LA RICORRENZA
Dieci anni fa furono tolti i controlli tra Italia e Slovenia.
Gli amministratori locali tracciano il bilancio Nella notte tra il 20 e il 21 dicembre di dieci anni fa le sbarre ai confini tra Italia e Slovenia si sono alzate un’ultima volta, per non chiudersi più. Da allora, lì le forze dell’ordine italiane e slovene non hanno più fermato automobili o controllato documenti e la gente si è spostata liberamente. Come a Gorizia e Trieste, anche nelle zone dell’ex provincia di Udine al confine con la Slovenia e nelle valli oltreconfine questo momento è stato atteso a lungo – dalla fine della seconda guerra mondiale. Con l’ingresso della Slovenia nell’area Schengen sono caduti 280 chilometri di confine che erano stati simbolo della cortina di ferro e della guerra fredda. Passati dieci anni, cosa è cambiato? E dopo le feste di allora e l’euforia generale, quali aspettative si sono realizzate? Di questo abbiamo parlato con alcuni sindaci dei comuni della fascia transfrontaliera dell’ex provincia di Udine. Per il sindaco di Tarvisio-Trbiž, Renzo Zanette, la caduta dei confini ha incentivato una collaborazione iniziata già tempo prima con eventi all’insegna dell’amicizia transfrontaliera: «Il venir meno dei confini ha provocato delle problematiche economiche, ma la collaborazione va aumentando insieme al confronto. Specie con Kranjska Gora e Bovec ora stiamo cooperando a progetti europei, in ambito sportivo, culturale, di protezione civile. L’assenza di confini ci porterà anche a lavorare in area vasta insieme agli amici di Arnoldstein». Per il futuro, Zanette rimanda al progetto d’istituzione di una scuola plurilingue: «Con una scuola del genere potremmo far sì che le nuove generazioni possano comunicare ancora meglio coi vicini». Diverse le considerazioni più a sud, in Val Cornappo. Il sindaco di Taipana-Tipana, Alan Cecutti, è convinto che si sia aspettato troppo nel proporre progetti concreti sulla fascia confinaria. «Dieci anni fa ci aspettavamo molto di più», osserva Cecutti, che evidenzia le diversità tra le due aree: «Sul lato sloveno le piccole frazioni sono abitate e c’è una visibilità di futuro, mentre sul nostro lato dagli anni del terremoto la popolazione è stata trascinata verso valle, senza creare opportunità di lavoro in loco». A Taipana alcune vie d’uscita sono state individuate all’incontro tra sindaci e amministratori dell’area transfrontaliera italiana di fine novembre. «Un’agevolazione potrebbe consistere nel defiscalizzare le aree. Ma serve un sostegno anche da parte degli enti sovracomunali e della Regione, che conosce le difficoltà dei comuni nello sviluppare la linea dei finanziamenti europei», nota Cecutti. Più positivo è il bilancio del sindaco di Faedis-Fojda, Claudio Zani: «A confini aperti siamo riusciti a lavorare meglio a progetti, soprattutto con Caporetto, Bovec e Tolmino. Con l’ultima amministrazione regionale, inoltre, qualcosa è cambiato. In passato agli incontri con gli esponenti politici d’oltreconfine noi sindaci ci trovavamo spesso di fronte a ministri. Negli ultimi anni sono intervenuti anche rappresentanti della Regione, con ricadute positive». Nel futuro Zani vede proposte concrete, come quella di una pista ciclabile alta che passi per Canebola/Če- niebola arrivando a Breginj e di una pista ciclabile bassa a unione dellecomunque, nota con orgoglio il sindaco, la collaborazione coi vicini è tradizione: «Da oltre vent’anni organizziamo la corsa podistica Canebola-Podbela, nata da un’idea di Ado Cont col prefetto Zdravko Likar». Nelle Valli del Natisone, a San Pietro-Špietar il sindaco Mariano Zufferli ricorda la caduta del confine con entusiasmo: «Io sono nato e cresciuto col confine e ora il rapporto con la gente d’oltreconfine è eccezionale. Per me il confine era un freno a questi rapporti». Molto importante è, secondo Zufferli, lavorare per crescere insieme, sebbene le difficoltà generate dalle due diverse realtà operative e legislative causino la perdita di grosse potenzialità, anche rispetto all’Unione europea. Nel futuro, Zufferli non vede barriere: «Se il confine fosse caduto prima, per me sarebbe stato meglio. Anche se qualcuno vuole tornare indietro, il futuro è quello. L’importante è che si trovino forme di collaborazione che permettano di crescere tutti insieme. A riguardo ritengo che il grosso dovrebbe farlo la regione, trovando canali e supporto». Più a monte, positivo è il parere del sindaco di Savogna-Sauodnja, Germano Cendou: «La caduta del confine ha comportato grossi vantaggi a livello di vicinato. Già il fatto di non essere più vincolati da orari per i valichi secondari... Si sono rinvigoriti amicizie e rapporti con tutta la valle dell’Isonzo, anche tra comuni e a livello istituzionale». Il cambiamento si nota anche tra i giovani: «Ad esempio, a livello sportivo, anche con la Savognese ci sono maggiori scambi e collaborazione». Circa le aspettative, Cendou ha le idee chiare: «Forse nessuno dieci anni fa pensava che rapporti e situazioni sarebbero così migliorati. Al momento, comunque, dovremmo solo imparare dal lato sloveno del confine. Dal punto di vista turistico si è sviluppato molto più in fretta che da noi e dovremmo imparare a copiarlo, in un certo senso, per fare restare i giovani sul territorio». Luciano Lister (Dom, 20. 12. 2017)
da http://www.dom.it/wp-content/uploads/2018/02/Slovit-01-2018-OK.pdf
Dieci anni fa furono tolti i controlli tra Italia e Slovenia.
Gli amministratori locali tracciano il bilancio Nella notte tra il 20 e il 21 dicembre di dieci anni fa le sbarre ai confini tra Italia e Slovenia si sono alzate un’ultima volta, per non chiudersi più. Da allora, lì le forze dell’ordine italiane e slovene non hanno più fermato automobili o controllato documenti e la gente si è spostata liberamente. Come a Gorizia e Trieste, anche nelle zone dell’ex provincia di Udine al confine con la Slovenia e nelle valli oltreconfine questo momento è stato atteso a lungo – dalla fine della seconda guerra mondiale. Con l’ingresso della Slovenia nell’area Schengen sono caduti 280 chilometri di confine che erano stati simbolo della cortina di ferro e della guerra fredda. Passati dieci anni, cosa è cambiato? E dopo le feste di allora e l’euforia generale, quali aspettative si sono realizzate? Di questo abbiamo parlato con alcuni sindaci dei comuni della fascia transfrontaliera dell’ex provincia di Udine. Per il sindaco di Tarvisio-Trbiž, Renzo Zanette, la caduta dei confini ha incentivato una collaborazione iniziata già tempo prima con eventi all’insegna dell’amicizia transfrontaliera: «Il venir meno dei confini ha provocato delle problematiche economiche, ma la collaborazione va aumentando insieme al confronto. Specie con Kranjska Gora e Bovec ora stiamo cooperando a progetti europei, in ambito sportivo, culturale, di protezione civile. L’assenza di confini ci porterà anche a lavorare in area vasta insieme agli amici di Arnoldstein». Per il futuro, Zanette rimanda al progetto d’istituzione di una scuola plurilingue: «Con una scuola del genere potremmo far sì che le nuove generazioni possano comunicare ancora meglio coi vicini». Diverse le considerazioni più a sud, in Val Cornappo. Il sindaco di Taipana-Tipana, Alan Cecutti, è convinto che si sia aspettato troppo nel proporre progetti concreti sulla fascia confinaria. «Dieci anni fa ci aspettavamo molto di più», osserva Cecutti, che evidenzia le diversità tra le due aree: «Sul lato sloveno le piccole frazioni sono abitate e c’è una visibilità di futuro, mentre sul nostro lato dagli anni del terremoto la popolazione è stata trascinata verso valle, senza creare opportunità di lavoro in loco». A Taipana alcune vie d’uscita sono state individuate all’incontro tra sindaci e amministratori dell’area transfrontaliera italiana di fine novembre. «Un’agevolazione potrebbe consistere nel defiscalizzare le aree. Ma serve un sostegno anche da parte degli enti sovracomunali e della Regione, che conosce le difficoltà dei comuni nello sviluppare la linea dei finanziamenti europei», nota Cecutti. Più positivo è il bilancio del sindaco di Faedis-Fojda, Claudio Zani: «A confini aperti siamo riusciti a lavorare meglio a progetti, soprattutto con Caporetto, Bovec e Tolmino. Con l’ultima amministrazione regionale, inoltre, qualcosa è cambiato. In passato agli incontri con gli esponenti politici d’oltreconfine noi sindaci ci trovavamo spesso di fronte a ministri. Negli ultimi anni sono intervenuti anche rappresentanti della Regione, con ricadute positive». Nel futuro Zani vede proposte concrete, come quella di una pista ciclabile alta che passi per Canebola/Če- niebola arrivando a Breginj e di una pista ciclabile bassa a unione dellecomunque, nota con orgoglio il sindaco, la collaborazione coi vicini è tradizione: «Da oltre vent’anni organizziamo la corsa podistica Canebola-Podbela, nata da un’idea di Ado Cont col prefetto Zdravko Likar». Nelle Valli del Natisone, a San Pietro-Špietar il sindaco Mariano Zufferli ricorda la caduta del confine con entusiasmo: «Io sono nato e cresciuto col confine e ora il rapporto con la gente d’oltreconfine è eccezionale. Per me il confine era un freno a questi rapporti». Molto importante è, secondo Zufferli, lavorare per crescere insieme, sebbene le difficoltà generate dalle due diverse realtà operative e legislative causino la perdita di grosse potenzialità, anche rispetto all’Unione europea. Nel futuro, Zufferli non vede barriere: «Se il confine fosse caduto prima, per me sarebbe stato meglio. Anche se qualcuno vuole tornare indietro, il futuro è quello. L’importante è che si trovino forme di collaborazione che permettano di crescere tutti insieme. A riguardo ritengo che il grosso dovrebbe farlo la regione, trovando canali e supporto». Più a monte, positivo è il parere del sindaco di Savogna-Sauodnja, Germano Cendou: «La caduta del confine ha comportato grossi vantaggi a livello di vicinato. Già il fatto di non essere più vincolati da orari per i valichi secondari... Si sono rinvigoriti amicizie e rapporti con tutta la valle dell’Isonzo, anche tra comuni e a livello istituzionale». Il cambiamento si nota anche tra i giovani: «Ad esempio, a livello sportivo, anche con la Savognese ci sono maggiori scambi e collaborazione». Circa le aspettative, Cendou ha le idee chiare: «Forse nessuno dieci anni fa pensava che rapporti e situazioni sarebbero così migliorati. Al momento, comunque, dovremmo solo imparare dal lato sloveno del confine. Dal punto di vista turistico si è sviluppato molto più in fretta che da noi e dovremmo imparare a copiarlo, in un certo senso, per fare restare i giovani sul territorio». Luciano Lister (Dom, 20. 12. 2017)
da http://www.dom.it/wp-content/uploads/2018/02/Slovit-01-2018-OK.pdf
Sempre interessanti i brani che proponi alle nostre letture
RispondiEliminaUn saluto,silvia