24 set 2014

IL CONTE PECORAIO di Ippolito Nievo

Per la varietà dei suoi paesaggi Ippolito Nievo definì  il Friuli " piccolo compendio dell'universo"
Ippolito Nievo nacque a Padova il 30 novembre 1831.
Trascorse l'infanzia ad Udine, dove la sua famiglia si trasferì nel 1837, e, nei periodi di vacanza, nel vicino Castello di Colloredo di Montalbano, un luogo che rimarrà a lungo nell'immaginario del Nievo scrittore.

fonte foto
https://fr.wikipedia.org/wiki/Nimis#mediaviewer/File:NimisTorlano.jpg

Il conte pecoraio è un breve romanzo ambientato in Friuli,precisamente a Torlano ,ai piedi della Val Cornappo.
Il fiume Cornappo a Torlano
conte pecoraio (Il)
Dall'incipit del libro:
Un bel paesino guarda nel mezzano Friuli lo sbocco d’una di quelle forre, che dividono il parlare italico dallo slavo; ma quanto le montagne gli si radunano da tergo aspre e aggrottate, altrettanto esso ride tutto aperto e pampinoso incontro al sole che lo vagheggia dall’alba al tramonto anche nelle giornate piú avare del verno. Pronunciare cosí di botto le tre dolci sillabe del suo nome, sarebbe come innamorarvene addirittura, e togliere a me scrittore il merito di un tal trionfo; onde, lettori garbati, accontentatevi di sapere per ora, come lo divida per mezzo il torrente Cornapo, nato poche miglia piú sopra tra le prime vedette del grande accampamento slavo.
A destra si digrada per poggi e valloncelli un giardino intrecciato di castagneti e di vigne; e sembra che il Pittore eterno, compiaciutosi troppo di quella parte del quadro, ne abbia poi sbozzato affrettatamente le altre, dove le nude rocce si drizzano, si storcono, e precipitano nel torrente in atteggiamenti orribili e mostruosi. Ciò nullameno sulla riva sinistra torreggia anche adesso un vasto caseggiato, che raccoglie gli aspetti di palazzo e di fattoria; e dietro di esso fino ad alcune rovinose merlature feudali s’inerpica un bosco di castagni confitto e saldato su quei greppi dalla solerte mano di molte generazioni. Quel caseggiato poi, per quanto, conosciuto dappresso, abbia viso piú d’un villan rifatto che d’un rigido guerriero o d’un parruccone patrizio, ha redatto dalle soprastanti rovine il titolo di castello, per quel sottile buon senso delle lingue volgari, che mirando al fondo delle cose o, come esso dice, alla morale della favola, imbercia sempre nel vero.

Varmo (Il)
Dall'incipit del libro:
Ogni disposizione di natura, per quanto semplice o sgraziata, spira tuttavolta per chi la contempli con ben temprato animo una sua singolar poesia dalla quale ci si rivelano bellezze tanto più delicate e pellegrine quanto meno aperte e comprese. Un tale che, partitosi dalle folte campagne del Trivigiano col mal del quattrino nel fegato, di qua del ponte della Delizia devii verso Camino per quella magra pianura che costeggia il Tagliamento, subito col desiderio ritorna alle negre arature di Oderzo e ai colli pampinosi di Conegliano, abbandonando alla rabbia della bora e delle montane quei deserti di ghiaia. Ma il pittore che va cavalcando le proprie gambe col fardello in ispalla e l'arte nel cuore, anche reduce da Napoli o dalla Svizzera, sarebbe indotto da quei primi aspetti a tirare innanzi; ed ecco che di lí a poco il piede gli sosterebbe quasi involontario; benché per quella volta indarno, trovandosi impotente ogni tavolozza meglio ingegnosa a ritrarre quella semplicità primitiva che non ha parentela con qualunque artificiale trovato. Son quelli infatti i paesi ove la natura si dimostra piú spoglia e maestosa, piú muta e sublime, piú chiusa ed infinita; somigliante nella mia opinione alla greca Diana, che per mutarsi dall'Olimpo nei recessi d'una fonte, non s'appalesa meno altera e divina. Nessuna cosa piú mirabile al mondo di quel lucido orizzonte che fugge all'occhio per mille tinte diverse sulle sponde del Tagliamento, quando il sole imporporando il proprio letto cambia in tremulo argento i molti fili d'acqua scorrente come rete per le vaste ghiaie del torrente; ed ogni sassolino ed ogni crespolo d'onda manda una luce tutta sua, come ogni stella ripete un nuovo chiarore nell'azzurro della notte; e le praterie s'allargano d'ognintorno come il cielo si profonda nell'alto; e lunge lunge si schierano illuminate dal tramonto le torri dei radi paeselli donde si parte un suono di campane cosí affiocato per la vastità e per la distanza, da sembrare un coro di voci né celesti né terrene, nel quale alle preghiere degli uomini si sposino arcanamente le benedizioni degli angeli.
 Cosí quel calmo sole vassi
  7 morendo, e la lontana cerchia dell'Alpi ne rinvergina
l'ultimo bacio sulle vette nevose, e le falde meno rilevate,
e la pianura e l'aere interposto assumono tali colori
che mai non saranno ritratti con verità che dal pennello
di Dio. Pure cotali regioni sono misera stanza di sterilità
e di fatica; contorte e scapigliate le arborature, umili e
cadenti le case, disadorne vi appaiono le chiese, meschini
e quasi accozzaglie del caso i villaggi; ma sopra tanta
apparente deformità si spande invisibile, e attragge l'animo
senza passare pegli occhi, una cert'aria di pace serena
che non abita le campagne piú ubertose e fiorenti. Là
pertanto dalla nitida ghiaia sprizzano ad ogni passo le
limpide e perenni fontane, e di sotto alla siepe sforacchiata
dal vento effondesi un profumo di viole piú delizioso
che mai, e per l'aria salubre e trasparente piove da
mane a sera il canto giocondo delle allodole; là pascolano
armenti di brevi membra e sottili che morrebbero
mugolando innanzi alle colme mangiatoie della bassa,
là vivono genti robuste, semplici, tranquille, abbarbicate
da tenerissimo affetto a un suolo duro ed ingrato; là fra
solco e solco cresce l'olmo nodoso e stentato, sul quale
la vite lentamente s'arrampica: ma nei grappoli nereggianti
ella solea già maturare d'anno in anno il vino piú
generoso dei Friuli, ed ora restarono essi come due vecchi
genitori abbracciati in un muto dolore dopo la morte
dell'unico figlio; là infine, a dispetto di tutto, getta profonde
radici la ricca pianta del gelso, sicché lo vedi per
maraviglia sorgere dritto e lucente, e vestirsi in primavera
di quella foglia sottile, venosa, levigata, donde natura
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ed arte dipanano la piú bella seta del mondo.
Nel mezzo di questo territorio da parecchie sorgenti,
che forse pigliano via per sotterranei meati dal vicino
Tagliamento, sgorga una vaga riviera la quale chiamano
il Varmo, ed è cosí cara e allegra cosa a vedersi, come
silvestre verginetta, che non abbia né scienza, né cura
della propria leggiadria. Sulle sue rive non s'alternano
gli adornamenti ai ripari come nell'acque serventi all'agricoltura,
né ella ogni tratto s'accieca sotto l'arco d'un
ponte o nei canaletti d'un'officina, ma libera divaga per
campi e per prati, partendosi ora in piú rami, ed ora circuendo
graziosamente se stessa, e cosí prepara bagni e
pelaghetti ai beccaccini ed agli anitrocchi; e poi come
stanca di libertà consente esser serrata da un burroncello,
e n'esce gorgogliando per dilagarsi ancora tra verdi
boscatelle di vimini; ché se qua e là un rustico passatoio
di cretoni la imbruna d'un poco d'ombra, ella se ne giova
tantosto scavandovi sotto opachi nidi ai ranocchi ed ai
gamberi; e se intoppa talvolta nella ruota d'un mulino,
sembra anco godere di questa varianza, e volgerla attorno
gaiamente, e balzellar via qua e là in goccioline iridate
e in pioggia di diamanti. Soltanto da pochi anni due
strade comunali hanno stirato sulla cheta acqua del Varmo
i loro cinque metri di carraia; ma l'ingiuria fu poca e
la cheta acqua se n'è vendicata, cred'io, burlescamente
quando non son molti autunni costrinse que' due ponti a
piegar le schiene per farle reverenza: e i ponti furono rifatti,
ma un pochino piú alti, sicché l'astuto fiuci guadagnò
un braccio d'aria, il Comune ci ebbe soffiata la pri-
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ma spesa, e gli ingegneri giubilarono. Certo se il Consiglio
fin dapprincipio avesse creduto far onta al riottoso
bastardello del Tagliamento imponendogli quella lieve
servitú, sarebbesi accontentato di lasciar il guado come
stava; ma i consiglieri per avventura non si erano mai
specchiati in quelle sue acquette satiriche, né vi aveano
veduto sul fondo variopinto quelle lunghe chiome di alica
listata di verde e di nero, fluttuante a seconda della
corrente, e quelle foglie aranciate di giunchiglia, e quei
muschi tenebrosi somiglianti a velluto, onde sopra cervelli
scarnati d'ogni poesia non fece presa la paura di
sturbar l'albergo d'una qualche fata, e cosí fu commesso
quel sopruso del quale pagheranno essi il fio di generazione
in generazione. Ciononostante, per l'insolenza dei
mastri, non dimise il fiumetto la sua petulanza: né dentro
al suo lucido grembo s'allargano in grotte meno colorate
e fantastiche i regni delle dolci anguille e delle bisce
dorate.
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