Il papà Bernardo, maniscalco e contadino, dopo la prematura morte
della moglie, Aloisia Zorza di Mersino, avvenuta in data 1 aprile 1926 ,
da solo doveva mantenere una numerosa famiglia di sei persone.
Marco, dopo il decesso della madre, ha svolto lavori saltuari in varie
località del Friuli.
Nel 1937, si trasferì a Berginj dove sposò Maria Kramar da Podbela
e dalla quale ebbe due figli. Successivamente la famiglia si trasferì
in Germania dove lavorarono presso aziende agricole.
Al rientro in Italia la Polizia scoprì che Redelonghi intratteneva rapporti
con dei prigionieri di guerra e lo fece arrestare e deportare nel campo di
Pisticci.
Il 5 agosto 1943, dopo la caduta del fascismo, rientrò a Bergogna dove
manteneva i contatti con i partigiani. Successivamente alla capitolazione
dell’Italia divenne uno degli organizzatori della Repubblica di Kobarid
e nel corso delle battaglie divenne comandante della Brigata Soča.
Ha combattuto a ponte San Quirino, a San Pietro al Natisone e poi
sul Monte Stol. In seguito diventò comandante del
4° Battaglione dellaBazoviške Brigade. Il 6 novembre 1943
nel corso di un combattimento eliminò una mitragliatrice nemica.
In seguito a questa azione fu nominato Comandante del 2° Battaglione
del Briško-Beneški Odred.
Nel gennaio del 1944 con i suoi Partigiani distrugge il montacarichi
che da Stupica (Stupizza) porta alla cima del Črn Vrh (Montefosca).
L’azione di maggior successo fu l’attacco effettuato in data 13.4.1944
all’aeroporto militare tedesco del Belvedere nei pressi di Povoletto .
Nel corso dell’azione ben nove velivoli vennero stati distrutti.
A seguito di questa azione fu proclamato dai tedeschi come il
più pericoloso “bandito” della zona. Per la sua cattura venne fissata
una taglia di ben 150.000 lire.Intercettato nella zona di Robidišče
in data 16.4.1944 venne gravemente ferito a una gamba e si dovette
nascondere cambiando frequentemente nascondiglio.
Il 5 maggio 1944, pare a seguito della delazione di un prete locale,
Redelonghi
venne individuato dai suoi inesorabili cacciatori nei pressi di Berginj in
località Brdca dove venne ucciso,ma non venne riconosciuto.Sei giorni
dopo la sua morte le truppe tedesche, ignare di averlo già eliminato,
nell’intento di farsi rivelare dai familiari il suo nascondiglio,
li seviziarono brutalmente e uccisero davanti casa l’anziano padre
Nel 1951 è stato dichiarato Eroe Nazionale. Sul luogo
del suo sacrificio sorge una lapide commemorativa e
nei pressi del paesino di Staro Selo, sulla strada principale
tra Cividale e Caporetto, sorge un bel monumento che ricorda le sue
gesta e lo ritrae in un busto di bronzo.
L’ATTACCO ALL’AEROPORTO „BELVEDERE“
PRESSO UDINE
Circa settanta combattenti del 2. battaglione del Briško
Beneški Odred (Distaccamento del Collio e delle Valli del Natisone)
in marcia.
Albeggia. Scendono lungo ripidi pendii. Una bora pungente
soffia sul terreno brullo. Da sinistra si sente l’abbaiare di un cane.
Forse ha udito i nostri passi silenziosi. Prima dello spuntare del giorno
la colonna raggiunge la pianura. L’immensa pianura friulana…
I campi sono lunghi, attraversati da strade ancora più lunghe
e da filari di gelsi.
Lungo viottoli piuttosto nascosti il battaglione marcia
silenzioso verso la meta. Il sole sale sull’orizzonte, i monti
della Benecia stanno scomparendo all’orizzonte.
La pianura è immensa. Dopo mezzogiorno segue un lungo riposo
in un punto non ben definito in mezzo alla pianura, lontano
da tutte le strade. Il pomeriggio si dilegua quando in
lontananza si notano le sagome degli edifici di Udine.
Cala la sera. Una macchia di querce. “Battaglione, alt!”
Il comandante divide i suoi uomini in tre gruppi.
Un gruppo è particolarmente dotato di bombe a mano
e di bottiglie Molotov. Vicino a noi il grande aeroporto di Belvedere.
E’ difeso da un debole presidio tedesco. I velivoli sono allineati
all’aperto. Bloccare e possibilmente eliminare il presidio,
poi incendiare gli aerei, questo è il piano tattico.
Progressivamente e in silenzio i tre gruppi si allontanano uno
dall’altro. Ancora dei cespugli molto fitti e davanti a loro si
apre la grande distesa del campo d’aviazione. A sinistra si
profila una indistinta macchia scura: si tratta di un baraccone.
Il primo gruppo va proprio in quella direzione.
Il secondo scivola silenziosamente attraverso il campo.
Il terzo invece blocca la strada e la villa nei suoi pressi.
Poi il primo gruppo striscia fino al baraccone, ormai visibile
nei dettagli. Dove, perdio, si trova la sentinella? Si sentono
dei passi provenienti dall’altro lato del edificio.
“Ssssss… Silenzio! I passi si avvicinano. Il soldato
tedesco cammina spensieratamente. Ancora cinque, quattro,
tre metri… Diavolo, è a portata di mano! Il calcio del fucile
sibila nell’oscurità…un suono soffocato, la caduta del
corpo sul suolo e un lungo rantolo. “Questo è finito.
Non si sveglierà mai più.” Il forte colpo con il calcio dell’arma gli ha
fratturato la testa.
Nel baraccone tutto ancora in silenzio. Sono le undici.
E in quel preciso istante: “All’attacco! Juriiiš!… Distruggi!… Fuoco!
Esplodono le bombe, crepitano le mitragliatrici, abbaiano i mitra,
tutto in direzione delle finestre. Urla selvagge e terrificanti,
un grande fracasso, come se qualcosa andasse a pezzi.
E’ il soffitto a cedere. Il baraccone trema dalle fondamenta
per le esplosioni delle pesanti bombe a mano inglesi.
Attraverso la finestra fischia una bottiglia Molotov e
un attimo dopo si frantuma. Poi all’interno comincia
a sfavillare qualcosa di color rosso, sempre più intensamente.
Un forte crepitio e le prime lingue di fuoco appaiono attraverso
le finestre. Sempre più alte. Dall’interno si sentono
ripetutamente delle urla inumane. Il nemico non riesc
ad uscire dall’edificio in fiamme.
Dalla vicina Udine invece lampeggiano indifferenti innumerevoli luci.
Intanto il secondo gruppo era arrivato fino agli aerei. Nove velivoli:
caccia intercettatori e bombardieri. I mostri del cielo riposano silenziosi
e acquattati nell’oscurità. “Veloci, a prendere la benzina!” Subito si
materializzano alcune taniche di benzina. Un fiammifero si accende,
ma in un attimo si spegne. Il secondo invece, subito dopo, provoca un’alta
fiammata su uno degli aerei. Poi seguono tutti gli altri. Il metallo
delle fusoliere sembra quasi si lamenti per le alte temperature che
deve subire. L’incendio illumina tutto l’aeroporto.
Uno dei combattenti però non sembra soddisfatto di quanto sta
accadendo. Era salito poco prima su un caccia Messerschmitt,
ma si era subito accorto del serbatoio vuoto. Da ex pilota voleva
approfittare dell’inattesa opportunità di trasferire un aereo verso il
territorio già liberato. Ma tant’è! Importante era impedire al
nemico di poterlo usare. Si sentono ancora crepitii, scricchiolii e lo
stridere delle lamiere. Verso il cielo sale un denso fumo nero.
Degli aerei non rimane più nulla se non le nude carcasse carbonizzate.
Ma non è tutto. Il terzo gruppo stava controllando la strada, quando
udì delle grida provenienti dalla vicina villa. I combattenti
si avvicinarono all’edificio. Dentro, evidentemente, era in corso
una festa, voci ubriache, concitate grida femminili… L’assalto fu
repentino, i vetri delle finestre andarono in frantumi, una
granata esplose all’interno. Le urla delle donne aumentarono.
Una raffica con il mitra. Qualcuno era salito in soffitta.
“Mira alle finestre in alto!” Un’altra raffica verso il sottotetto,
un urlo e poi il silenzio.
Gli aerei bruciano, il baraccone si sta spegnendo. Ancora qualche
raffica rabbiosa nella villa, poi veloci ad attraversare il campo
d’aviazione ancora illuminato dai bagliori. Anche il secondo
gruppo si affretta e abbandona i velivoli ormai ridotti a scheletri:
tra essi tre caccia Messerschmitt 109, due caccia Focke Wulf e
tanti tedeschi morti.
Il cielo si sta schiarendo. La colonna di partigiani inizia a risalire
i pendii del proprio regno in montagna, dietro ad essa l’immensa
ampia pianura e da qualche parte nel mezzo le carcasse contorte
di nove aerei.
Marco Redelonghi e la Benecia durante la Resistenza, per non dimenticare
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