907.Questa centrale forniva luce e corrente a Tarcento e paesi limitrofi alla linea tranviaria Tarcento-Tricesimo-Udine.Nel comune di Lusevera la fornitura di energia elettrica nelle diverse frazioni avvenne  :Vedronza 1919,Pradielis e Lusevera 1920,Cesariis e Micottis 1927,Villanova 1946,Musi 1958,Pers 1959,Uccea 1961 ".
Le donne,dunque,ricoprirono un ruolo centrale nella vita della quotidiana in assenza degli uomini ;non si occupavano solo dell'organizzazione domestica,ma anche del lavoro in stalla e nei campi.E in più accudivano i figli.I bambini crescevano senza conoscere i padri.Qualcuno mi raccontò questa storia:mentre una madre di Lusevera era come al solito affaccendata,i bambini giocavano davanti a casa.Comparve un uomo,a loro estraneo,e fermarono i loro giochi per chiedergli:"Ki ti se?(Chi sei?)".L'uomo rispose " Sem vas čača ! (sono il vostro padre)" Ma i bambini si guardarono attoniti e esclamarono: "Nie momò čačio mi! (non abbiamo padre noi!)".
Più tardi negli anni '50 e '60 ,anche le giovani donne cominciarono ad emigrare.Le famose "dekle".Il male ,dice la Ferrari,è che finora le giovani che sono partite,tutte o quasi,si sono fermate a formarsi una famiglia dove lavorano.E allora?Che ne sarà di questi paesi?".E' la domanda che ci poniamo ancor oggi.E' sotto gli occhi di tutti:per le nostre zone è stato fatto veramente poco.La nostra terra è stata trascurata ,per non dire lasciata totalmente sola.Non è mai stata datala giusta importanza ,quale valore aggiunto,alla lingua,alla cultura e alle tradizioni della comunità che la abita.Ieri,come oggi,continua ad essere oggetto di negazione e denigrazione.
A che scopo,dunque,rimanere? Evidentemente il desiderio è di resistere sulla terra dove si è nati,di rimettersi in gioco ogni giorno e di riprendere in mano quello che negli anni si è cercato di far scomparire in ogni modo:la dignità di un territorio e di una comunità.

fonte:dal Novi Matajur pag.8 del 2 luglio 2014

Brava Luisa Cher, hai fatto una relazione molto interessante!






1 commento:


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