30 gen 2015

Avanti verso l’autonomia/Kuražno naprej za avtonomijo


Tre Comuni senza timori reverenziali stanno dando battaglia affinché la Slavia/Benečija abbia una propria autonomia amministrativa e non affoghi nel mare friulano a causa della riforma delle autonomie locali varata dalla Regione. Drenchia, Savogna e Stregna sono le municipalità più piccole delle Valli del Natisone, ma coraggiosamente stanno sostenendo con tutte le forze l’idea dell’istituzione di un’Unione territoriale tra i Comuni della fascia confinaria della provincia di Udine. I loro sforzi hanno già ottenuto risultati, dato che a una tale Unione si sono detti interessati anche Grimacco, Lusevera e Taipana. I più grandi San Pietro al Natisone, San Leonardo e Pulfero sembrano, invece, non sapere quali pesci pigliare. Non hanno aderito all’iniziativa di Drenchia, Savogna e Stregna, ma sono spaventati dal progetto di Cividale del Friuli, che spinge per un’Unione molto ampia, estesa fino a Pavia di Udine e Trivignano Udinese, con 65 mila residenti.
A metà febbraio la Giunta regionale disegnerà i confini delle Unioni territoriali. La legge, approvata a maggioranza a fine novembre, stabilisce che esse debbano ricalcare gli Ambiti socio-assistenziali e contare almeno 40 mila abitanti, 30 mila se comprendono territori montani. Secondo tale logica, la  Slavia/Benečija – attualmente compresa nella sua interezza nella Comunità montana del Torre, Natisone e Collio, che verrà soppressa il prossimo 31 ottobre – verrebbe smembrata e suddivisa tra due Unioni. Le Valli del Natisone andrebbero con Cividale, Manzano, San Giovanni al Natisone e altri. Le Valli del Torre con Tarcento, Povoletto, Reana, Tricesimo. Non è difficile comprendere come in enti di tal fatta, anche in conseguenza del sistema di governo e di voto previsto dalla legge, i grossi centri di pianura dominerebbero sul territorio montano e la componente linguistica friulana su quella slovena.
Ma esiste un’altra ipotesi. La riforma delle autonomie locali del FVG stabilisce che i 32 Comuni nei quali è riconosciuta la minoranza slovena, nell’istituzione delle Unioni, possano ottenere la deroga ai tre criteri fondamentali della continuità territoriale, del numero minimo di residenti e di far parte dello stesso Ambito socio-assistenziale. Nel concreto, ciò significa che i Comuni della minoranza slovena potrebbero unirsi tra loro, mantenendo in loco il potere decisionale e, di conseguenza, essere artefici del destino del proprio territorio.
Dai palazzi regionali trapela che la Giunta sarebbe intenzionata a una lettura restrittiva della norma e ben difficilmente concederà la deroga, tarpando di fatto l’aspirazione all’autonomia amministrativa della Slavia/Benečija.
Di questo i Comuni di Drenchia, Savogna e Stregna, nonché gli altri che  hanno accolto la loro iniziativa, sono pienamente consapevoli, ma sono intenzionati a giocare tutte le carte a loro disposizione per il futuro del proprio territorio e per gli interessi della propria popolazione.
Una grossa mano potrebbe venire loro dal fatto che in tutta la regione, anche dai Comuni più importanti, stiano emergendo proposte di Unioni molto diverse da quelle pensate dal legislatore regionale.
A margine dell’incontro transfrontaliero degli amministratori tenutosi il 17 gennaio a Kobarid, lo stesso capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Cristiano Shaurli, ha aperto un varco ai Comuni della Slavia. «Valli del Natisone e del Torre devono avere il coraggio di mettersi insieme. Questi territori, dimostrando che uniti riescono anche ad affrontare sfide come quella della programmazione europea, darebbero il miglior segnale sia al legislatore regionale, ma soprattutto a loro stessi, per arrivare a una modifica delle unioni territoriali così come pensate, almeno in bozza, nella legge di riforma».
Decisamente con i Comuni fautori di un’Unione della Slavia si schiera il vicepresidente del Consiglio regionale, Igor Gabrovec. «Se dal territorio arrivano proposte serie e fondate – afferma – davvero non vedo come la Giunta regionale, nonostante la linea di condotta che si è data, possa ignorarle».
Trije kamuni se brez strahu tučejo, de bi Benečija imiela svojo administrativno avtonomijo in bi se na zauoj reforme lokalnih avtonomiji potopila v laškim muorju. Dreka, Sriednje in Sauodnja so te narbuj majhani kamuni v Nediških dolinah, pa jim ne manka kuraže in z vsiemi močmi podperjajo idejo, de bi ustanovili unijo beneških kamunu. Njih dielo je že obrodilo parve sadove, saj so za tako povezavo tudi Garmak, Bardo in Tipana. Špietar, Svet Lienart in Podbuniesac pa na vejo kakuo in kam. Nieso sparjeli iniciative Dreke, Sriednjega in Sauodnje, pa so zastrašeni pred željami čedajskega kamuna, ki sili za veliko unijo, ki bi segla celuo do Pavie di Udine in bi imiela 65 tavžint ljudi.  
 
Regionalni odbor bo na pou miesca febrarja odloču, kajšne bojo nadkamunske  unije in kateri kamuni bojo v njih. Reforma pravi, de je trieba unije napraviti v konfinah donašnjih socialnih okraju, ki naj bi imieli manku 40 tavžint prebivaucu al’ 30 tavžint, če gre za gorski teritorij. Po teli logiki bi Benečijo arzpartili na dvie Unije. Nediške doline naj bli ble s Čedadam, Manzanam, San Giovanni al Natisone in drugimi, Terske pa s Čento, Povolettam, Reano, Tricesimam. Rezija in Kanalska dolina z Guminam. Sevieda, bi veliki kamuni v ravnici ukazovali tudi gorskemu teritoriju in Slovencam.
A je tudi druga pot. Reforma določa, de 32 kamunu, kjer živé Slovenci, par ustanovitvi novih medkamunskih zvez lahko na spoštujejo kriterja, de so kamuni adan blizu te drugega, de kupe imajo narmanj trideset tavžint ljudi in de so v le tistim socialnim okraju. Tuole pomieni, de bi se lahko kamuni, kjer je priznan slovenski jezik, med sabo povezali in takuo bi naši ljudje sami skarbieli za vse opravila in imieli v rokah prihodnost svoje deželice. Pravijo pa, de bo regionalni odbor težkuo tuole dovoliu in bo na vse viže špalu pravico Benečije do avtonomije. Vseglih naši kamuni muorajo iti po teli poti. Šindiki in te drugi lokalni politiki imajo dužnuost braniti svoje ljudi.

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