Quali interlocutori per gli sloveni d’Italia?
Chissà perché mi sono capitati insieme sul tavolo un articolo del «Primorski dnevnik» e uno ben più articolato a firma di Ferruccio Clavora, direttore de «la Voce del Friuli Orientale». Sotto le belle frasi, i begli intenti, gli auspici e le visioni prospettiche di futuri da costruire, ho notato un certo filo che lega tra loro i due articoli. E forse non è un caso, questo filo, se si considera che il pezzo del Primorski riporta un comunicato sull’incontro con i vertici regionali di Forza Italia dell’Unione culturale economica slovena-Skgz, l’organizzazione della quale lo stesso Clavora fu a lungo segretario politico per la provincia di Udine a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, ai tempi della Jugoslavia comunista. Sarà anche una semplice coincidenza, ma noto una, per me pericolosa, affinità di intenti tra quanto appare nel comunicato Skgz e nell’editoriale del foglio valligiano. Per carità, non sono contro il dialogo, e non posso non apprezzare che la Skgz «si adoprerà per la riduzione delle tensioni; che lo farà col dialogo evitando dannose negatività emozionali per il bene di tutta la comunità». È che dall’altra parte, nel quartetto di esponenti forzisti incontrati dall’Skgz c’è il consigliere regionale Roberto Novelli, da molti anni campione delle iniziative contro la minoranza slovena, tanto da mettere dubbio la sua reale presenza in provincia di Udine. Basti ricordare le sue continue richieste di abbassare i contributi, la querela contro mons. Marino Qualizza, o le recenti interrogazioni contro la Planinska družina Benečije e il sindaco di Stregna. Di conseguenza mi turba assai, che ora una delle due organizzazioni di riferimento della minoranza slovena lo abbia per interlocutore. Clavora, dell’articolo della «Voce», esprime anch’esso apertura al dialogo, alla collaborazione. Infatti «Affermate e chiaramente esplicitate le rispettive posizioni – da una parte la componente della comunità che si riconosce nella nazione slovena e dall’altra quella che ritiene di essere una comunità che parla una lingua propria (“po slovensko”, “po naœin”, po “nediško”) diversa e distinta dallo sloveno (“slovenščina”) della vicina Repubblica, e riconoscendo a ciascuna di esse piena legittimità e parità di diritti potranno essere create le condizioni per una positiva interazione tra le due espressioni linguistiche ed opzioni identitarie».Queste condizioni per un dialogo costruttivo che senso hanno? Sono un’offesa al buon senso, alla razionalità e alla verità. Una vita abbiamo lottato per affermare il sacrosanto diritto a essere quello che siamo: sloveni. Chiedo, allora, in primis alla Skgz, se la comunità slovena debba dialogare con chi detta condizioni, basando e condizionando il tutto su presupposti ideologicamente fuorvianti. Con chi, snobbando provocatoriamente, scientemente, solide basi e studi scientifici di linguisti e glottologi, fa delle affermazioni prive di senso linguistico, culturale, storico e quant’altro. È con questa gente che vogliamo progettare il nostro futuro? Con questa gente eliminare negatività emozionali? Qui non si tratta di emozioni o opinioni, si tratta di falsità mantenute in vita ad arte, per fini che nulla possono avere con il tanto sbandierato sviluppo, con la crescita e la salvaguardia di non si sa quale identità. Si può dar corda ai mistificatori, che sparano dubbi sull’identità di cittadini italiani, come tutti noi valligiani siamo dalla nascita, presentandoci come avversari e «traditori della patria»? Siamo cittadini italiani, «sloveni» per diritto costituzionale. E che lascino in pace la Slovenia e la smettano di equivocare con termini come nazionalità e identità. Riccardo Ruttar (Dom, 28. 2. 2015)
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