20 giu 2017

Per tornare a Resia serve lavoro

da wikipedia 
Nel mondo, Resia è conosciuta per il proprio patrimonio naturale e culturale e soprattutto per le sue peculiari usanze, tra cui la danza. In particolar modo tra i linguisti è conosciuta anche per la variante dialettale dello sloveno lì parlata. A Prato di Resia/Ravanca abita Mara Paletti Bertulawa. Ha 42 anni e fino al 1996 ha vissuto a Tarvisio/Trbiž, dove ha frequentato le scuole e iniziato a lavorare nel settore del commercio. Il suo attaccamento a Resia è sempre stato forte. Fin dalla sua infanzia con la sua famiglia vi ha fatto rientro ogni fine settimana e, pur non avendo molti legami in valle, ha sempre preferito stare lì. Nella valle ai piedi del Canin oggi è attiva in più ambiti, tra l’altro anche come consigliere di minoranza al Comune di Resia.
Lavora in ambito culturale e a contatto coi turisti. L’interesse per il patrimonio culturale della Val Resia è forte?
«Da dicembre 2016 lavoro presso il Museo dell’Arrotino a Stolvizza. Mi sono avvicinata a questa realtà culturale, che si occupa di preservare e trasmettere alle future generazioni questo mestiere tipico della Val Resia, nell’estate del 2015, garantendo le aperture del Museo il sabato e la domenica nel periodo estivo. Ho ripetuto l’esperienza anche l’estate successiva, ricoprendo anche il per me nuovo ruolo di segretaria all’interno dell’Associazione Arrotini, il C.A.M.A. (Comitato Associativo Monumento all’Arrotino). Sono a contatto con molti turisti di varia provenienza, italiani, sloveni e austriaci. La maggior parte di essi è interessata al dialetto resiano e si chiede se si parli ancora o meno; tanti chiedono di sentire qualche parola in resiano. Molto interesse è rivolto anche alla danza».
Stando ai dati ufficiali, Resia conta poco più di 1000 abitanti. Quali opportunità offre e quali problematiche presenta?
«Vivo in una valle meravigliosa, con un ricco patrimonio culturale, un ambiente pressoché incontaminato, dove si possono fare delle bellissime escursioni. A Stolvizza/Solbica è attiva un’associazione che si occupa di mantenere puliti e ben segnalati con apposite tabelle vari sentieri. A Prato c’è la sede del Parco delle Prealpi Giulie con il centro visite e gli allestimenti espositivi, che invitano a visitare e conoscere l’area protetta. Lì vengono, inoltre, proposti laboratori didattici, rivolti in particolare alle scolaresche in visita. Abbiamo un plesso scolastico costituito da scuola dell’infanzia, scuola primaria e scuola secondaria di primo grado, che permette ai bambini di frequentare le scuole a Resia. Da quest’anno è stata aperta anche una Sezione primavera, con bimbi dai 24 ai 36 mesi e questo ci fa ben sperare per il futuro. Le problematiche più rilevanti sono perlopiù legate alla mancanza di posti di lavoro in valle».
Che rapporto hanno le giovani generazioni col patrimonio culturale locale?
«Abbiamo il Gruppo Folkloristico Val Resia, di cui ho fatto parte per molti anni, che è nato ufficialmente nel 1838 ed è costituito per la maggior parte da giovani; la Pro Loco con un direttivo giovane tutto al femminile e altre associazioni attive in valle che si occupano di mantenere vive le nostre tradizioni, composte in prevalenza da giovani».
I giovani parlano il dialetto sloveno resiano?
«Quelli della mia età parlano ancora in resiano, soprattutto se hanno entrambi i genitori resiani. I giovani capiscono il resiano, però parlano in italiano. Ma molte delle loro famiglie sono composte da un genitore che non è di Resia, come nel mio caso».
E Lei lo parla?
«Lo capisco tutto, cerco di parlarlo ora che sono più a contatto con persone locali che parlano in resiano, soprattutto anziani, anche se mi viene più spontaneo parlare l’italiano. Vede, mio padre è di Resia e mia mamma è carnica; ho imparato prima il friulano. Avendo vissuto e lavorato maggiormente fuori valle, ho sempre parlato in italiano».
Nella vita quotidiana; in chiesa; in comune; a scuola: quanto è parlato e presente il resiano?
«In chiesa a Prato la domenica viene letto il Vangelo anche in resiano e vengono eseguiti, inoltre, canti in resiano, soprattutto durante le celebrazioni nella frazione di Stolvizza. In comune il funzionario addetto si rivolge ai cittadini in resiano. Il resiano è insegnato anche a scuola. Nella vita quotidiana tutti gli anziani quando mi incontrano mi parlano in resiano, anche se io gli rispondo in italiano. Nei punti di aggregazione più frequentati, come al bar, si sente parlare in resiano e anche qualche associazione attiva in valle cerca di improntare l’incontro in dialetto, naturalmente se tutti i soci presenti lo capiscono».
Salvo rarissime eccezioni, la quasi totalità dei linguisti colloca il resiano nell’ambito del sistema dialettale dello sloveno. Come si pone Lei rispetto alla »questione linguistica«?
«Sono d’accordo con i linguisti, che collocano il resiano nel sistema dialettale sloveno».
E come viene percepita dagli abitanti della Val Resia?
«C’è una buona parte di abitanti che sono d’accordo e una parte che chiaramente non lo è».
Per rivitalizzare il dialetto locale e per maggiori contatti con la Slovenia – sarebbe utile imparare lo sloveno standard?
«Parlare più lingue a mio parere è un arricchimento, certamente per avere maggiori contatti con la vicina Slovenia è utilissimo. Anche per chi lavora in ambito turistico è utile sapere parlare le lingue dei paesi confinanti. Per rivitalizzarlo – non saprei, secondo me bisogna insistere soprattutto affinché si parli in famiglia, in modo che non vada perduto».
Secondo Lei cosa potrebbe portare a un recupero dell’uso attivo del dialetto resiano nelle famiglie?
«Parlarlo fin da bambini, prima di tutto. Poi insegnarlo nelle scuole e, forse, creare delle occasioni comuni per parlarlo insieme – finché ci sono le persone che lo parlano correttamente».
Quali prospettive vede affinché i giovani restino o tornino in Val Resia?
«Di prospettive al momento non ne vedo molte. Certamente, se si creassero posti di lavoro in valle, magari sviluppando il settore turistico, qualcuno ritornerebbe a vivere a Resia».

3 commenti:

  1. Cara Olga, quanti paesi nei monti sia nelle Alpi oppure negli Appennini, solo il lavoro potrebbe nuovamente dare un avvenire.
    Ciao e buona giornata con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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