13 dic 2016

Necessario un vicariato per gli sloveni della Benecia - Potreben je dekanat za Slovence v Benečiji

Špietar-San Pietro

La proposta di un Vicariato per gli Sloveni dallo Judrio al Torre, nell’ambito della ristrutturazione generale della diocesi, ha suscitato grande interesse ed anche buona condivisione, come si è potuto leggere  nelle settimane scorse sul nostro giornale. Il documento elaborato dal gruppo redazionale del Dom nonché dalle associazioni «don Eugenio Blanchini» e «don Mario Cernet » costituisce una piattaforma ed un contributo che tiene conto della continuità del territorio e della omogeneità della popolazione. Non solo, dunque, una considerazione topografica, ma soprattutto antropica e culturale.

L’adesione di molti friulani è da leggersi anche come frutto degli incontri culturali tra Friulani e Sloveni, voluto dall’allora vicario della cultura, mons. Duilio Coronali, all’inizio degli anni ’90, e sostenuto entusiasticamente dall’arcivescovo mons. Alfredo Battisti. Sono stati un’occasione importante per la reciproca conoscenza e per la continuazione dell’impegno per la salvaguardia delle due culture, in un periodo favorevole, dopo il Concilio e la celebrazione del sinodo diocesano. La collaborazione ed il reciproco rispetto, se non addirittura simpatia, sono stati favoriti dagli stessi problemi e la stessa preoccupazione per la salvaguardia di un comune patrimonio millenario, messo in difficoltà dalla espansione della monocultura della lingua italiana.
La difesa della propria cultura è dettata da profonde ragioni teologiche, di cui fu decisivo ideatorel’apostolo san Paolo.
Scrive infatti, nella prima lettera ai Corinzi (c.9), che si è fatto Giudeo con i Giudei, Greco con i Greci e debole con i deboli, per annunciare loro il Vangelo nella loro lingua e cultura. Per di più, è stato anche colui che ha voluto distinguere decisamente il Vangelo dalla cultura ebraica, perché fosse proclamato in tutte le lingue, ebraica compresa.
Tutto questo avveniva nello spirito della Pentecoste, su cui ci ha dato una straordinaria descrizione l’evangelista Luca, negli Atti degli Apostoli.
Una edizione rinnovata di questi principi e di queste scelte, ce l’ha data la splendida enciclica di Giovanni Paolo II «Slavorum Apostoli », una delle più belle e leggibili a confronto di altre, più complicate. Si vede che qui il Papa ci aveva messo, in modo speciale, il suo cuore.
L’affermazione più importante e base di tutto il discorso è che l’annuncio del Vangelo non cancella né le culture né le lingue dei popoli, cui viene fatto, ma addirittura le salvaguarda.
È quanto ci si attendeva dal supremo magistero, anche in risposta a quanti sostenevano che i difensori delle lingue locali asservivano il Vangelo ai loro fini. È il Vangelo che valorizza le lingue, elevandole alla dignità della Pentecoste, come ha fatto il Concilio con la costituzione sulla Liturgia.
Per questo motivo, la creazione di una continuità territoriale delle comunità di lingua slovena, sarebbe il frutto di una lettura evangelicamente corretta e profonda delle realtà storiche ed umane, che solo una Chiesa, illuminata dall’alto e memore del patrimonio biblico e storico può fare. Noi, direttamente interessati, ce lo auguriamo di cuore, perché la salvaguardia del patrimonio storico e culturale, friulano e sloveno, è una ricchezza reciproca, anche in termini cristiani, e non va dispersa.

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