15 lug 2017

Tratteniamo i giovani e l’identità

Nel comune di Taipana/Tipana, coi suoi paesi di montagna, risiedono oggigiorno 600 anime. Circa cinquant’anni fa di anime il comune ne contava oltre 2.000. Proprio come in molti altri comuni montani del Friuli Venezia Giulia, prima gli abitanti hanno iniziato a partire spinti dalla necessità; il successivo duro colpo alla densità abitativa del territorio è stato inferto dal terremoto del Friuli del 1976 e dalle sue conseguenze. Anche qui i paesi riprendono vita soprattutto nei mesi estivi, quando gli emigranti ritornano alle case d’origine.
Proprio nel paese di Taipana abita Marjan Pascolo, che a 23 anni dispone di un diploma da perito elettronico e di una laurea in informatica. Attualmente lavora come programmatore in un’azienda che ha sede nel comune di Tarcento.
Dopo le recenti elezioni amministrative, che anche a Taipana/Tipana si sono svolte l’11 giugno, è stato eletto consigliere comunale di maggioranza nell’amministrazione del neosindaco Alan Cecutti. Già da qualche tempo è insolito che un giovane si avvicini alla politica attiva. Quali motivi la hanno spinta a farlo?
«I motivi che mi hanno spinto a farlo sono stati l’amore per il territorio in cui sono nato e cresciuto e il cercare di dare un contributo per poterlo migliorare nel campo tecnologico e delle telecomunicazioni, punto dolente, purtroppo, di tutte le zone montane».
È attivo anche nel mondo associazionistico locale; ad esempio canta nel coro «Naše vasi». Quale ruolo giocano, secondo Lei, i circoli locali nel mantenimento della cultura locale?
«Potenzialmente il ruolo dei circoli culturali nel mantenimento della cultura locale è molto importante, perché permette a chi è affascinato e interessato alle proprie tradizioni di conoscerle, approfondirle e diventarne anche, in qualche modo, parte. Però, senza un interessamento generale da parte della popolazione più giovane alla propria storia, l’attività dei circoli rischia di diventare, in futuro, una cosa di nicchia, perdendo quindi la funzione di mantenimento».
In che misura e come si parla ancora lo sloveno nel comune di Taipana?
«Nel comune di Taipana, il dialetto sloveno viene tuttora utilizzato dalle persone più anziane come idioma principale per parlare tra di loro. Tra le persone di mezza età, invece, in occasioni pubbliche viene utilizzato l’italiano, ma in rare occasioni è possibile assistere anche a qualche discorso in dialetto. Mentre nelle generazioni più giovani, come la mia, diventa difficile trovare persone in grado di capire il dialetto».
I giovani lo parlano ancora?
«Purtroppo i giovani non parlano dialetto, perché non sono abituati a farlo. In compenso alcuni sono ancora in grado di capire bene un discorso fatto in dialetto».
E Lei?
«Io purtroppo rientro nella categoria del “lo capisco ma non lo parlo”, anche se ultimamente sto cercando di esercitarmi a parlarlo, per migliorare la mia conoscenza».
In Comune, in chiesa, al bar, per le vie del paese… Lo sloveno è ancora usato in pubblico?
«Lo sloveno è in uso al bar e nelle vie del paese, ma solo dalle fasce più anziane della popolazione».
Quali attività potrebbero, secondo Lei, contribuire alla trasmissione del dialetto sloveno locale alle generazioni più giovani?
«Il dialetto, purtroppo, è un qualcosa che si impara partendo dal contesto familiare, ed arrivando, in seguito, anche al contesto paesano. Mancando entrambi i fattori, viene meno la trasmissione della lingua alle nuove generazioni nel contesto familiare e di paese. Dal punto di vista dell’istruzione, considerando la località e la particolarità di un dialetto, per insegnarlo nelle scuole occorrono insegnanti autoctoni, che spesso è difficile trovare, e in grado di insegnare, da un punto di vista “scolastico”, una variante linguistica che non possiede regole scritte. Però, dal punto di vista del mantenimento di un’identità culturale sul territorio nelle nuove generazioni, ritengo che anche l’insegnamento della lingua slovena standard sia un mezzo efficace, anche per poter rompere finalmente questo polveroso tabù che lega lo sloveno a un particolare schieramento politico».
A scuola ha avuto la possibilità di imparare a leggere e a scrivere in sloveno o in dialetto sloveno?
«Sì, alle elementari ho avuto la fortuna di ricevere l’insegnamento della lingua slovena per un paio d’anni – seppur poco approfondito per il piccolo numero di ore e visto il breve periodo».
Secondo lei insegnare lo sloveno nella scuola locale è importante?
«Sì, ritengo che insegnare la lingua slovena nella scuola sia determinante per poter mantenere la nostra identità slovena e le nostre radici, che si stanno perdendo – e in alcuni casi addirittura disprezzando – in queste ultime generazioni. Ma ancora prima bisogna far capire che parlare una lingua in più, in particolare quella dei propri avi, non significa schierarsi politicamente o essere diversi dagli altri che non la parlano».
Molti giovani provenienti dai comuni montani al confine con la Slovenia si trasferiscono altrove, alla ricerca di migliori occasioni di lavoro e di vita. In quali ambiti bisognerebbe, secondo Lei, investire per mantenerli sul territorio?
«Purtroppo il problema dello spopolamento è un problema che coinvolge tutte le aree montane, non solo la nostra. La gente, nel corso dei secoli, si è sempre spostata da un posto all’altro alla ricerca di condizioni di vita migliori, e così, questi giovani abbandonano i loro paesi d’origine alla ricerca di condizioni di vita più agiate, come ad esempio avere una casa vicina al posto di lavoro oppure poter ricevere un maggior numero di servizi a casa e di migliore qualità. Per mantenere questi giovani sul territorio occorre, quindi, investire in questa direzione, ovvero: migliorare la viabilità, permettere lo sviluppo di attività produttive nelle nostre vallate o nelle immediate vicinanze e aumentare la copertura dei servizi sul nostro territorio, di cui diventa, invece, sempre più sprovvisto».

3 commenti:

  1. Tratteniamo i giovani e l’identità

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  2. E' vero che l'emigrazione ha impoverito di anime il tuo territorio, oltre alle due guerre mondiali. Mi ricordo il terremoto del 1976 perché lo ho risentito anche io a Mestre. Forse ti verrà da ridere ma è stata l'unica volta della mia vita che, avendo in braccio mio figlio, sono riuscito a saltare oltre il tavolino basso del salone ed arrivare in strada in 30 secondi con alle coste la mia prima moglie. Torniamo sul blog: auguro a Marjan di raggiungere tutti i suoi obiettivi senza farsi intimidire dagli elefanti della politica e di poter far sviluppare la pratica dei dialetti anche se, in qualche caso, si potrebbe parlare di lingue. Buona domenica.

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  3. Grazie della visita e buona domenica.

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