Da sin.: Simona e Michelina Blasutig, Renata Capria D’Aronco e Marisa Loszach. |
L’OPINIONE
Il padre della lingua letteraria slovena e l’autrice di Savogna accomunati dalla stessa passione ideale
Quando nel luglio di dieci anni fa presentammo il secondo contributo letterario di Michelina Blasutig, il libro «An sviet besied… šenkanih – Un coro di parole » nella sala consigliare di Savogna – potremmo dire in casa dell’autrice –, si celebravano i 500 anni dalla nascita di uno dei fondatori della lingua slovena, Primož Trubar. Lui, da emigrante esiliato in Germania, elevò a rango letterario la lingua slovena, traducendovi – circa 460 anni fa – il Nuovo Testamento e parte dell’Antico.
Di lui si scrisse: «Njegov pravi duhovni dom je biu pri “ljubih Slovencih”, za katere je živel do svojega zadnjega diha. Težko bi še našli kak- šnega takega idealista, ki bi s tako duhovno energijo od daleč, iz tujine, s soncem besede, in s toplino srca obseval svoje rojake v domovini» (Dr. Zvone Štrubelj). In italiano suona così: «La sua prima casa, la sua patria, dove ha lasciato l’anima, era rimasta in mezzo alla propria gente, in mezzo agli amati sloveni, che non aveva mai dimenticato. Difficile trovare un idealista, il quale, con tale energia spirituale, con tanto affetto, da lontano, da un paese non suo, illumini, riscaldi col sole della parola, la propria gente, coloro che hanno avuto la fortuna di rimanere a casa».
Ovviamente non voglio porre Michelina Lukcova sul piano di Trubar, ma ho trovato nelle parole attribui- tegli da Štrubelj la stessa passione ideale ed affettiva nell’ottica di un piccolo popolo che cerca di preservare la propria identità etnolinguistica nel marasma della globalizzazione odierna.Al di là delle diverse motivazioni che hanno spinto entrambi ad una specie di esilio volontario – l’uno per sfuggire alla persecuzione ed all’arresto, l’altra per seguire «l’amore della sua vita» – anche Michelina ha manifestato coi suoi scritti quel profondissimo legame che li avvince al paese natio, alla propria gente, alla sua lingua, alla sua cultura, alle indimenticabili esperienze del vissuto quotidiano negli anni giovanili. E questa passione, per entrambi, si è tradotta nel bisogno di ripensare, di tradurre in parole, di scrivere, di sollecitare, di proporre, di rivitalizzare.
Sabato, 8 ottobre, ha presentato a Savogna il frutto della sua terza fatica letteraria con il volumetto «Oku oku okuole - Un girotondo di racconti e giochi». Un segno, come un testamento, una spinta a voler conservare con la memoria l’anima di questo piccolo popolo nel centro dell’Europa. Al di là di ogni possibile valutazione dell’opera, essa propone un mondo da rivivere, da rivalutare, da riscoprire nella sua ricchezza di valori morali, religiosi e civili. Un altro piccolo «dono» simbolico alla sua gente, a quella con cui ha condiviso fatti, emozioni, avventure soprattutto a chi è in grado di comprendere il senso di quelle parole, il linguaggio con cui sono scritte, e quindi di rivivere quel mondo assieme a lei nel ricordo, perché torni a vibrare nell’anima. «U tisto zemjo, tuk ti šele hodiš, šelè živiš, ti, podkopaš tuoj izik?/In quel suolo su cui ancora cammini, su cui ancora vivi, tu sotterrerai la tua lingua?».
«Solo chi “questa” terra ha esperimentato, ne può sentire l’odore o la puzza, il calore o il gelo, l’accoglienza o il rifiuto», ebbe a dire Michelina. Essa non entra e non vuole entrare nelle diatribe che minano il senso delle cose, che stravolgono i valori di oltre un millennio di vita di una popolazione unica ed irripetibile con la sua lingua e la sua cultura. Gente di confine, ma non rinchiusa in esso: la Slavia, la Benečija.
«Mikelina, ti si ku na lastuca, ki usako lieto se urača u sojo gniezdo/Sei come una rondine che ritorna al suo nido», rondine simbolo della libertà di spirito, della rinascita e quindi della speranza. Michelina ha interpretato quel rammarico e quella nostalgia e li ha tradotti in parole; parole che evocano immagini, che ravvivano i ricordi; parole che danno un senso profondo alla vita modesta e dignitosa della gente della Slavia, di quando «smo bli buoz judje/di quando eravamo povera gente!». Povertà materiale sì, ma di una ricchezza umana, cristiana e sociale sublimi, piena di buon senso, di solidarietà, di una forte tensione di riscatto ed apertura al nuovo.
Nel suo primo libro «Ne samuo spomini/Non solo ricordi», uscito nel 1995, nel municipio di Savogna era stato il prof. Perini, dell’Università di Udine, a esprimere il plauso alla raccolta poetica di Michelina e il suo apprezzamento può essere esteso alla sua ultima opera: «L’assieme si presenta come uno sciame di ricordi, ritmato da diverse presenze, da diverse voci, da diversi momenti del vivere, tutti incentrati sulla sua terra natia. La vita del suo paese, rievocata tra le immagini vive del passato, l’impatto rude del presente e la visione preoccupata, ma non senza speranza per l’avvenire, si sviluppa attorno diversi poli: il mondo dell’infanzia e della scuola, le tradizioni religiose, la vita di famiglia, il filone intimistico, l’emigrazione, l’impegno e la solidarietà umana; il richiamo alla riscoperta dei valori di sempre come l’amicizia, il legame sociale del fare le cose insieme, l’eroismo delle mamme, la pazienza e l’attesa, in relazione alla fretta ed al cinismo del vivere odierno. (…) Nel suo lavoro ritroviamo una felice capacità di innalzare ad espressione artistica il parlare del luogo, quello di tutti giorni». È un forte richiamo alla genuinità, al valore delle picole cose. Molti potrebbero scrivere magari più e meglio di Michelina Lukcova, è vero. Potrebbero, ma non lo fanno. Lei sì. Ed è qui il suo valore.
Riccardo Ruttar
dal Dom del 15 ottobre 2018
Primož Trubar e Michelina Lukcova
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