20 gen 2017

La nostra storia/Naša zgodovina

Ponte sul Cosizza tra le frazioni di Merso di Sopra e Scrutto
da https://it.wikipedia.org/wiki/San_Leonardo_(Italia)
dal Novi Matajur del 25 dicembre 2003
Storia della famiglia di Pietro e Giulia Carlig di Cosizza

Vorrei raccontare la storia di una famiglia partita per la Francia con la speranza di migliorare il suo quotidiano. In quell’epoca la miseria era presente in tutti i paesi delle valli e tanti dei nostri furono obbligati a cercare fortuna all’estero. Le giovani generazioni di oggi non dovrebbero dimenticare questa nostra diaspora, questi nostri paesani, le loro vite sparse in tutto il mondo e noi dovremmo aiutarli a mantenere vivo questo ricordo con foto, scritti ed altro che testimoniano questo che è parte della nostra storia. Per noi valligiani che viviamo all’estero è un dramma; non riusciremo mai a rimarginare la ferita dell’abbandono della nostra terra per andare a vivere in tutti gli angoli del mondo. Ogni paese ricorda di aver visto tanti dei suoi figli partire con le lacrime agli occhi verso un futuro migliore senza mai più rivedere il paese natio. Oggi, sia loro che i loro figli o nipoti che continuano a vivere all’estero non sanno bene a quale nazionalità appartenere; per loro è più sofferenza che gioia ritornare al paese natio durante le ferie. Andando all’estero abbiamo trovato il benessere, ma abbiamo perso famiglie, amici, compagni e questo è un peso, un dolore nel cuore che non ci abbandona mai. (Guerrino Cencig)

La storia comincia con il matrimonio di Pietro Carlig, nato il 6 giugno 1899 a Cosizza in comune di San Leonardo e di Giulia Teion, nata il 4 dicembre 1899 a Torreano. Desiderando creare una famiglia, Pietro andò in cerca di fortuna all’estero. Conosceva un compaesano che lo fece venire, alla fine dell’anno 1924, in una piccola città francese, a Deville (Francia del nord, vicino al Belgio), nei pressi del fiume Mosa. Questa piccola città si trova a cinque chilom etri da Monthermé, dove tanti altri delle Valli del Natisone sono stati a lavorare.
Pietro trovò un posto in una fonderia dove lavorava pezzi in ghisa usando un grande forno. Un anno dopo si fece raggiungere dalla moglie e dai suoi due bambini, M aria, nata l ’8 dicembre 1920 ed Egidio, nato il 31 agosto 1922. Poi a Deville nacquero O reste, il 5 marzo 1925, ed Emilia, il 17 maggio 1926, Nel 1931 la famiglia si spostò a Nouzonville, sempre vicino al fiume Mosa ed a sei chilometri da Charleville, dove Pietro trovò un posto di lavoro sempre in una fonderia chiamata Briseville. Trovò, come alloggio, una casetta circondata da giardini ed alberi da frutta a 200 metri dalla ditta, che era anche proprietaria della casa. Una nuova speranza di una vita migliore si offrì così a tutta la famiglia. Il 14 novembre 1932 la famiglia si ingrandì con la nascita di Aldo, nel 1934 di Marcello e nel 1936 di Daniele. Furono anni belli per loro, questi. Un aiuto economico veniva anche dai prodotti dell’orto, del giardino e dalle galline e dai conigli che allevavano per i bisogni della famiglia. Tante domeniche, poi, c’erano degli amici di Cosizza che venivano a trovarli e seduti attorno ad una tavola con la polenta fumante ricordavano il loro paese. Questi ricordi venivano allietati dai canti tradizionali della Benečija. Fu davvero un buon periodo quello. Vinsero anche una bella somma alla lotteria nazionale, som m a che la mamma mise subito al sicuro. E intanto i bambini crescevano e tutti frequentavano la scuola. Un giorno qualcuno bussò alla porta della casa. Chi era? Il maestro di Egidio, per spiegare ai genitori che il ragazzo aveva delle doti e che sarebbe stato bene per lui continuare a studiare. Ma Egidio, appassionato di meccanica, voleva a tutti costi andare a lavorare con il suo papà in fonderia. A quattordici anni compiuti, il papà Io fece entrare come apprendista. Qualche tempo dopo anche un altro figlio, Oreste, li raggiunse nella stessa ditta. Poco tempo dopo i tedeschi invasero la Francia e questa invasione durò sei lunghi anni. Per i piccoli della famiglia non era più il caso di continuare con i giochi spenQuesto non è un romanzo, è la vita della nostra gente La storia della famiglia di Pietro e Giulia Carlig di Cosizza Vorrei raccontare la storia di una famiglia partita per la Francia con la speranza di migliorare il suo quotidiano. In quell’epoca la miseria era presente in tutti i paesi delle valli e tanti dei nostri furono obbligati a cercare fortuna all’estero. Le giovani generazioni di oggi non dovrebbero dimenticare questa nostra diaspora, questi nostri paesani, le loro vite sparse in tutto il mondo e noi dovremmo aiutarli a mantenere vivo questo ricordo con foto, scritti ed altro che testimoniano questo che è parte della nostra storia. Per noi valligiani che viviamo all’estero è un dramma; non riusciremo mai a rimarginare la ferita dell’abbandono della nostra terra per andare a vivere in tutti gli angoli del mondo. Ogni paese ricorda di aver visto tanti dei suoi figli partire con le lacrime agli occhi verso un futuro migliore senza mai più rivedere il paese natio. Oggi, sia loro che i loro figli o nipoti che continuano a vivere all’estero non sanno bene a quale nazionalità appartenere; per loro è più sofferenza che gioia ritornare al paese natio durante le ferie. Andando all’estero abbiamo trovato il benessere, ma abbiamo perso famiglie, amici, compagni e questo è un peso, un dolore nel cuore che non ci abbandona mai. (Guerrino Cencig) Pogled na Kozco; tle zdol stara hiša, ki so jo sedaj postrojili tisti od “Belle arti” (telo fotografijo sm o jo posneli iz bukvi “Cosizza e dintorni" od društva “Val Cosizza”) * /j d r • * - sierati nelle vie della città. A ppena la scuola finiva, mamma Giulia li portava a casa perché i tedeschi avevano stabilito il coprifuoco. Durante questo periodo, la figlia Maria si rifugiò con tante altre amiche e con alcuni vicini a Montauban. Morì nel 1940 sotto un bom bardam ento. Non si sa bene come successe, il fatto è che Pietro e Giulia persero una figlia. La vita era totalm ente cambiata a Nouzonville, come in tutti paesi invasi dai tedeschi. E’ facile capire la difficile situazione in cui si trovarono gli operai italiani in Francia quando Mussolini si mise con Hitler. Nel 1936, nel dipartimento delle Ardennes, c’erano 21,514 stranieri. Fra questi 4.178 italiani e 4.870 polacchi. Nel 1938 il com ­ missariato della repubblica francese di Nouzonville disse che per quello che riguardava gli italiani non c’era niente da segnalare. E ’ da precisare che tanti italiani si presentarono a chiedere informazioni per potersi arruolare n ell’arm ata francese. A Revin sessanta italiani si presentarono presso l’ufficio della gendarmeria per dichiarare che, in caso di guerra, si sarebbero messi con la Francia. Questo era anche un modo per integrarsi ancor di più nel paese che li ospitava. Tuttavia un gioielliere italiano fu vittima di falsità sul giornale “l’écho de Givet” nonostante avesse combattuto nel 1914 nell’esercito francese. Certo, i simpatizzanti fascisti fra gli operai italiani non rendevano le cose facili e le conseguenze di questo le subirono tutti gli altri. Durante l’occupazione tedesca, papà Pietro ed i figli Egidio ed Oreste continuarono a lavorare nella fonderia. Un giorno, una compagnia di soldati invase la fonderia e portò fuori tutti i ragazzi, fra questi anche Egidio. Questi sfortunati dovettero in poco tempo preparare il necessario e salire sui camion. Le famiglie furono avvertite dal Comune dopo la partenza. I responsabili dissero che i ragazzi erano partiti verso la Germania per un lavoro obbligatorio chiamato STO. Egidio aveva 22 anni. Il primo anno i tedeschi concessero a questi giovani lavoratori dei permessi perché potessero andare a trovare le famiglia. Siccome nessuno voleva più tornare in Germania, i tedeschi annullarono i permessi. Anche Egidio decise di non tornare in Germania. Appena i tedeschi furono avvertiti della sua diserzione, si presentarono ai suoi genitori. Per fortuna Egidio era già nascosto con altri compagni nel buco scavato apposta sotto la capanna del giardino. Naturalmente questo nascondiglio poteva essere solo provvisorio, non era pensabile trascorrere dei mesi in queste condizioni. La tensione, la preoccupazione erano davvero alte con la presenza quotidiana dei soldati tedeschi nella sua casa. Un giorno si presentò un certo Jean Henry, responsabile di una sezione delle forze francesi dell'interno, chiamato FF1. Portò via Egidio ed i suoi compagni nella macchia, nel bosco vicino al “Malgrè Tout”, sopra la città di Revin, nel movimento di Resistenza. Un anno prima, Emilia incontrò M oham m ed Khaznadji in una via di Nouzonville e i due si innamorarono. Mohammed partì per lavoro per Corrèze, nel centro della Francia, ma scrisse una moltitudine di lettere a Emilia. Non poteva immaginare che queste venissero intercettate dalla mamma che non voleva che sua figlia frequentasse un algerino. Ma un giorno, prendendo un fazzoletto dalla tasca del suo grembiule, fece cadere una lettera per terra, ai piedi di Emilia. Emilia vide sulla busta il suo nome, quella lettera era destinata a lei. La m am m a rico ­ nobbe di aver nascosto tutte le altre lettere. Emilia ricominciò a sperare venendo a sapere che il suo primo amore non l’aveva dimenticata. Mamma Giulia cedette a questo amore e li aiutò a sposarsi regalando a loro stoviglie per la casa e mille franchi. 11 24 maggio 1944 Emilia seguì il marito in Corrèze dove lavorava come capo squadra in una impresa edile che stava costruendo una diga. Durante questo periodo, Egidio visse nascosto nel bosco con altri partigiani. I tedeschi sapevano da sei mesi che c’erano movimenti di partigiani FFI in questo zona. La sera del 12 giugno 1944 con blindati ed artigliera circondarono questa zona chiamata “Les Manises”. Il comandante Prime disse che se non si fossero arresi rischiavano di essere tutti massacrati. Perché non succedesse questo i partigiani erano costretti a cercare un’apertura nelle linee tedesche, separandosi per avere più fortuna. Centosei ragazzi furono catturati e torturati; alcuni furono mutilati e poi fucilati nei buchi scavati da loro stessi. Fra questi giovani c’era anche Egidio. Papà Pietro nascose questa tragedia alla moglie, sapendola molto legata a questo figlio. Ma altre sofferenze erano sulla strada della povera Giulia. Il 22 agosto 1944 Pietro prese il treno in direzione di Sedan per cercare approvvigionamenti. Questo treno fu preso dagli alleati presso la città di Aillicourt. La gente si precipitò fuori per mettersi al sicuro, ma nello stesso momento esplose una bomba e Pietro fu gravemente ferito. Fu poitato con altri all’ospedale Corvisart di Charleville. Giulia andava a trovarlo a piedi da Nouzonville ogni giorno. Qualche ora prima di morire, il 25 agosto 1944, Pietro confessò alla moglie la morte del figlio Egidio. Per lei fu l’inizio di un calvario e pian piano perse la ragione. Tutti i giorni si recava nel cimitero, dove raccoglieva sassolini che metteva nelle tasche e portava a casa. Per cinque anni portò la fotografìa del figlio sul petto. Tante volte i vicini ja sentivano mormorare e canticchiare sotto voce per le vie che percorreva. Dopo la guerra Daniele lasciò la casa di famiglia e andò a lavorare in una fabbrica di camion a Lyon da Berliet. Si sposò ed ebbe due bambini. Morì il 21 gennaio 1999 a Lyon, dove fu anche sepolto. Aldo lavorava in un grande negozio di frutta e verdura. Quando chiusero il negozio fu obbligato a spostarsi nella zona di Parigi dove morì d ’infarto il 14 ottobre 1975. Marcello andò a vivere a Melun dove lavorò presso una grande zucchereria come meccanico. Morì il 26 ottobre 1999 e fu sepolto il 30 ottobre a Nouzonville, dove vivevano i suoi cari. Nel 1974 Oreste rimase solo nella casa familiare con la mamma. E ’ facile capire il suo malessere. Ed i problemi continuarono. Nella fabbrica dove lavorava un pezzo meccanico gli sfuggì dalle mani e gli cadde su un piede. Fu ricoverato in ospedale, ma nonostante le cure il piede non guarì. La gamba andò in cancrena. Per salvarlo restava una sola soluzione: l’amputazione. Le sofferenze e le speranze non servirono a nulla, il suo destino era già tracciato. Morì il 2 febbraio 1974 e fu sepolto il 5 febbraio a Nouzonville vicino al papà. In seguito alla morte del suo ultimo figlio, la salute della mamma peggiorò. Un giorno cadde inanimata e fu ricoverata. Emilia la tenne a casa sua per qualche mese. Concluse la sua vita terrena in una casa di riposo a Manchester (vicino a Charleville) dove morì il 29 ottobre 1974. Fu sepolta il 2 novembre a Nouzonville dove ritrovò per sempre il marito ed i figli Oreste ed Egidio, che era il suo prediletto. La casa familiare nella quale un tempo c ’era un’atmosfera serena e allegra divenne così disabitata. I figli del proprietario cominciarono a frequentarla per giocare e per suonare, ma un giorno, per una svista divampò il fuoco e poco tempo dopo la casa fu demolita. Tutti i figli di Pietro e Giulia servirono la Francia, ma nessuno pensò mai di chiedere qualche indennità allo stato francese. Emilia visse sempre felicemente con il marito. Oggi vive sola in un appartemento a Charleville, dove passa la maggiore parte del suo tempo con figli e nipotini, e la storia della sua famiglia, della famiglia di Pietro Carlig, ci è stata raccontata proprio da lei, unica sopravvissuta. 

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