26 ago 2015

AUGURI-VSE NAJBOLŠE





                                                      AUGURI PER I SUOI 102 ANNI !
                                                             Aspettiamo il Nobel !
Boris Pahor  è nato a Trieste il 26 agosto 1913. E' uno scrittore sloveno con cittadinanza italiana che vive a Trieste.

E' uno scrittore per troppo tempo ignorato :Il primo riconoscimento gliel'ha dato la Francia con la "Legion d'onore" nel 2007 ,poi nel 2008 approdò a" Che tempo che fa" di Fabio Fazio e solo da allora fu un vero successo.

RIceve vari premi: il Premio Pre
šeren nel 1992,il San Giusto d'Oro nel 2003,nel novembre 2008 gli è conferito il Premio Resistenza per il libro Necropoli che è eletto il Libro dell'Anno,nel 2012 gli è stato assegnato il "Premio Letterario Internazionale Alessandro Manzoni.Città di Lecco "per la sua autobiografia Figlio di nessuno.
L'opera più nota è è Necropoli (1997) ,romanzo autobiografico della sua prigionia a Natzweiler-Struthof.
Per questo traguardo raggiunto gli è stato conferito il titolo di Ambasciatore della cultura della Repubblica slovena.

BORIS PAHOR, UN TRIESTINO ATTENDE IL NOBEL


Più di trenta opere pubblicate dal 1948 fino a questi ultimi anni, Boris Pahor è stato segnalato più volte per il premio Nobel, ha ottenuto il premio Prešeren (il massimo riconoscimento in Slovenia) nel 1992 e la Legion d’Onore in Francia nel 2007.Solo nel 1993 viene pubblicato un suo libro in italiano, la biografia di Srečko Kosovel per la casa editrice pordenonese “Studio Tesi”. Solo nel 1997 “Necropoli” è tradotta a cura del Consorzio Culturale del Monfalconese, a dimostrazione della benefica attività esplicata dal sistema bibliotecario pubblico. Gli altri libri escono in questo secolo: “La villa sul lago” nel 2002 (per Nicolodi, Rovereto), “Il rogo nel porto” nel 2001 e “Il petalo giallo” nel 2004 (per Zandonai, Rovereto), “La letteratura slovena del Litorale”, (Trieste 2004) fino al recentissimo “Qui è proibito parlare”, per Fazi, che aveva ripubblicato “Necropoli” l’anno scorso, assicurandogli finalmente il tardivo successo in Italia. Seguono l’intervista da Fabio Fazio ed i premi Versilia, Napoli – come autore straniero! – Latisana per il Nordest, il San Giusto d’oro nel 2003 ed altri.
Eppure Pahor aveva già visto la sua opera tradotta nelle principali lingue europee: francese, tedesco, serbo-croato, ungherese, inglese, spagnolo, italiano, catalano e finlandese, esperanto.
Alcuni dei suoi libri sono infatti disponibili, soprattutto in francese, andando alla Biblioteca civica di Trieste (L’appel du navire, Dans le labyrinthe, L’éspace coupé, Jours obscurs) oppure presso la Scuola di lingue di Trieste o la Biblioteca Statale di Gorizia (Printemps difficile, la cui traduzione italiana, Primavera difficile, è stata pubblicata nel 2009 da Zandonai). In area friulana, – invece – si possono trovare quasi esclusivamente le opere in italiano, prevalentemente la biografia di Kosovel (probabilmente grazie al meccanismo dell’abbonamento legato alla collana nel quale era apparsa) e “Necropoli”. Ma questo grande libro, che gli ha assicurato la fama come testimone della tragedia novecentesca dei campi di sterminio, è solo un tassello nel più vasto mosaico dell’opera di Boris Pahor.
Perché – il motivo lo si può intuire leggendo questo passo sul protagonista del romanzo “La villa sul lago”, che appare come una sua descrizione autobiografica:
“L’architetto Mirko Godina, un uomo trentenne dalla statura slanciata, era di Trieste. Era figlio del popolo sloveno il quale, alla fine del primo conflitto mondiale, dovette cedere a Roma una parte considerevole del proprio territorio. Amputazione, questa, deleteria non solo a causa dell’esigua estensione dell’intero territorio sloveno ma pure perché da quella parte della popolazione che si ebbe quale bottino di guerra, il governo di Roma aveva preteso il rinnegare la propria lingua materna. E perché a questo cambiamento si giungesse quanto prima il regime nero s’adoperò poi a far sì che a Trieste, a Gorizia ed in tutto il circondario venissero dati alle fiamme teatri e sedi di associazioni culturali, tipografie e biblioteche. Di coloro che a questo genocidio avevano cercato di opporsi, erano zeppe le carceri da Capodistria a Messina; e chi alla violenza aveva risposto con la violenza finì i propri giorni con tanto di piombo nella schiena. Fu così nel 1930. Fu così nel 1941 […]”  (NOTA 1).da http://www.storiastoriepn.it/boris-pahor-un-triestino-attende-il-nobel/


immagine di "Boris Pahor par Claude Truong-Ngoc juin 2015" di Claude Truong-Ngoc / Wikimedia Commons - cc-by-sa-3.0. 

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