16 ott 2019

Siamo molto lontani dal poterlo definire un caseificio



Sono lontanissimi ormai i tempi in cui le latterie sociali erano diffuse capillarmente in tutti i comuni delle valli del Natisone. Iniziano ad essere lontani, quasi 15 anni, anche i tempi in cui si iniziò a progettare il caseificio nella zona industriale di San Pietro al Natisone. La struttura, dopo una lunga e travagliata gestazione venne infine realizzata ma, nonostante i ripetuti interventi – l’ultimo nel 2016 – è ad oggi inutilizzata. Eppure qualche indicazione, se in effetti è prematuro parlare di ripresa, per gli allevatori delle vallate a ridosso del confine c’è. A confermarlo, in questa intervista, è anche Dario Roiatti, direttore della Latteria sociale di Cividale e Valli del Natisone.
Abbiamo notato, nel vostro punto vendita di Cividale, la vetrina, con la doppia descrizione in italiano e sloveno, dedicata alla carne del marchio FARmEAT. Un progetto, nato nell’ambito del programma Interreg Italia Slovenia, che quindi si è dimostrato sostenibile economicamente anche una volta esauriti gli incentivi…
“Decisamente sì, i nostri soci sono molto soddisfatti del servizio di macellazione che con Farmeat avviene a Tolmino. In molti evidenziano come sotto l’aspetto del trattamento delle carni non ci sia in zona nulla del genere. Anche se al momento, devo sottolineare, è un tipo di prodotto che vendiamo maggiormente nei mesi autunnali e invernali, d’estate c’è meno mercato.”
Al netto della stagionalità e detto della soddisfazione dei produttori, è in aumento anche la domanda per questo tipo di produzioni?
“Sì, sono sempre di più i clienti che vengono in negozio e chiedono espressamente quei prodotti. A convincere è il protocollo richiesto per il marchio (pascolo all’aperto, foraggi prodotti per lo più direttamente in azienda senza OGM e farine animali ndr.), e il controllo su tutta la filiera. Ma anche il fatto che l’allevamento avvenga a pochissima distanza. Su questi elementi c’è una grande sensibilità da parte di un numero crescente di consumatori.”
Diverso invece il discorso, nelle Valli del Natisone, sulla produzione di latte e derivati. Nella zona industriale di San Pietro c’è da anni una struttura pensata come caseificio che non è mai stata utilizzata. Più volte si è citata la vostra azienda come soluzione ‘naturale’ per questa situazione. Può dirci, ad oggi qual è la vostra posizione a riguardo?
“Posso dire che abbiamo manifestato l’interesse per la struttura da tempo, anche in occasione degli ultimi interventi che sono stati realizzati nel 2016. E anche recentemente, in occasione dell’inaugurazione del nostro punto vendita in centro a San Pietro (questa estate, ndr.), quando abbiamo avuto modo di chiacchierare informalmente non solo con il sindaco di San Pietro, ma con molti sindaci delle valli del Natisone, ribadendo che è nel nostro interesse, oltre che in quello del territorio, avere una struttura in cui poter svolgere al meglio la nostra attività.”
Pare di capire che però nella condizione attuale la struttura non sia adatta alle vostre necessità…
“Non ho riscontri oggettivi, i giudizi di idoneità spettano solo alle autorità competenti. Ma posso affermare che, per quanto mi è dato conoscere, al momento siamo molto, molto lontani dal poter definire quella struttura un caseificio. Non solo per i macchinari che non ci sono, ma proprio per come è realizzato l’edificio. Per capirci, parliamo di elementi come pavimenti e pareti.”
Quindi servirebbero lavori di adeguamento?
“Direi di sì, servirebbe un progetto serio e la volontà politica di realizzarlo. Da parte nostra abbiamo più volte ribadito la nostra disponibilità a sederci attorno ad un tavolo per discutere tutte le condizioni che andrebbero coniugate con le nostre necessità.”

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