monte Matajur da https://it.wikipedia.org/wiki/Valli_del_Natisone |
Religiositá e folklore ladino e slavo nell'alto Friuli. Primi due capitoli della tesi di laurea di Mons. Angelo Cracina
PREMESSA
Per un'opportuna ed approfondita conoscenza della spiritualitá, connessa ai problemi pastorali degli Slavi delle Valli del Natisone, é opportuno premettere qualche cenno riguardante gli elementi storici ed etnici che li caratterizzano, prima di addentrarci nella parte viva del nostro argomento.Perció il nostro discorso, al riguardo, si soffermerá sui seguenti quattro punti: 1 - Il Territorio. 2 - La Popolazione. 3 - Le Vicende politiche e religiose dalle origini ai nostri giorni. 4 - Il mio proposito.
1 - Il Territorio.
Suo Nome ed Ubicazione. Quando i Friulani parlano della Val Natisone, d'ordinario non intendono riferirsi solo ai versanti montagnosi tra cui scorre il fiume Natisone, ma anche alle valli contermini bagnate dai suoi affluenti: l'Alberone, il Cosizza, e l'Erbezzo. Di fatto, per loro, sia quando parlano o quando scrivono, le due espressioni: Val Natisone e Valli dei Natisone, hanno lo stesso significato.A questo senso ci si atterrá anche nel presente lavoro. Dagli scrittori sloveni, Val Natisone é denominata Beneška Slovenja o semplicemente Benečija, intendendo, peró, alle volte, tutto il territorio abitato da Slavi nella Provincia d'Udine, cosí il Rutar, il Feigel-Nanut ed altri. Per gli Italiani, questa particolare zona, va sotto il nome di: Val o Valli dei Natisone o Slavia Italiana, come per Carlo Podrecca; e recentemente, per Giuseppe Marchetti, va sotto il nome di Slavia Friulana (1).
Per i Rečanj, i Nadižuc sono "Lesnikari": mangiatori di noccioline; per questi ultimi, i Rečanj, sono "Žabari": mangiatori di ranocchi (2).
Secondo il Quarina (Cfr. LODOVICO QUARINA: Le Vie Romane del Friuli, Udine, Tarantola-Tavoschi, 1970, p. 16) era detta "Appia" la strada che da Cividale proseguiva per Carraria e Purgessimo, lungo la sponda sinistra del Natisone, verso la Valle del Natisone. In seguito da Cividale, biforcandosi e proseguendo, si diramó anche lungo la sponda destra del fiume, sempre verso Nord e fu chiamata Appia Nuova.
Queste due importanti vie furono cosí denominate dai console romano Appio Claudio Pulcro (143 a.C.) che le percorse tra i primi, quando le conquiste romane puntarono oltre le Alpi Orientali.
Le due Appie convergono al ponte S. Quirino, formando un'unica via che da lí, per la Valle del Natisone, Caporetto, Plezzo e Tarvisio, giungeva a Virunum nel Norico: ora Mariasaal in Carinzia.
Il Quarina asserisce che dal Ponte S. Quirino si staccava un'altra strada romana che da Algida (Azzida), scendeva nella conca di S. Leonardo, saliva a Clodig e, scavalcato il Colovrat, entrava nella Valle dell'Isonzo.
Ponte S. Quirino, modesto villaggio agricolo, ma geograficamente in una posizione strategica, ha una certa importanza commerciale e turistica, senza contare poi che unisce il Comune di S. Pietro al Natisone con quello di Cividale. O. Marinelli gli attribuisce anche una particolare importanza storica, perché costruito dai Romani, e sociologica, perché rappresenta il punto d'incontro e di buon vicinato, tra Ladini e Slavi (3).
Il terreno appartiene, nella quasi totalitá, all'eocene. Nelle parti piú interne ed elevate, affiorano zone appartenenti al cretaceo. Esse si trovano in formazioni potenti di calcari ed in masse talvolta isolate ed intercalate (calcari grigi), sotto forma di banchi compatti, anche bracciosi, a marne scagliose e brune.
Si riscontrano altresí, rocce calcaree magnesiche ben stratificate, con frequenza di piccoli depositi di scisti bituminosi (i cosiddetti "bogheads") che sembrano dovuti all'accumularsi di talli e di alghe nel mare triassico. Tali banchi bituminosi sono evidenti nelle formazioni eoceniche tra Montefosca, Erbezzo e Tribil di Sopra.
Nell'eocene inferiore, a fasce prevalentemente calcaree, si trovano calcari a grana compatta, conosciuti sotto il nome di "pietre piasentine" (Cave di pietra di Azzida, Tarpezzo, Clastra ed Osgneto), le quali forniscono ottimo materiale da costruzione.
Questi tipi di calcare sono alternati con marne o calcari marnosi, compatti e grossolani (cave di S. Leonardo e di Vernasso), sfruttati per cementi e calci idrauliche.
Il cretaceo, poi, affiora specialmente nella parte piú alta della zona ed é abbastanza ricco di manifestazioni carsiche e di grotte. Fra queste ultime, le piú note sono quelle di Antro, la Veljkajama e la Častita Jama, meno note lo Starčedat, lo Starikot e la Spelonca di Osgneto nella conca di S. Leonardo. La distinzione tra cretaceo ed eocene ha il suo riflesso nelle culture agricole, perché, dove appare l'eocene, il terreno si ammanta di ottima vegetazione. Questo fenomeno é ben visibile nella zona di Losaz, sotto il Matajur, nel Drenchiotto e alle falde del Colovrat: la cui altitudine é di m. 1.243, ed é in territorio sloveno.
Da segnalare anche un deposito argilloso a sedimenti, con conchiglie lacustri, a Cemur, nella parte inferiore della vallata dell'Erbezzo, la quale, in epoche remotissime, doveva formare un lago (4).
La neve, eccettuati i rilievi piú elevati, non é abbondante e rimane poco tempo sul terreno; invece forte é la ventilazione, ma é mitigata dalla tortuositá delle valli.
Questo fenomeno abbassa presto la temperatura d'inverno ed apporta dolce frescura d'estate.
Vi si coltiva, discretamente, la vite che dá un vino non delle migliori qualitá: clinton, americano o uva fragola, e un bianco: il famoso cividino che sta scomparendo.
Anche i cereali vi hanno un discreto posto: primo fra essi il mais per fare la polenta; poi il frumento, l'orzo, i fagioli e le patate. Sta scomparendo la semina del gransaraceno, detto heida; scomparsa quasi la pastorizia e fortemente diminuito l'allevamento del bestiame. La zona é discretamente fornita di rete stradale; é povera di prodotti alimentari; é mancante di industrie: una fornace di calce, una di laterizi, una cava di marna, tutto qui per ora (5).
2. La Popolazione delle Valli del Natisone
Osiamo affermare subito che essa é di ceppo slavo. Possediamo, al riguardo, testimonianze dirette, vale a dire espresse dagli stessi abitanti delle zona. Fra le altre la seguente.Il 24 Ottobre 1896 il Principe di Napoli Vittorio Emanuele III di Savoia, poi Re d'Italia, sposa la Montenegrina, e quindi Slava, Principessa Elena Petrovič-Njeguš. Gli abitanti del Distretto di S. Pietro al Natisone, circoscrizione civile che comprendeva tutte le Valli del Natisone, ne sono entusiasti ed inviano agli augusti sposi un omaggio augurale su pergamena miniata, dove essi si dichiarano "Italo-Slavi" e definiscono, la bella principessa, "Il piú bel fiore della Jugoslavia che ora si trapianta nell'Italico Giardino, all'ombra del glorioso albero dei Savoia". E per dimostrare che sono Slavi, si preoccupano di esprimere i loro sentimenti non solo in lingua italiana, ma anche nella loro parlata slava (5 bis).
Nel 1912, dopo la visita nella zona del Prefetto di Udine, il Consiglio Comunale di Grimacco, uno dei sette comuni della zona nella Valle del Cosizza, stende alla Prefettura una relazione sulle condizioni socioeconomiche di quel settore; in essa troviamo una dichiarazione etnicologica simile alla precedente. Infatti, vi leggiamo testualmente: "Il Comune di Grimacco é disposto, per la maggior parte, in monte; misura una superficie di ettari 1.570 ed é popolato da circa 1.700 abitanti tutti di razza e lingua slava, e di costumi in tutto simili alle popolazioni di confine della stessa razza e lingua del limitrofo Impero Austro-Ungarico" (6).
Nell'opuscolo: Stato personale del Clero della Cittá ed Arcidiocesi di Udine, per l'anno 1863, edito da quella Curia, pp. 27-28, sotto il titolo: "Arcidiaconato dell'insigne Capitolo della Colleggiata di Cividale", si leggono i nominativi delle Parrocchie da esso dipendenti, tra cui S. Pietro degli Slavi e S. Leonardo degli Slavi, le due maggiori Parrocchie in tutta la zona a quel tempo. La tipica denominazione: "degli Slavi" si trova in tutti i documenti ecclesiastici che le riguardano, fino al 1931, ed in quelli civili fino al plebiscito del 1866.
Fra le numerose documentazioni, ecco alcune.
"MDXXIII in ditione decima die vero po mensis septembris, in parochiali S. Petri de Sclavonibus praesentibus R0 D0 Christophoro et ven0 presb.o, Joanne Vicario in Sancto Leonardo de Sclavonibus", (8).
La parola; Schiavonia o Schiavi, e latinamente Sclabonia o Sclavonia, Sclabones o Sclavones, dice M. Kos in: Zgodovina Slovencev p. 87, sono sinonime di Slovenia e di Sloveni perché quando gli Sloveni occuparono la Pannonia e poi le Prealpi, i popoli che incontrarono li chiamarono Sclavi e la terra da loro occupata Sclavinia o Sclavonia, nome che davano in generale a tutti gli Slavi e al luogo del loro insediamento. I Tedeschi, invece, li diranno Vendi o Windisch; i Friulani: Scas o Slas. Essi, peró, chiamano se stessi Slovjenji (leggi Slovjegni) come riscontró e scrisse, giá nel 1841, l'eminente filologo russo Izmail Ivanovič Sreznevskij (10).
3. Vicende politiche e religiose dalle origini ai nostri giorni.
Donde vennero gli Sloveni? Quando giunsero nelle Valli del Natisone? Quale la loro organizzazione sociale? Quale il loro sentimento religioso? Chi trovarono sul luogo e come si stabilirono definitivamente in queste Valli?Interrogativi ovvi che meritano una risposta, per quanto possibile, esauriente.
Non sará, peró, pleonastico il premettere la conclusione a cui é giunto il Verdiani dopo accurati studi sui popoli slavi. Egli afferma che gli Sloveni sono, con i Croati ed i Serbi, il ramo meridionale dei Protoslavi, della grande famiglia indoeuropea, detta anche Slavo-Baltica. Essi, prima dell'epoca delle emigrazioni e delle divisioni, sec. VI0 a.C., abitavano un territorio che, grosso modo, si puó circoscrivere tra il corso dell'Elba, il bacino del Dnieper e i fiumi russi: dalla Russia Bianca, cioé, alla Polonia, alla Volinia, e alla regione di Kiev (12).
Alboino, Re dei Longobardi, per sbarazzarsi dei Gepidi, cede la sua terra agli Avari e si spinge verso il Friuli, col patto di ritornarvi se le cose non gli fossero andate bene. Era il primo di aprile, secondo giorno di Pasqua dell'anno 568, racconta P. Diacono (14),
Nello scontro fra queste popolazioni barbariche, in un primo momento i Longobardi hanno la peggio: i figli del Duca Gisulfo, Tasso e Caco, sono fatti prigionieri ed a stento riescono poi a fuggire.
Nel 630 gli Sloveni, con l'aiuto dei Franchi subentrati ai Gepidi in Pannonia, si liberano del giogo degli Avari e quarant'anni piú tardi, nostalgici del Friuli che avevano giá conosciuto, seguendo il corso del Natisone, arrivano fin quasi alle porte di Cividale, nella localitá detta Broxas (ora Brischis) nei pressi del ponte S. Quirino.
I Longobardi di Vettari riescono a riccacciarli sui monti; peró essi ridiscendono molto presto, devastano i pascoli e rubano il bestiame ai pastori friulani. Sono di nuovo respinti, ma riescono ad avanzare verso Est, sulle alture che dominano la sponda sinistra del Natisone, si fortificano sul monte Karkos (m. 445).
Fu allora che i Longobardi costruirono dei castelli fortificati lungo la pedemontana che va da Cividale a Nimis e che ora portano nomi di famiglie nobili tedesche come: Grunenberg, Urusberg, Schaffemberg, Attems ecc. (15).
Il Trinko accenna anche alla grossa colonia Slovena di Belgrado, in Comune di Varmo e ad altre piú piccole del Basso Friuli, fondate dagli Sloveni, ben presto scomparse perché i loro fondatori erano isolati e troppo lontani dai propri connazionali: sopravisse, soltanto il nome. Su quest'ultimo argomento solo un cenno perché esula dal nostro tema.
All'inizio del IX° secolo, gli Sloveni in Friuli occupavano i monti e le relative valli dei Distretti di S. Pietro al Natisone, di Cividale, di Tarcento, di Gemona e di Moggio, parte piú occidentale dei loro possessi. Secondo G. Pellegrini: quando gli Sloveni, lasciati i Carpazi, invasero la Pannonia, parte del Nordico, l'Istria ed il Friuli, trovarono sul posto Celti, Illiri, Retici e Veneti romanizzati ed, in parte almeno, cristianizzati.
Il Kos afferma, infatti, che esistevano giá i Vescovadi di Juvamm (Salisburgo), Virúnum (Mariasaal) nel Norico, di Emona, Celeja e Sirmio, nella Pannonia Inferiore ed Istria (ora Jugoslavia), Forum Julii (Cividale), Forum Julium Carnicum (Zuglio) ed Aquileia. Anche nelle Valli del Natisone furono trovate tracce di insediamenti umani anteriori alla venuta degli Sloveni (17).
Della chiesetta di S. Giovanni d'Antro (Val Natisone), G. Menis dice: "Uno di questi piccoli monasteri (dell'epoca longobarda) potrebbe essere quello della grotta di S. Giovanni d'Antro, la cui origine si farebbe risalire al IX0 secolo. Peró quella grotta, evidentemente, era un luogo di culto molto prima, forse giá dalla seconda metá del sec. VII0 (18).
Non avremmo difficoltá a scorgere, nella maggior aula sotterranea, la chiesa primitiva: uguali pavimenti sono stati trovati nelle chiese d'Aquileia e di Cividale; in grotta é scavata anche l'antichissima chiesa di S. Giovanni d'Antro. Da notare che anticamente Castelmonte era chiamato "Monte degli Eremiti" forse perché era dipendente dal Preposito di S. Stefano (Antico Monastero cividalese) (19).
Vive ancora la memoria dei due Parlamenti d'Antro e di Merso, detti anche Banche, e del Parlamento Pieno o Grande Arengo di S. Quirino alla confluenza delle Valli. Era quasi vero che la Schiavonia era una nazione separata dal Friuli e si governava da sé (23).
L'Austria, nel 1816, creó il nuovo Distretto di S. Pietro degli Slavi, ridusse il numero degli Comuni da 36 a 8, ma non ripristinó i privilegi concessi da Venezia, soppressi dai Francesi.
Nel 1866 l'Austria, sconfitta, cedette il Lombardo-Veneto all'Italia che lasció la situazione immutata; tale é ai nostri giorni. Unica novitá: il capoluogo del distretto é Cividale ed i Comuni della Valle del Natisone sono sette (25).
Il Gruden in: Zgodovina Slovenskega Naroda, afferma che gli antichi Sloveni si caratterizzavano per una vita comunitaria molto accentuata, a cominciare dalla famiglia. Un solo figlio si sposava, i suoi fratelli restavano in casa, con molto vantaggio per l'asse famigliare.
Piú famiglie formavano il parentado ed il vicinato, detto da loro sosednja o Župa, con a capo lo starešina o Župan (anziano, capo). Piú Župe (noi diremo: vicinie), formavano le Vojvodine (Ducati) con a capo il Vojvoda Knezdemocraticamente eletto. Uno dei piú famosi é stato Kocelj o Cacellinofondatore dell'Abbazia di Moggio in Friuli.
Nelle Valli del Natisone, le Vicinie formarono due circoscrizioni amministrative dette, come abbiamo ricordato, Banche, alla cui testa stava il Decano Grande. Gli Sloveni erano un popolo di pastori e d'agricoltori, guerrieri solo nel periodo delle invasioni, poi tornavano al primitivo tenore di vita secondo la loro indole pacifica ed ospitale.
In fatto di religione erano politeisti: credevano nell'esistenza di piú dei, uniti in una famiglia, a capo della quale stava Svarog o Perun, una specie di Giove, padrone del cielo. I suoi figli erano: il sole, la luna, le stelle ed il fuoco (kres); le figlie: Zora (Alba) e Danica (Stella del Mattino: Venere). Da notare che la luna, in sloveno é maschile (mesec)! (n. d. r.: sic! ?)
Credevano anche nei geni o spiriti (duhovi) e nelle fate e ninfe (vile) (26).
Dagli storici piú noti: Paolo Diacono, il Gruden, il Paschini, il Kos, ecc. sappiamo che l'evangelizzazione degli Sloveni del Natisone, cominció dopo la pace di Lauriana o Lavariano, anno 725, che fu iniziata e condotta a termine dai Missionari d'Aquileia e di Forum Julii (Cividale).
Il primo ed il maggior merito, in questo campo, va riconosciuto al Patriarca d'Aquileia Paolino 110 (726-802). Il De Rubeis (27)
Ci piace, in proposito, riportare le parole di M. Smolik: "Gli Sloveni del Sud della Drava fino alla pianura friulana, sono stati cristianizzati dai Missionari di Paolino. I quali non si curarono di colonizzarli e di italianizzarli, ma solo di evangelizzarli". E R. Klinec: "Dopo la divisione fatta da Carlo Magno, tra le Diocesi di Salisburgo e d'Aquileia, a. 811, é stata solo la chiesa aquileiese la missionaria degli Slavi del Sud della Drava fino al Friuli. Ed essi accettarono il "Vangelo Cividalese" (29).
Leonardo Trusnig, Parroco di S. Leonardo, (1792-1830) attesta che la chiesa di S. Leonardo, secondo documenti da lui consultati a Cividale, risale al sec. XI (30).
Il Quaglia riporta la Bolla di Celestino III (1192) che nomina: "Ecclesia cum Cappellis", quella di S. Pietro, e la Bolla di Pio II (1450) che nomina nello stesso modo quella di S. Leonardo; cita quella di S. Maria di Drenchia come Parrocchia recente: 1865.
Queste sono, invero, le chiese piú antiche della zona. Presente-mente le parrocchie sono ventiquattro ed i loro Pastori giuridicamente in una posizione profondamente mutata rispetto alle primitive prime tre chiese cattoliche della zona, che erano alle dirette dipendenze dell'Arcidiaconato del Capitolo di Cividale. Dal 1751, soppresso il Patriarcato d'Aquileia, fanno parte dell'Arcidiocesi d'Udine e dal 1912 formano un Vicariato Foraneo separato da quello di Cividale (31).
4. Il mio proposito.
Parlare della Religiositá e dei Problemi Pastorali degli Slavi della Val Natisone.Quanto ho finora scritto si riduce a notizie geografiche, etnografiche e storiche. Le ho apprese da autori celebri come: Paolo Diacono, Teobaldo Ciconi, Carlo Podrecca, Ivan Trinko, Simon Rutar, Olinto Marinelli, volendo citare i piú antichi (32).
Parecchio di quanto esposto, é giá noto al pubblico colto. Ma mi é sembrato logico presentare, nel modo migliore possibile, prima il soggetto: gli Slavi della Val Natisone, poi, per poterlo comprendere agevolmente, il predicato, cioé la loro religiositá ed i loro problemi pastorali. Questo é, appunto, il compito che mi sono assunto.
Oso annunciare che diró qualcosa di nuovo rispetto a quanto finora fu detto degli Slavi della Val Natisone. Di loro si é scritto parecchio dalla metá del secolo passato a questa parte, ma non consta che alcuno abbia messo ancora in evidenza la loro religiositá ed i loro problemi pastorali: é quanto, modestamente tento di fare nel presente lavoro, naturalmente dopo aver attinto a diverse fonti: scritti, inchieste ed esperienze personali.
Ho potuto ampliare le mie cognizioni durante la frequenza all'Ist. di Liturgia Pastorale di Padova prima, poi all'Ateneo romano; attraverso la ricca bibliografia che mi é stata suggerita, da cui é scaturito il concetto, spero chiaro ed esatto, di religiositá, di folclore, di pastorale, di sociologia, di storia e di liturgia, utili per il tema da me scelto.
Ho consultato Enciclopedie, dizionari, riviste; ho letto articoli di giornali, catechismi, libri di pietá, predicabili, biografie, monografie, che presentavano qualche attinenza con la mia ricerca.
Non meravigli che tra le pubblicazioni elencate nella bibliografia, alcune siano redatte in lingua straniera: la popolazione di queste valli, ed anche i Friulani, hanno una spiccata tendenza, e la necessitá li spinge, ad essere, a modo loro, poliglotti.
Questa Regione é popolata, nella stragrande maggioranza, da figli di emigranti o da emigranti temporanei, perció poliglotti.
La posizione geografica, poi, del Friuli, ha facilitato, anche in passato, il passaggio e l'occupazione del suo territorio, da parte delle popolazioni straniere confinanti, perció, conoscerne la lingua, era ed é talvolta, in determinate contingenze, l'unico modo per riuscire, comprendendosi, a sopravvivere.
Perció, grazie alla seppur modesta conoscenza che ho di diverse lingue, ho potuto capire e tradurre le opere straniere da me elencate. Ho frugato anche nelle vecchie carte del passato per scoprire l'origine benefica o malefica di certe attuali situazioni e di certi vecchi problemi della Vai Natisone, come:
Gli Archivi Capitolari di Udine, delle Curie di Udine e di Gorizia, di Cividale; del Monastero di S. Maria in Valle di Cividale; delle parrocchie di S. Pietro al Natisone; di S. Leonardo; di S. Maria di Drenchia; di S. Antonio di Lasiz; di S. Lorenzo di Buia.
Le Biblioteche della P.U.L.; dei Seminari di Udine, Gorizia, Lubiana, Klagenfurt; dell'A.S.L.; del Comune di Udine; del Circolo "Ivan Trinko" di Cividale e della Fam. Cracina di Campeglio.
Il Museo Nazionale di Cividale.
Non potevo trascurare le notizie colte dalla viva voce delle persone: dei giovani, degli anziani, dei pastori d'anime di oggi. Ho fatto, perció delle inchieste nella Parrocchia di S. Pietro al Natisone, di S. Leonardo in Vai Natisone e nella Parrocchia Friulana di S. Lorenzo di Buia ove ora mi trovo. Mi é stato utile anche tuffarmi, per interrogare, nel mondo studentesco di quelle Valli.
Ed ecco le inchieste presso l'Istituto Magistrale, Tecnico e Professionale delle Madri Orsoline di Cividale, frequentati da giovani delle Valli del Natisone e di altre localitá del Friuli, quindi mi sento veramente agevolato nel continuare il mio discorso.
Gli slavi della Val Natisone
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