29 apr 2016

Qui il terremoto continua da 40 anni


Nel quarantesimo del terremoto, che il 6 maggio del 1976 (con replica il successivo 15 settembre) devastò l’area montana e collinare della nostra regione, come in ogni anniversario del sisma, l’accento viene posto sul cosiddetto «modello Friuli», cioè sul processo che ha permesso in una quindicina di anni la ricostruzione degli insediamenti colpiti. Ancora una volta si dirà come, grazie alla solidarietà dell’Italia intera e dei Paesi vicini e lontani, di un’ampia delega amministrativa ai Comuni, il territorio sia risorto – i paesi «dov’erano e com’erano» – e alla ricostruzione sia stato coniugato lo sviluppo economico e sociale, tanto da fare del Friuli una delle regioni più progredite dell’Italia e dell’Europa. Questo tuttavia vale solo per l’area collinare, che è effettivamente cresciuta all’inverosimile, tanto da risultare ai vertici del reddito pro capite. L’area montana, infatti, ha avuto sì i paesi ricostruiti, ma è letteralmente crollata dal punto di vista demografico, sociale ed economico. Valli del Natisone e del Torre – la nostra Benečija – nonché Resia ne sono, purtroppo, l’esempio più eclatante e triste. Case e chiese sono state ricostruite ancor più belle di prima, ma sono restate vuote. Come sono abbandonati i capannoni delle attività industriali sorte negli anni Ottanta del secolo scorso. Lentamente la popolazione se n’è andata e continua ad andarsene alla volta della città, della pianura e della collina. Piaccia o non piaccia, la prima ipotesi, fatta da tecnici americani, di concentrare la popolazione dell’area terremotata in una «nuova Udine» alle spalle del capoluogo, all’epoca sdegnosamente rigettata, in quarant’anni ha trovato riscontro nei fatti. «Purtroppo un terremoto etnico, economico, culturale e sociale ancora imperversa nella nostra Benečija. Il numero delle persone nei nostri paesi scende sempre più velocemente e ora abbiamo case ristrutturate, ma vuote. Il nostro territorio, bonificato attraverso molti secoli dai nostri avi con grande impegno e fatica, ora è abbandonato ai rovi e alla boscaglia», scrisse il compianto don Emilio Cencig, da suo osservatorio di Tribil Superiore, sul Dom nel decimo anniversario del sisma, nel 1986. Figurarsi cosa scriverebbe ora. Più che «modello Friuli» da esportare, dunque, per quanto ci riguarda si dovrebbe scrivere di esempio da non seguire. (M. Z.) continua in sloveno ...
http://www.dom.it/spoznali-smo-solidarnost_qui-il-terremoto-continua-da-40-anni/

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