4 feb 2015

La giornata del ricordo

La giornata del ricordo per me
Nella notte fra il 22 e il 23 febbraio 1942 le autorità militari italiane cinsero con filo spinato e reticolati l'intero perimetro di Lubiana, al fine di operate un rastrellamento completo della popolazione maschile della città disponendo un ferreo controllo su tutte le entrate e le uscite. Il recinto era lungo ben 41 chilometri e nel suo corso vennero dislocati sessanta posti di guardia, nonché quattro stazioni fotoelettriche. La città venne divisa in tredici settori e furono raccolti 18.708 uomini che furono controllati nelle caserme con l'aiuto di delatori sloveni dissimulati; 878 di questi uomini furono mandati in campo di concentramento.
A Lubiana nel solo mese del marzo '42 gli italiani fucilarono 102 ostaggi. Un soldato italiano in una lettera inviata a casa il 1º luglio 1942 scrisse:
« Abbiamo distrutto tutto da cima a fondo senza risparmiare gli innocenti. Uccidiamo intere famiglie ogni sera, picchiandoli a morte o sparando contro di loro. Se cercano soltanto di muoversi tiriamo senza pietà e chi muore muore. »
Un altro scrisse:
« Noi abbiamo l'ordine di uccidere tutti e di incendiare tutto quel che incontriamo sul nostro cammino, di modo che contiamo di finirla rapidamente.»
Il 24 aprile 1942 Grazioli e Robotti pubblicarono un bando di ammonizione e minaccia contro la popolazione civile slovena:
« Considerato che continuano a verificarsi, nel territorio della provincia, efferati delitti da parte di sicari al servizio del comunismo. Ritenuta l'assoluta necessità di stroncare con ogni mezzo tali manifestazioni criminose [...] qualora dovessero verificarsi altri omicidi o tentati omicidi a danno di appartenenti alle Forze Armate, al Capo della polizia, alle amministrazioni dello Stato; di cittadini italiani o di civili sloveni che in qualsiasi modo collaborano lealmente con l'Autorità [...] saranno fucilati [...] elementi di cui sia stata accertata l'appartenenza al comunismo. »
In nove mesi, da fine aprile 1942 a fine gennaio 1943, nella sola città di Lubiana, oltre ai »regolarmente processati« , furono liquidati senza processo 21 gruppi di ostaggi per un assieme di 145 uomini (di cui 121 fucilati presso la cava abbandonata »Gramozna jama« presso Lubiana). Furono assassinati col solo proposito di intimidire la popolazione, senza processo formale, senza prove di colpevolezza, vittime innocenti, arrestate dalle pattuglie militari nelle vie cittadine e passate per le armi con la pretestuosa motivazione che trattavasi »sicuramente di attivisti comunisti, e quindi coinvolti in azioni di sabotaggio, di cui nel termine prescritto di 48 ore non erano stati individuati i colpevoli«.Gli ostaggi venivano scelti sia tra i detenuti delle carceri militari, sia tra individui in capo ai quali il Tribunale Militare non era riuscito a scoprire alcun indizio di accusa.
« . . . Si informano le popolazioni dei territori annessi che con provvedimento odierno sono stati internati i componenti delle suddette famiglie, sono state rase al suolo le loro case, confiscati i beni e fucilati 20 componenti di dette famiglie estratti a sorte, per rappresaglia contro gli atti criminali da parte dei ribelli che turbano le laboriose popolazioni di questi territori . . . »
(Dalla copia del proclama riportata a pagina 327 del libro di Boris Gombač, Atlante storico dell'Adriatico orientale (op. cit.))
Per colpire la resistenza jugoslava le autorità italiane puntarono sulla deportazione di intere zone

popolate da civili in contatto o in grado di parentela con i partigiani. La stessa politica venne perseguita anche nell'adiacente Provincia di Fiume: il locale Prefetto - Temistocle Testa - redasse il 19 giugno 1942 il rapporto "Allontanamento di coniugi di ribelli della Provincia di Fiume". Il Prefetto della Provincia di Fiume Temistocle Testa ha firmato anche il proclama prot. n. 2796, emesso in data 30 maggio 1942, in cui rende nota la punizione inflitta alle famiglie di presunti aderenti alle formazioni partigiane:
Lo stesso Prefetto di Fiume fu anche il destinatario della seguente relazione resa dal Commissario Prefettizio di Primano:
« Il giorno 4/6/1942/XX alle ore 13.30 furono incendiati da parte degli squadristi del II° Battaglione di stanza a Cosale le case delle seguenti frazioni del Comune di Primano: Bittigne di Sotto...,Bittigne di Sopra..., Monte Chilovi..., Rattecievo in Monte... [...] Durante le operazioni di distruzione ... è stata fatta una esecuzione in massa di n. 24 persone appartenenti alle frazioni di Monte Chilovi e Rattecevo in Monte. [...] poiché è da temersi una immediata rappresaglia, si prega vivamente di voler inviare con tutta sollecitudine dei rinforzi. »
(IL COMMISSARIO PREFETTIZIO Attilio Orsarri, 5 giugno 1942)
Un comunicato del generale Lorenzo Bravarone documenta l'azione di intimidazione compiuta dai militari italiani in data 6 giugno 1942 nei pressi di Abbazia, che comportò la fucilazione sommaria di 12 persone e la deportazione di 131 loro familiari.
Secondo fonti slovene e jugoslave, in 29 mesi di occupazione italiana della Provincia di Lubiana, vennero fucilati o come ostaggi o durante operazioni di rastrellamento circa 5.000 civili, ai quali furono aggiunti 200 bruciati vivi o massacrati in modo diverso, 900 partigiani catturati e fucilati e oltre 7.000 (su 33.000 deportati) persone, in buona parte anziani, donne e bambini, morti nei campi di concentramento. In totale quindi si arrivò alla cifra di circa 13.100 persone uccise su un totale di circa 340.000 (più precisamente 339.751 al momento dell'annessione), quindi il 3,8% della popolazione totale della provincia. Il tutto è da inquadrarsi nell'ambito del teatro di guerra jugoslavo-balcanico, che vide dal 1941 al 1945 la morte di oltre 89.000 sloveni su una popolazione di 1,49 milioni, pari al 6%.
...continua qui https://it.wikipedia.org/wiki/Crimini_di_guerra_italiani
https://it.wikipedia.org/wiki/Crimini_di_guerra_italiani

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