2 lug 2014

Shaurli: una nuova politica linguistica
Evropska pot za manjšine

Shaurli webIl Friuli Venezia Gilia è entrato nella rete europea delle minoranze linguistiche «Network to promote linguistic diversity» (Npdl). Cosa significa questa adesione? Lo abbiamo chiesto a Cristiano Shaurli, capogruppo del Pd in Consiglio regionale, che a Leeuwarden (Olanda) ha partecipato all’assemblea in cui la nostra Regione è stata accolta nella realtà europea più dinamica e avanzata nella promozione delle lingue diverse da quelle maggioritarie negli Stati.
«Si tratta di un importantissimo segnale sia dal punto di vista politico, sia sotto il profilo pratico – ha risposto Shaurli –. Per una volta mi sembra più importante l’aspetto politico, anche perché c’è da chiedersi come mai una Regione come la nostra, crocevia delle tre più grandi culture europee, non abbia mai pensato di valorizzare la propria collocazione geografica nonché il proprio patrimonio identitario e linguistico anche attraverso queste reti europee, che rendono le minoranze parte attiva dell’Europa».
Il dato pratico, invece, qual è?
«Stiamo parlando di un organismo con membri assolutamente autorevoli. Paesi Baschi, Catalogna, Galizia, Scozia,
Galles, Frisia… sono realtà molto importanti, che attraverso questa rete riescono a trovare canali di finanziamento europeo per valorizzare le proprie identità. Mi ha colpito il fatto che Leeuwarden, la città dove ci siamo riuniti, capoluogo della Frisia, 80 mila abitanti, molto più piccola di Udine, è capitale europea della cultura 2018 proprio grazie al tema delle minoranze».
Sei anni fa l’allora presidente regionale Renzo Tondo aveva lanciato l’idea di Udine centro delle minoranze linguistiche europee. Non se n’è fatto niente. Perché?
«Tondo aveva annunciato l’impegno di portare qui la sede dell’Agenzia europea per le lingue minoritarie. L’ambizione era ed è legittima, ma non è possibile pensare di raggiungere l’obiettivo senza discuterne con catalani, baschi, bretoni… In cinque anni non è stato fatto niente in quella direzione. Entrare nel Npdl è finalmente un atto concreto e quindi possiamo riproporre l’ambizione».
In Spagna la repressione franchista delle minoranze linguistiche è stata terribile. Ma in un paio di decenni si è recuperato molto, mentre da noi il processo di assimilazione non si è mai davvero invertito…
«A Leeuwarden ho sentito direttamente l’intervento del responsabile linguistico dei Paesi Baschi. Vent’anni fa parlava in euskera, in basco, il 20 per cento della popolazione, mentre ora sono al 44 per cento e la crescita è dovuta tutta ai giovani. La sfida sta, dunque, nell’insegnamento bilingue nelle scuole e nel ridare status alla lingua».
Come farlo in Friuli Venezia Giulia?
«Da noi abbiamo alcune realtà che sono state per tanto tempo vissute come minoranze nazionali nel nostro Paese, quindi prima si è tentata la loro assimilazione, quindi c’è stato il riconoscimento senza tenere conto che si tratta di minoranze linguistiche a tutti gli effetti. Da parte sua, il friulano, parlato ancora da tantissimi, nel dopoguerra ha perso in prestigio ed è diventato davvero una lingua rurale. Uno come me, quando da Faedis si recava a Udine per studiare, si vergognava di parlarla. In Spagna e altrove hanno fatto un grande lavoro, oltre che sull’insegnamento, sul recupero dello status della lingua, promuovendola come vantaggio e orgoglio. Mi ha impressionato lo spot con protagonisti famosi calciatori baschi, che nello spogliatoio parlano di tutto in euskera. Lì i massimi esponenti dello sport, della cultura e dello spettacolo non si vergognano di parlare la lingua locale e ciò ha grande presa sull’opinione pubblica».
E c’è un uso pubblico diffuso della lingua. Addirittura i bancomat hanno tra le opzioni linguistiche anche catalano, galiziano e basco.
«Con le nuove tecnologie fare questo non è difficile. Ma da noi ci vuole un salto culturale, all’interno di tutte le forze politiche, per superare la fase folcloristica o l’attegiamento del Ciriani di turno che considera spreco di denaro il cartello bilingue. La strada da fare è davvero tanta. Abbiamo bisogno di un grande investimento culturale e politico sul nostro patrimonio linguistico e identitario. Questo anche perché in passasto l’abbiamo giocato come elemento di chiusura anziché di apertura».
V deželi Furlaniji Julijski krajini kakor v cieli Italiji je trieba spremeniti parstop do problematike jezikovnih manjšin. Politika se muore končno otresti folklorističnega odnosa in dati lokalne jezike v pravo luč, se pravi ku bogatijo, ki lahko darži naše ljudi in naš teritorji na poti, po kateri donašnji dan hodita Evropa in cieli sviet. »Nova odpartost do manjšin je potriebna v vsieh političnih silah,« je v pogovoru za Dom poviedu načelnik deželne svetovalske skupine PD, Cristiano Shaurli, ob varnitvi iz skupščine, ki je sparjela tudi Furlanijo julijsko krajino v Network to promote linguistic diversity, se pravi v evropsko mrie-žo dežel, ki imajo posebne jezike. Pri Baskih, Kataloncih, Galicijanih, Frizcih, Škotih in drugih po Evropi smo priča velikega uspeha. Učenje in vsakdanje nucanje lokalnega jezika močnuo raste, še posebno par mladih. Škoda tuole se na gaja par nas. »Potriebno je dvojezično šuolanje in dielo, de bi slovenski, furlanski ter niemški jezik spet pardobili ugled, ki jim ga je uzela  asimilacijska politika,« pravi Shaurli. V Benečiji je stanje še posebno huduo, kakor je pokazala kampanja za kamunske volitve, v kateri je teklo obiuno strupa pruoti slovenskemu jeziku. Pa Shaurli opozarja: »Šindiki muorejo lepuo imieti v pameti, de so pravice Slovencu priznane in nie poti nazaj. Ako bojo dielali pruoti slovenski manjšini, se bojo pokazali pruoti zgodovini in bojo odgovorni za smart svojega teritorija.«http://www.dom.it/shaurli-nuova-politica-linguistica_evropska-pot-za-manjsine/

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