Per me la Velika nuoč, la Grande notte – così chiamiamo noi sloveni la Pasqua – ricrea particolari ricordi ed emozioni straordinari, che coinvolgono globalmente il senso della vita individuale e comunitaria della mia infanzia. Un mondo ricoRdi usanze tradizionali, che legavano in un tutt’uno le celebrazioni liturgiche con il più alto valore della festa concreta, segnata dal risveglio, non solo della natura in primavera, ma simbolicamente delle campane, della gioia dopo la lunga Quaresima vissuta con seria devozione. Pasqua di resurrezione, dunque, intesa in ogni possibile senso, non solo religioso, ma coinvolgente in uno slancio di rinascita di fede, speranza e carità.
Ricordo come la preparazione alle celebrazioni pasquali portava con sé un particolare fermento quando si riordinavano, si ripulivano, si davano un nuovo lustro le case dentro e fuori, venivano spazzate le aie, i cortili, i viottoli e le stradine tra le case. Allora la maggioranza delle chiese della Benečija aveva il parroco o il cappellano e le stesse erano essenziali punti di riferimento. A Pasqua da Cravero/Kravar si poteva udire l’annuncio dell’Alleluia dai campanili della vallata dell’Erbezzo/Arbeč. Il più vicino, da S. Paolo di Stregna/Sriednje, riempiva la vallata; da S. Abramo, chiesetta all’estremo del piccolo altipiano di Altana/Utana si aggiungeva il saluto. E così da S. Maria Maddalena di Oblizza/Oblica, e col vento favorevole spirante a ovest, giungevano i rintocchi dalla parrocchiale di Tribil Superiore/ Gorenj Tarbij, dedicata a S. Giovanni Battista; e se il vento risaliva la valle, portava con sé il ritmo sonoro delle campane della chiesa storicamente più importante, quella di S. Leonardo/Sv. Lienart. Oggi può essere difficile immaginare quell’armonia tra uomo, natura e trascendenza, così come ricreare mentalmente il paesaggio, l’ambiente, la vitalità, la laboriosità diffusa sui versanti montuosi ripuliti come giardini, che nel risveglio primaverile si riempivano di grandi punti bianchi per la fioritura degli alberi da frutto.
Quanto bisogno di rinascita, di resurrezione, di vitalità, di virtù teologali, – non solo di sviluppo sociale ed economico – abbiano bisogno le vallate del Natisone appare già dal silenzio, ad iniziare da quello delle campane, come se fossimo in un perenne Venerdì santo. A me rimangono rimpianto, nostalgia… e qualche residuo di speranza.
Cara Olga, questo post risveglia in noi ciò che abbiamo imparato, oggi non è più così i giovani non lo sanno veramente come tutto si è avverato!
RispondiEliminaCiao e buona Pasqua con un forte abbraccio e un sorriso:-)
Tomaso
Altrettanto a te e famiglia,caro Tomaso!
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