Già da cinquant’anni
per i diritti degli sloveni all’estero
A Orbe in Svizzera è stato festeggiato il 50° di attività
dell’Unione emigranti sloveni
Sabato 26 maggio nel municipio di Orbe, in Svizzera,
sono stati festeggiati i cinquant’anni di attività dell’Unione
emigranti sloveni. Abbiamo chiesto al direttore, Renzo
Mattelig, di parlarci dell’attività e dell’importanza attuale
dell’Unione.
Perché è stata scelta Orbe per festeggiare il cinquantesimo
dell’organizzazione?
«L’Unione emigranti è nata ad Orbe cinquant’anni fa.
In quegli anni in Svizzera erano emigrati e lavoravano
migliaia di giovani e uomini provenienti dalla Slavia
friulana. L’Italia stava vivendo un periodo di crescita
economica, che però da noi non c’è stata. Da qui l’emigrazione,
l’unica scelta possibile per migliorare le condizioni
di vita. Probabilmente non è stato sempre facile
lavorare e vivere in Svizzera. Ma in quel Paese democratico
e multiculturale le nostre genti hanno capito
che parlare la propria lingua e coltivare la propria cultura non è vietato né inappropriato, ma è un diritto di
ogni persona ed è una ricchezza per l’intera comunità».
Chi ha istituito l’Unione?
«I membri del primo direttivo dell’Unione emigranti,
i primi ad avviarne l’operato in Svizzera e che oggi
purtroppo non sono più tra noi, erano: Marko Petrigh,
Silvio Feletig, Elio Vogrig, Dino Del Medico e Renzo del
Medico. La loro prima preoccupazione era unire gli sloveni
nel mondo, provenienti dalle Valli del Natisone, del
Torre e Resia; il loro secondo obiettivo era diffondere la
conoscenza sulla problematica degli emigranti della
Slavia friulana e sulla situazione critica in cui versavano
le nostre valli e la comunità slovena in Italia. A tal fine
ad Orbe iniziarono a pubblicare la rivista Emigrant. Si
prodigavano anche per la crescita economica e sociale
della terra natia».
Qual è il significato attuale dell’Unione emigranti
sloveni e quante associazioni affiliate conta?
«Ha 25 circoli associati. Ci sono anche tante famiglie,
che non ne fanno parte, dal momento che risiedono in
Paesi dove ci sono pochi sloveni. Nel complesso sono
quasi diecimila gli emigranti con i quali siamo in contatto.
L’Unione emigranti è nata quanto c’era un grande
esodo migratorio dalla Slavia friulana. Se consideriamo
la situazione attuale, per la mancanza di lavoro, i nostri
giovani devono seguire le orme dei nonni e genitori,
emigrando quindi all’estero. Il primo presidente dell’Unione
emigranti, Marco Petrigh, diceva che in assenza
di sviluppo economico nella Slavia friulana si sarebbe
estinta anche la comunità slovena. L’Unione emigranti
continua a prodigarsi per preservare l’identità slovena
nei giovani, figli e nipoti dei nostri emigranti, affinché
sia slovena una parte della loro identità multiculturale».
A fine anno con i rappresentanti degli sloveni nel
mondo, provenienti da quattro continenti, festeggerete
il 50° dell’Unione a Cividale. Attraverso quali
iniziative continuate a mantenere i contatti con
gli sloveni nel mondo?
«Ogni circolo ha il suo programma. Quando abbiamo
la possibilità, purtroppo ogni anno di meno a
causa della mancanza di finanziamenti, organizziamo
seminari per i giovani al fine di mantenere legami più
concreti con le nostre genti nel mondo. Nonostante i
giovani non parlino più lo sloveno, portano la loro lingua
e identità nel cuore; si sentono più sloveni di quelli
che vivono nella Slavia friulana. Credo che questo sia
dovuto sia all’educazione impartita dalle famiglie che
alla nostra Unione, che mantiene i contatti con loro».
Larissa Borghese
(Dom, 15. 5. 2018) da Slovit di maggio
http://www.dom.it/wp-content/uploads/2018/06/Slovit-mag2018-ok.pdf
INTERVISTA
RispondiElimina