Le lingue dei luoghi. Toponomastica e comunità
linguistiche in Friuli Venezia Giulia
Convegno organizzato dall’Istituto di ricerca sloveno-Slori
In una regione plurilingue la toponomastica plurilingue,
sia di carattere pubblico che privato, e cioè il
bilinguismo visibile, dovrebbe essere un fatto normale
e non eccezionale. Le scritte sui cartelli stradali, sugli annunci
e tutto ciò che è parte integrante del paesaggio
linguistico, dimostrano l’uso della lingua in pubblico,
ne esprimono lo status e testimoniano del rapporto tra
lingua maggioritaria e minoritaria; d’altro canto rappresentano
anche una delle strategie della politica linguistica
e un’occasione per l’apprendimento di una lingua.
La toponomastica è infatti un importante segnale di
presenza di una comunità, un atto di riconoscimento
nei suoi confronti e nel contempo racconta la storia dei
luoghi che denomina. È quanto è emerso dal simposio
«Le lingue dei luoghi. Toponomastica e comunità linguistiche
in Friuli Venezia Giulia», che è stato organizzato
dall’Istituto di ricerca sloveno-Slori e dalla Società
filologica friulana in collaborazione con la Provincia di
Gorizia e i suoi consolati per la lingua slovena e friulana.
Il convegno si è articolato in due sessioni. La prima è
stata dedicata alla presentazione di alcune recenti ricerche volte a determinare la visibilità del friulano e dello
sloveno nella toponomastica e più in generale nel paesaggio
linguistico del Friuli Venezia Giulia. Le evidenze
empiriche hanno fatto da preludio alla tavola rotonda,
nella seconda sessione, con lo scopo di verificare lo stato
dell’arte, le criticità e le prospettive rispetto all’applicazione
del pluralismo linguistico nella toponomastica
oltre che nella sfera pubblica visiva del territorio regionale.
Ai saluti introduttivi, a nome degli organizzatori, da
parte di Federica Vicario, Milan Bufon, Fabio Vizintin,
Renzo Medeossi e di William Cisilino dall’Agenzia regionale
per la lingua friulana, Maja Mezgec ha presentato
gli esiti principali dello studio condotto dallo Slori sul
«paesaggio linguistico nel territorio di insediamento
della comunità slovena nel Friuli Venezia Giulia». Ne è
emerso che il paesaggio linguistico nei luoghi presi in
esame è prevalentemente monolingue (quasi 84% di
scritte monolingui), il che è anche la conseguenza della
decennale politica linguistica condotta dall’Italia anche
se attualmente, dal momento che lo prevedono le
leggi, proprio le amministrazioni pubbliche sono le più
costanti nell’uso di cartelli bilingui. Su 4 mila scritte lo
sloveno è presente nel 9,2% del materiale complessivo
e cioè nel 53,2% delle scritte plurilingui. La sua assenza
è evidente soprattutto nei centri urbani e sulle scritte di
carattere privato.
Mezgec ha sottolineato la necessità di sensibilizzare sull’argomento soprattutto gli operatori economici, affinché facciano uso della lingua slovena, dal momento che proprio i questo settore si registra il più grande ammanco. Sulla stessa linea l’intervento di Franco Finco, che ha presentato il censimento sulla «Segnaletica in lingua friulana: i risultati del progetto Mappatura toponomastica» che ha eseguito sulla toponomastica in 177 comuni, nei quali risiede la comunità friulana. Ha raccolto oltre 5000 fotografie e ha rilevato che in 130 comuni vi sono anche scritte in lingua friulana, la maggior parte riguarda i cartelli con il nome del luogo o del comune. In determinati casi al friulano standard è stata preferita la variante locale, in altri non è stata considerata la modalità di trascrizione della lingua prevista dalla legge. La prima parte del simposio, che è stato moderato da Giovanni Frau, è stata conclusa da Andrea Scala, che ha curato la pubblicazione degli atti del convegno «Nomi, luoghi, identità. Toponomastica e politiche linguistiche» in cui sono pubblicati i contributi della tavola rotonda sulla toponomastica e politica linguistica, che anni fa è stata organizzata a Cividale e in cui sono emersi alcuni esempi da varie parti d’Europa. Il convegno è stato anche l’occasione per verificare l’attuazione del plurilinguismo nella toponomastica e nelle scritte nei posti pubblici in regione. Ne hanno parlato l’assessore regionale alla Cultura, Gianni Torrenti, la vicepresidente della Provincia di Gorizia, Mara Černic, il presidente dell’Assemblea della comunità linguistica friulana, Diego Navarria, e la presidente del Comitato istituzionale paritetico per la minoranza slovena, Ksenija Dobrila. Gli interlocutori hanno riconosciuto che gli ostacoli e i ritardi nell’affissione delle scritte plurilingui sono soprattutto di natura ideologica, ovvero conseguenza dei pregiudizi e di un approccio sbagliato alla questione, come dimostrano anche le difficoltà con gli statuti delle Unioni territoriali intercomunali. La specialità e il plurilinguismo della nostra regione dovrebbero, invece, trovare espressione a prescindere dalle norme di legge, dal momento che rappresentano un valore aggiunto e un’occasione non solo sul piano culturale, ma anche economico. Quali esempi di buona prassi sono stati citati la Provincia di Gorizia e il Comune di Ronchi dei Legionari. Le difficoltà emergono, invece, soprattutto con alcuni concessionari per la gestione dei servizi pubblici, quali le Poste, le ferrovie, le aziende Anas e Fvg strade. T.G./N.M. (Primoski dnevnik, 12. 3. 2016)
http://www.dom.it/wp-content/uploads/2016/04/SLOVIT-MARZO-OK.pdf
Mezgec ha sottolineato la necessità di sensibilizzare sull’argomento soprattutto gli operatori economici, affinché facciano uso della lingua slovena, dal momento che proprio i questo settore si registra il più grande ammanco. Sulla stessa linea l’intervento di Franco Finco, che ha presentato il censimento sulla «Segnaletica in lingua friulana: i risultati del progetto Mappatura toponomastica» che ha eseguito sulla toponomastica in 177 comuni, nei quali risiede la comunità friulana. Ha raccolto oltre 5000 fotografie e ha rilevato che in 130 comuni vi sono anche scritte in lingua friulana, la maggior parte riguarda i cartelli con il nome del luogo o del comune. In determinati casi al friulano standard è stata preferita la variante locale, in altri non è stata considerata la modalità di trascrizione della lingua prevista dalla legge. La prima parte del simposio, che è stato moderato da Giovanni Frau, è stata conclusa da Andrea Scala, che ha curato la pubblicazione degli atti del convegno «Nomi, luoghi, identità. Toponomastica e politiche linguistiche» in cui sono pubblicati i contributi della tavola rotonda sulla toponomastica e politica linguistica, che anni fa è stata organizzata a Cividale e in cui sono emersi alcuni esempi da varie parti d’Europa. Il convegno è stato anche l’occasione per verificare l’attuazione del plurilinguismo nella toponomastica e nelle scritte nei posti pubblici in regione. Ne hanno parlato l’assessore regionale alla Cultura, Gianni Torrenti, la vicepresidente della Provincia di Gorizia, Mara Černic, il presidente dell’Assemblea della comunità linguistica friulana, Diego Navarria, e la presidente del Comitato istituzionale paritetico per la minoranza slovena, Ksenija Dobrila. Gli interlocutori hanno riconosciuto che gli ostacoli e i ritardi nell’affissione delle scritte plurilingui sono soprattutto di natura ideologica, ovvero conseguenza dei pregiudizi e di un approccio sbagliato alla questione, come dimostrano anche le difficoltà con gli statuti delle Unioni territoriali intercomunali. La specialità e il plurilinguismo della nostra regione dovrebbero, invece, trovare espressione a prescindere dalle norme di legge, dal momento che rappresentano un valore aggiunto e un’occasione non solo sul piano culturale, ma anche economico. Quali esempi di buona prassi sono stati citati la Provincia di Gorizia e il Comune di Ronchi dei Legionari. Le difficoltà emergono, invece, soprattutto con alcuni concessionari per la gestione dei servizi pubblici, quali le Poste, le ferrovie, le aziende Anas e Fvg strade. T.G./N.M. (Primoski dnevnik, 12. 3. 2016)
http://www.dom.it/wp-content/uploads/2016/04/SLOVIT-MARZO-OK.pdf
Le lingue dei luoghi
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