29 set 2018

L’autonomia si fonda sulle lingue


Nell’attuale Giunta regionale la delega alle minoranze linguistiche è passata, assieme a quella per i corregionali all’estero, dall’assessorato alla Cultura a quello delle Autonomie locali. L’assessore Pierpaolo Roberti, intervistato dal Dom, sottolinea che la scelta del presidente, Massimiliano Fedriga, non è casuale.
Assessore, perché?
«Perché le politiche per le lingue minoritarie passano inevitabilmente attraverso i Comuni. Ma direi di più…».
Dica pure.
«Le lingue minoritarie sono un aspetto non soltanto di tipo culturale. Anzi. Sono il fondamento della nostra Regione. Non possiamo prescindere dalla valorizzazione delle lingue minoritarie presenti sul territorio perché siamo Regione a sta- tuto speciale in quanto abbiamo il tedesco, lo sloveno e il friulano. Non possiamo permetterci di sottovalutare questo aspetto, che non è soltanto il traduttore in Consiglio regionale, il cartello bilingue… Ma è l’animo stesso della nostra regione. Quindi non possiamo dire che quelle per le lingue siano spese superflue, che magari possono essere tagliate, perché c’è altro di più importante da fare. Nel momento in cui facciamo passare il concetto che è superfluo sostenere il tedesco, piuttosto che lo sloveno o il friulano, viene meno la nostra specificità; non siamo più Friuli Venezia Giulia e siamo esattamente come le altre Regioni. E a quel punto perdiamo anche tutti i vantaggi che ci possono arrivare dall’essere Regione a statuto speciale».
Nello specifico, come intende muoversi nei confronti della comunità di lingua slovena?
«Ho già avuto una riunione con la Commissione regionale consultiva per la minoranza linguistica slovena,con la quale, per adesso, siamo perfettamente in linea. Ora prevedo una conoscenza diretta sul territorio anche perché ci sono, all’interno della comunità, realtà completamente diverse. Io arrivo da un territorio (Trieste, ndr) nel quale la minoranza slovena è qualcosa di diverso rispetto ad altri territori del Friuli Venezia Giulia, che magari hanno avuto modo di conservare meno la lingua».
In provincia di Udine una delle questioni fondamentali è l’insegnamento dello sloveno nelle aree non servite dalla scuola bilingue di San Pietro al Natisone.
«Stiamo portando avanti un serio ragionamento con l’assessore all’Istruzione, Alessia Rosolen, sul dimensionamento scolastico e sulle reali capacità che possiamo offrire, ma anche sulla richiesta che arriva dal territorio. La verità è che, purtroppo, il sistema dell’istruzione è in crisi non solo per quanto riguarda lo sloveno. È in crisi in generale. Prima dell’attivazione di nuovi corsi è necessario capire se una scuola ha futuro o se ha i giorni contati per motivi demografici. Ovviamente vorrei che la tendenza negativa venisse invertita e la Giunta regionale lavorerà per questo».
Lingue e Comuni vanno a braccetto, ha affermato. Anche per questo c’è chi ha proposto che i Comuni che aderiscono al cluster transfrontaliero diventino la nuova Uti. Che ne pensa?
«Non entro nel merito. Prima di compiere passi voglio prendermi un periodo di ascolto del territorio. Dal singolo Comune all’Anci. Anche l’associazione dei sindaci emeriti mi ha offerto collaborazione e io l’ho accettata. Voglio prendermi questo periodo di tempo per valutare bene tutti gli aspetti. Il Friuli Venezia Giulia è un territorio complessissimo, con un grande numero di piccoli e piccolissimi Comuni e quasi metà della superficie occupata da territorio montano, senza dimenticare le minoranze linguistiche. Una delle pecche della precedente elaborazione della riforma degli enti locali, con l’introduzione delle Uti, è stata proprio quella di non tenere conto delle identità dei territori. È vero solo in parte che la battaglia contro le Uti sia stata condotta dal centrodestra, perché non erano favorevoli anche sindaci che si riconoscono in altre opzioni politiche. La Slovenska skupnost è sempre stata critica proprio per la questione dell’identità e della tutela della lingua slovena. Evidentemente di questo non si è tenuto conto e nella prossima riforma degli enti locali bisognerà porgli particolare attenzione ».
Lei presenterà un suo progetto?
«Ho già la mia idea di riforma, ma la tengo chiusa nel cassettino. Prima voglio ascoltare il territorio Non mi interessa fare una riforma con il timbro “Pierpaolo Roberti” e poi vedermela bocciata tra cinque anni, quando arriveranno i prossimi. Il mio obiettivo è dare un po’ di stabilità agli enti locali in Friuli Venezia Giulia. 20, 15 e anche 10 anni fa i Comuni avevano soldi e personale, oggi non li hanno più. Abbiamo visto tante riforme, ma farne fallire un’altra significherebbe mettere definitivamente in ginocchio i Comuni».

«Sostengo il cluster transfrontaliero perché nasce dal territorio»

Intervistato dal Dom, l’assessore regionale alle Autonomie locali, Pierpaolo Roberti, conferma il forte appoggio politico e istituzionale all’iniziativa del cluster transfrontaliero.
«A prescindere dalle questioni che riguardano determinati territori, che possono essere compresi negli ambiti delle varie minoranze linguistiche in Friuli Venezia Giulia, noi dobbiamo lasciare mani libere ai sindaci, quindi ai territori, di potersi organizzare come meglio credono per poter garantire i servizi migliori ai cittadini – spiega –. In questo caso stiamo parlando di un gruppo di sindaci, oltretutto con il valore aggiunto di essere riusciti a coinvolgere anche i colleghi della vicina Slovenia, per portare avanti delle problematiche che loro sentono comuni. E in questo c’è il nostro appoggio. Dove c’è la forza, la massa critica, e lo si fa non perché c’è un’imposizione dall’alto, ma perché il singolo sindaco decide di lavorare insieme su dei progetti comuni, dev’esserci l’appoggio dell’istituzione regionale».
Quale può essere il sostegno concreto al cluster transfrontaliero?
«Al coordinatore sul versante italiano, il sindaco di Taipana, Alan Cecutti, ho fatto degli esempi di come la Regione può essere utile e supportare l’iniziativa. Se questi Comuni individuano una particolare problematica, che coinvolge tutti, possiamo pensare a delle progettualità. Se sono dirette verso la Regione possiamo affrontarle con nostre risorse. Fossero, invece, dei progetti da presentare ai bandi europei, noi possiamo offrire un supporto di tipo amministrativo a queste amministrazioni, perché vengano presentati nel modo più opportuno ».
L’iniziativa del cluster è nata in risposta alla disastrosa condizione demografica, in particolar modo sul versante italiano.
«È una zona particolarmente depressa da ambo i lati del confine. I piccoli Comuni hanno perso la stragrande maggioranza degli abitanti negli ultimi quarant’anni e rischiano di essere completamente abbandonati. Il fatto che le amministrazioni sentano l’esigenza di mettere un freno al calo demografico è sicuramente qualcosa di significativo e che loro stessi insieme individuino gli strumenti per raggiungere lo scopo è altrettanto positivo. È ovvio che, se il territorio non vuole subire un forte spopolamento, deve dare opportunità di lavoro e di tipo economico a chi ci rimane. E questo si offre con progetti che non riguardino il piccolo Comune, ma tutta un’area, tutto un territorio».
Ad esempio?
«Banalizzo. Se un giorno mi venissero a dire che una strada di collegamento tra i Comuni dei due versanti è vitale, perché riuscirebbe a convogliare su quei territori un determinato flusso turistico o riuscirebbe a portare condizioni di crescita con l’insediamento di nuove attività produttive e quindi valorizzerebbe quel territorio e consentirebbe di creare nuova occupazione, la presenteremmo non più come singolo Comune, ma come area e la sosterremmo anche con bandi europei».
I sindaci vogliono puntare sul turismo, anche perché nell’alta valle dell’Isonzo quel comparto sta volando e contribuisce in maniera significativa ad arginare lo spopolamento.
«Certamente il turismo è un aspetto che va sicuramente cavalcato, per la presenza di vari elementi attrattivi che possono essere valorizzati in particolar modo. Se c’è la volontà dei sindaci di mettersi insieme per lavorare insieme, evidentemente il guadagno c’è per tutti. Dalla parte slovena si è fatto molto, ma penso che anche loro si rendano conto che lavorare con i Comuni del versante italiano possa essere un vantaggio».
In che modo?
«Tutti hanno bisogno di un’area più vasta. Oggettivamente il confine non esiste più, se non sulla carta. E i problemi che ha Caporetto sono gli stessi che probabilmente ha Taipana. Perché sono Comuni simili, vicini, con un ambiente praticamente identico. Se non ci fosse quella linea tratteggiata solo sulle carte geografiche, non si riconoscerebbe più qual è il Comune sloveno e quale quello italiano».

Confine sicuro non significa confine chiuso

Foto LaPresse – Marco Dal Maso
Pierpaolo Roberti è anche assessore alla sicurezza in una Giunta che ha tra i suoi impegni più forti un maggiore controllo dei confini.
Questo potrebbe avere delle ricadute negative sulla collaborazione transfrontaliera?
«Assolutamente no. C’è stata, c’è e ci sarà una fortissima collaborazione con la Slovenia. Il tema dell’immigrazione è particolarmente sentito in Italia nell’ultimo periodo, perché abbiamo avuto un’ondata migratoria enorme, soprattutto per quanto riguarda gli arrivi dal Canale di Sicilia. Ora che lì sono praticamente terminati, l’unica via d’accesso all’Europa del Nord rimane quella che passa per i Balcani e attraversa inevitabilmente la Slovenia, poi arriva in Italia. È vantaggio di tutti andare a controllare le fasce confinarie. C’è un ottimo rapporto di collaborazione con la Slovenia e la polizia slovena da parte delle nostre forze dell’ordine e mi auguro che si possa lavorare un po’ com’è stato fatto con la polizia austriaca tramite i pattugliamenti congiunti. Quindi avere la polizia slovena in territorio italiano e la polizia italiana in territorio sloveno. L’obiettivo non è fermare il flusso migratorio sul confine tra Caporetto e Resia o tra Trieste e Capodistria, ma di fermare il flusso migratorio ai confini dell’Europa. Queste persone non devono entrare. Perché una volta che sono entrate diventano un problema dello Stato in cui risiedono in quel momento, fino a quando magari non decidono di andare da un’altra parte. Noi dobbiamo fermare quel flusso alla radice. È chiaro che bisogna iniziare a tappe. Finora c’è stato totale lassismo da questo punto di vista. È una situazione assolutamente ingestibile, ma non c’è il desiderio di far ricadere semplicemente sugli altri il problema. Bisogna risolverlo».
Il fatto che il nuovo Governo della Slovenia abbia un orientamento diametralmente diverso da quello regionale e quello italiano creerà difficoltà?
«Non penso proprio. Continueremo a lavorare esattamente come abbiamo lavorato finora. Credo che ci sarà un’ottima collaborazione come c’è sempre stata, perché possono cambiare i colori politici, ma confinanti rimaniamo comunque e problematiche comuni le avremo sempre. La nascita del nuovo Governo sloveno porta dei vantaggi perché finalmente abbiamo un interlocutore politico oltre che amministrativo». (Ezio Gosgnach)
Jezikovne manjšine »so temelj naše avtonome dežele, zato ne smemo prezreti jezikov, ki se uporabljajo v Furlaniji Julijski krajini. Poseben statut imamo, ker pri nas obstajajo furlanščina, slovenščina in nemščina. Ne gre zgolj za simultano prevajanje v Deželnem svetu ali za dvojezične table. Gre za bistvo naše dežele. Ne smemo si dovoliti nižanja finančnih sredstev za zaščito naših jezikov, češ da so odveč in je treba podpreti bolj pomembne stvari. Ko se uveljavi pojem, da je podpora nemeškemu, slovenskemu ali furlanskemu jeziku odvečna, smo izgubili pravico do posebne avtonomije. Nismo več Furlanija Julijska krajina, temveč navadna dežela in izgubimo vse prednosti, ki nam jih prinaša status avtonomne dežele.« Takuo je poudaril deželni odbornik za lokalno samaupravo in varnost Pierpaolo Roberti, ki ima tudi referat za jezikovne manjšine.
V obširnem intervjuju za Dom je Roberti ponovno izrazil močno politično in inštitucionalno podporo čezmejnemu grozdu (clusterju), ki ga ustanavlja 26 občin obmejnega pasu videnske pokrajine in Posočja, ker je pobuda nastala od samih županov, ki v takšni povezavi vidijo priložnost, da bi dali učinkovitejše odgovore potrebam ljudi na obeh straneh meje in zajezili praznjenje svojih vasi.
Po odborniku čezmejnega sodelovanja ne bo nikakor ogrozil zaostren nadzor državne meje, da bi preprečili prehod migrantov, ker je sodelovanje med slovensko policijo in italijanskimi silami javnega reda odlično. »Moja želja je, da pride do mešanih patrulj mejnih policistov, kakor že obstajajo z Avstrijo,« je dejal. Obenem ne vidi nobene težave v tem, da ima nova slovenska vlada popolnoma drugačno barvo deželne in italijanske vlade. »Dobro bomo sodelovali kot do zdaj, ker smo sosedje in moramo reševati skupne probleme,« je prepričan.
Glede nadgradnje reforme lokalne samouprave, Roberti meni, da je nujno spoštovanje identitete vsakega posameznega območja. Zakon po katerim so bile ustanovljene medobčinske unije tega ni storil, zato je reforma propadla. On ima že jasen načrt, a bo najprej preveril, ali je v skladu z željami županov in drugih lokalnih upraviteljev. Zato bo prav gotovo prišel v poštev tudi predlog, da bi nastala unija občin, ki so pristopile k čezmejnemu grozdu.

28 set 2018

Si coltiva anche nelle Valli lo zafferano, oro delle cucine

Uno ti dice “zafferano” e cosa pensi? La prima cosa è sicuramente a un risotto. Poi immagini che i suoi filamenti rossi devono essere pregiati, difficilmente li trovi al supermercato. Mai però immagineresti che si coltivano anche nelle Valli del Natisone.
Nella botanica lo zafferano è come l’oro nella minerologia, ecco perché chi ha deciso di iniziare a produrlo nella nostra zona descrive il suo prodotto biologico come “l’oro del Natisone”.
Nella botanica lo zafferano è come l’oro nella minerologia, ecco perché chi ha deciso di iniziare a produrlo nella nostra zona descrive il suo prodotto biologico come “l’oro del Natisone”. Lo abbiamo incontrato.
Si chiama Andrea Tanda, è un sardo trapiantato in Friuli dal 2006, ha sempre lavorato nell’industria agroalimentare. “La qualifica di responsabile di qualità e produzione di un’azienda per cui lavoravo mi stava stretta, è poi arrivata la crisi economica, mi sono stancato di lavorare come dipendente. Allora è nata l’idea di creare un’attività legata alla coltivazione dello zafferano.”
Come mai lo zafferano e perché nelle Valli del Natisone?
“La madre di mia moglie Laura è di Pulfero. Quella dello zafferano è una coltura tradizionale nel sud-ovest della Sardegna, dove il clima e il terreno sono più favorevoli. Nel 2016 abbiamo avviato una sperimentazione a Pulfero, in un orto, che ha funzionato, così abbiamo aperto un’azienda, che si chiama ‘Fiore del Natisone’, e acquistato un terreno a Biarzo, nel comune di S. Pietro.”
I primi riscontri?
“Oltre le aspettative. Abbiamo voluto fare una scommessa: dare valore a un territorio dal punto di vista produttivo, ma anche fare leva sul fatto che questo territorio è incontaminato. Si presta insomma ad una coltura di tipo biologico. Nel primo anno abbiamo raccolto 130.000 bulbi, che significano circa un kg di zafferano, un ottimo risultato.”
Qual è il ciclo della coltivazione?
“Tra ottobre e novembre si fa la raccolta, una volta all’anno. Nel periodo in cui la pianta inizia a fiorire si iniziano a raccogliere i fiori interi, chiusi per meglio preservare gli stimmi rossi, gli unici a essere commercializzati. Perciò è un lavoro che si fa all’alba, prima che si aprano. Quindi i fiori sono mondati in laboratorio, gli stimmi vengono poi essicati e confezionati.”
La vostra è una vendita diretta, anche attraverso internet. Chi sono i vostri clienti?
“La ristorazione di livello medio-alto. Gli chef che l’hanno provato dicono che è un prodotto di qualità, ha delle note vanigliate che lo distinguono da altri. E poi ci sono i prezzi, alti perché per ottenere un grammo di zafferano ci vogliono dai 250 ai 300 fiori.”

25 set 2018

LA POESIA DI PATRICIJA DODIČ di Jolka Milič

VEČER
Večer.
Diši po domačem žganju.
Po napovedanem prihodu.
André Velter je v glinenem pepelniku
tisoče kilometrov stran od svojega prsta
ugašal čik.
Plin je požiral vonj brusnice z olupki bledih pomaranč.
Koža je sivo blestela.

Povej, kako deluje skrajna ljubezen, ko ostaneš sam?

SERA
Sera.
Odore di grappa fatta in casa.
Dopo l’arrivo preannunciato.
André Valter,{*} a distanza di qualche migliaio
di chilometri dal suo dito, spegneva la cicca
nel posacenere di argilla.
Il gas divorava il profumo dei mirtilli rossi con le bucce delle pallide arance.
La pelle risplendeva grigia.

Dimmi come funziona l’amore estremo, quando resti solo?
{*}Poeta francese (1945), autore di molte raccolte di poesia,
ritenuto uno dei poeti contemporanei più importanti.


Patricija Dodič
è nata a Capodistria nel 1969 e vive a Ilirska Bistrica (Slovenia).
Poetessa, pubblicista, designer, bibliotecaria e tantissime altre cose inerenti alla letteratura, delle quali si occupa intensamente. Laureata in lingua slovena e francese, con indirizzo letterario filologico. Collaboratrice instancabile di quasi tutte le riviste letterarie slovene e organizzatrice e moderatrice di serate di poesia e culturali.
Suoi testi sono stati inseriti in molte antologie e scelte collettive.
Raccolte poetiche: Pet minut blaznosti (Cinque minuti di follia), 2008; Črno obrobljene oči (Occhi orlati di nero), 2008; Wada, 2014; Ljubimje (Amorevolezza), 2015 e Ekstremofil (Estremofilo), 2017.
(Foto di Ivan Dobnik)



Prireditev ob 75. obletnici Kobariške republike/75° anniversario della Repubblica di Caporetto


>> KOBARID
>> 29. šetemberja, ob 11.,
bo, v Kulturnem domu, Prireditev ob 75. obletnici Kobariške republike. Slavnostni govornik bo prvi predsednik Republike Slovenije, Milan Kučan.
>> CAPORETTO
>> 29 settembre, alle 11,
presso il Centro culturale si terrà l’evento per il 75° anniversarsio della Repubblica di Caporetto. Ospite di riguardo sarà il primo presidente della Slovenia, Milan Kučan.

Mostra di Dario PInosa

>> SAN PIETRO
>> 28 settembre, alle 18,
verrà inaugurata, presso la Beneška galerija di San Pietro, la mostra di Dario Pinosa. Le sue opere potranno essere ammirate già dal 20 settembre. La serata si inserisce nel quadro delle Giornate europee delle lingue. In programma è anche il concerto «Parole Note» del duetto Igor Cerno e Davide Tomasetig. L’evento è organizzato dall’Associazione artisti della Benecia e dall’Istituto per la cultura slovena. La mostra resterà aperta fino al 4 novembre, negli orari dello SMO: ogni giorno dalle 10 alle 13 e dalle 14

24 set 2018

Dove la lingua è del tutto assente


A RESIA, ATTIMIS, FAEDIS, NIMIS E TORREANO non è mai stato avviato l’insegnamento dello sloveno
Nell’ambito dell’Istituto comprensivo di Trasaghis, a Resia/ Rezija sono attivi una scuola d’infanzia, una scuola primaria e una scuola secondaria di primo grado, con sede a Prato di Resia/ Ravanca. Qui, solitamente, sono insegnati canti e tradizioni legati al dialetto sloveno resiano, ma non il dialetto stesso, né, tantomeno, la lingua slovena.
Nelle scuole d’infanzia di Campeglio e primaria e secondaria di primo grado di Faedis/Fojda, attive nell’ambito dell’Istituto comprensivo di Faedis, al momento è insegnato il friulano, ma non lo sloveno. Alcuni anni fa dei genitori si erano interessati in tal senso, ma le attività didattiche non sono mai partite. In Comune fanno sapere di non avere mai ricevuto richieste di attivazione dell’insegnamento dello sloveno. «Personalmente non ho mai avuto nessuna richiesta di attivare la lingua slovena. Se ci fosse un interesse potrebbe essere a Canebola, a Valle non ho mai avuto nessuna richiesta, non penso ci sia un’aspettativa da parte della gente», ci ha spiegato il sindaco Claudio Zani, anche se un’indagine conoscitiva in tal senso non è mai stata svolta. Se ci fosse la richiesta, spiega Zani, il Comune dovrebbe valutare come finanziare l’insegnamento dello sloveno e tutto dovrebbe passare per l’istituto comprensivo, che dovrebbe poi chiedere all’amministrazione comunale di attivare il corso.
Anche nelle scuole d’infanzia e primaria di Attimis/Ahten, anch’esse attive nell’ambito dell’Istituto comprensivo di Faedis, è insegnato il friulano, ma non lo sloveno. Tra alcuni genitori, o per motivi riconducibili alle radici familiari o per la pura voglia di imparare la lingua del paese vicino, il desiderio di ore di sloveno ci sarebbe. Se d’interesse per la popolazione, anzi, a riguardo l’amministrazione comunale non avrebbe niente in contrario, spiega il sindaco, Sandro Rocco.
La situazione si ripropone anche a
Nimis/Neme, i cui plessi scolastici, ricordiamo, sono attivi nell’ambito dell’Istituto comprensivo di Tarcento. Nel comune il dialetto sloveno è ancora parlato e ufficialmente tutelato a Cergneu di Sotto/Dolenjena e Cergneu di Sopra/Čarnjeja, ma una volta era la principale lingua d’uso anche in diverse altre borgate montane. Per ora a scuola è insegnato solo il friulano, anche se nei plessi primario e secondario di primo grado di Nimis (attivi nell’ambito dell’Istituto comprensivo di Tarcento) sarebbero diversi i genitori interessati all’insegnamento dello sloveno. Come ad Attimis, le motivazioni sono legate alle radici linguistiche e non solo: la Slovenia è vicina e la lingua del vicino può sempre tornare utile.
Voglia di sloveno c’è anche alle scuole d’infanzia e primaria di Torreano, attive nell’ambito dell’Istituto comprensivo di Cividale. Nelle borgate montane del comune il dialetto sloveno è ancora piuttosto parlato, sebbene meno tra i giovani. Anche se finora non è mai stato attivato, alcuni genitori aderirebbero volentieri all’insegnamento dello sloveno come lingua minoritaria, a maggior ragione visto che ci si può già avvalere dell’insegnamento del friulano. La possibilità, però, non ha fatto capolino nemmeno nei recenti incontri d’inizio anno coi genitori organizzati dai locali plessi scolastici.
dom del 15 settembre 2018

21 set 2018

La domača Gubanca torna protagonista!


La Via Crucis di don Arturo Blasutto 2

Ad opporvisi sorsero organizzazioni più o meno segrete composte da da ex camicie nere e apparati paramilitari che iniziarono una dura battaglia denigratoria segnatamente contro i sacerdoti che avevano ripreso la secolare prassi dell’uso dello sloveno nelle chiese.
La violenta campagna anticlericale e antislovena prese di mira in particolare don Arturo Blasutto anche a motivo delle voci che arrivavano da Resia circa la sua militanza partigiana.Nel 1950 di fronte ad attacchi sempre più violenti contro i sacerdoti sloveni l’arcivescovo di Udine ,mons.Giuseppe Nogara ,intervenne a loro difesa  con una memoria scritta .Da parte loro i sacerdoti in una lettera indirizzata al prefetto di Udine ribadirono che la lingua slovena locale fu sempre di pacifico uso e dichiararono che sono stati sempre impegnati perchè i problemi della loro popolazioni potessero avere soluzione nell’ambito nazionale italiano.
Non fu sufficiente nemmeno questa chiara presa di posizione.La campagna di calunnie e di accuse continuò e si accanì contro don Arturo.La curia diocesana incaricò un sacerdote locale di svolgere un’indagine sul suo comportamento.Sebbene le insinuazioni mossegli non fossero confermate,nel 1955 don Arturo venne rimosso dal suo incarico.Ancora oggi ci si chiede il perchè di questa decisione dell’autorità diocesana. Quanto le accuse contro don Arturo fossero infondate e strumentali lo rivela la testimonianza di un sacerdote della Slavia che,in un memoriale inviato nel 1957 all’arcivescovo mons.Giuseppe Zaffonato,affermava che il brigadiere dei carabinieri di Clodig gli avesse confidato;-Se don Blasutto di Liessa parlasse italiano,non avrebbe nessuna accusa”.
Il 25 novembre 1955 don Arturo si ritirò nella casa paterna .Rifiutò un sussidio inviatogli dall’arcivescovo:voleva giustizia non elemosina.Diceva messa nella chiesa di Monteaperta,ma senza il suono delle campane.Qualche tempo dopo gli fu negato di celebrare in chiesa.
Negli ultimi anni della sua Via Crucis si adoperò perchè fosse ripresa l’antica tradizione del bacio delle croci presso la chiesa della Santissima trinità di Monteaperta.
Don Arturo morì il 17 settembre 1994.Nell’omelia delle esequie l’arcivescovo di Udine,mons.Alfredo Battisti ,ricordando i soprusi subiti da don Arturo disse:”La sua figura fu segnata dalla sofferenza e dalla fedeltà.Seguendo la linea di quello che è stato il suo maestro di seminario,mons.Trinko,si impegnò a difendere e a promuovere la cultura e la lingua delle sue valli.Come e più di altri sacerdoti nativi della Benecia dovette subire pesanti accuse.Soltanto molti anni dopo uscirà il messaggio per la pace di Giovanni Paolo II “Se vuoi la pace rispetta le minoranze”.Solo Dio conosce quanto don Arturo soffrì nel suo cuore e il dramma vissuto nel segreto della sua coscienza”.
testo dal libro Eloì,eloì lemà,sabahtàni
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20 set 2018

“Natisone, una grandissima risorsa”





“Il Natisone ha sì qualche piccola criticità, ma studiando a fondo questo fiume, anche in relazione ai tanti altri che abbiamo analizzato in questi anni, mi sento di dire che possedete una grandissima risorsa, un tesoro”. È un passaggio dell’intervento di Massimo Bastiani, docente alla Sapienza di Roma e coordinatore tecnico-scientifico del tavolo nazionale dei Contratti di fiume, durante la prima assemblea del contratto di fiume del Natisone che si è tenuta lo scorso 8 settembre a Cividale.
Ad aprire i lavori è stato l’assessore regionale alle attività produttive e al turismo Sergio Emidio Bini che, elogiato il lavoro compiuto fin qui per la realizzazione del contratto sul fiume, ha affermato che “può rappresentare uno dei must da inserire nella promozione turistica della nostra regione”.
Chiamata a presiedere l’assemblea Claudia Chiabai, presidente dell’associazione Parco del Natisone da cui è partita l’idea del progetto, ha quindi annunciato l’ingresso nel contratto dei Comuni di Grimacco, Drenchia, Stregna, Savogna e San Leonardo (Pulfero e San Pietro avevano già aderito) su cui insistono gli affluenti del Natisone.
Il Contratto di fiume, ha infatti spiegato la presidente, è un progetto partito ufficialmente lo scorso anno con la sottoscrizione della dichiarazione di intenti da parte dei Comuni interessati e si interseca con quello per la realizzazione del
Parco fluviale transfrontaliero che coinvolge tutti i territori lungo l’asta del Natisone, compreso il tratto nel comune di Caporetto.
Quanto al Contratto di fiume, ha spiegato Bastiani, è stata realizzato nel corso dell’anno un accurato quadro conoscitivo che, come prevede lo strumento, ha visto la partecipazione di enti pubblici, privati cittadini e società civile. E ha preso in esame indicatori fisici (stato delle acque, situazione idrogeologica), ma anche socio-economici (trend demografico, attività produttive, potenzialità di sviluppo) evidenziando valori e criticità.
Da un punto di vista geologico, ha riferito Bastiani, a fronte di qualche rischio di crolli nel tratto montano, il Natisone presenta diversi siti unici, ‘geositi’, che, come fatto in altre realtà, possono essere valorizzati. La qualità delle acque risulta ovunque buona o sufficiente, con alcune eccellenze quanto alla naturalità del corso d’acqua in particolare nelle località di Stupizza (Pulfero), Vernasso e Biarzo (S. Pietro al Natisone). Il bilancio idrico sulla portata delle acque è buono, anche perché non ci sono problematiche derivanti dalla presenza di centrali idroelettriche.
Quanto all’uso del suolo, la diminuzione delle attività agricole ha portato ad un aumento dei boschi di latifoglie, ma andrebbero recuperati prati stabili e terrazzamenti. Significativo poi il trend demografico che risulta in diminuzione in tutti i comuni. Un dato che fa il paio con la diminuzione delle attività economiche in tutti i settori (tranne quello dei servizi) compreso, sorprendentemente, quello turistico.
Lo stesso Bastiani ha poi presentato il modello del fiume Cére in Francia che, grazie alla realizzazione del Contratto di fiume avviata nel 1998 (da una situazione di partenza molto più critica rispetto al Natisone), rappresenta oggi una meta turistica fra le più frequentate del Paese. Non a caso – ha aggiunto – in Italia il modello del Contratto di fiume, introdotto a livello legislativo nel 2007 con tre progetti, interessa oggi 300 realtà e più di 4mila Comuni. Fra questi, ha poi affermato David Belfiore, quello realizzato nelle Marche sul fiume Esino, che ha prodotto un notevole rilancio del territorio.
A conclusione dei lavori Chiabai ha ricordato le azioni da mettere in atto per promuovere uno sviluppo sostenibile del territorio che fa riferimento al Natisone. Su tutti l’ottenimento della balneabilità, per cui ha invitato i Comuni ad iniziare l’iter. Ma anche le idee pensate dai ragazzi delle scuole assieme all’associazione Parco del Natisone, in alcuni casi già realizzate come la ‘notte in trincea’ sul Kolovrat, nel comune di Drenchia, che dopo l’esperienza con i ragazzi delle superiori, è diventata un appuntamento aperto al pubblico.http://novimatajur.it/attualita/natisone-una-grandissima-risorsa.html

18 set 2018

Via Crucis dedicata agli sloveni della Benečija

Don Arturo Blasutto (1913- 17 settembre 1994)
dal libro “Via Crucis dedicata agli sloveni della Benečija/Križev pot posvečen Beneškim Slovencem”
foto da http://www.lintver.it/
Gran parte della vita sacerdotale di don Arturo Blasutto è stata una Via Crucis di incomprensioni,solitudine,diffamazioni che lo hanno costretto appena quarantenne ,a ritirarsi in silenzio nel paese natale Monteaperta (Taipana) in seno alla popria famiglia che da allora lo ha assistito e curato.
Don Arturo nacque nel 1913 .Dopo aver frequentato le scuole elementari entrò nel seminario diocesano e compiuti gli studi liceali e teologici ,fu consacrato sacerdote nel 1936. Svolse il suo primo servizio come cappellano a Oseacco (Resia),dove nonostante la proibizione fascista,seguì l’antica tradizione di usare il dialetto locale nella prassi pastorale.In Val Resia fu sorpreso dallo scoppio della seconda guerra mondiale  che fece sentire  la sua drammatica presenza con l’inizio della lotta partigiana.
Dal settembre 1944 in zona operava una formazione di combattenti le cui azioni erano dirette soprattutto a sabotare il tratto ferroviario Chiusaforte-Pontebba .Le testimonianze raccontano che don Arturo offrì il suo aiuto umanitario e svolse la sua azione pastorale in mezzo ai partigiani perchè sosteneva ,tutti sono figli di Dio.Questo suo impegno non gli impediva di accogliere e offrire quel poco che possedeva anche a chi combatteva sul fronte opposto.Ma le insinuazioni,che lo dicevano titino e collaborazionista dei partigianidel IX Corpus ,ebbero il sopravvento .Sulla testa di don Arturo i nazifascisati posero una taglia di 500mila lire.Fu ricercato con ogni mezzo ma,messo in guardia e protetto dalla sua gente,per salvare la vita decise di lasciare Oseacco e di rifugiarsi prima presso amici sacerdoti nelle Valli del Natisone poi in seno della famiglia a Monteaperta.
Finita la guerra don Arturo ebbe la nomina di vicario a Liessa (Grimacco),dove come in tutta la slavia friulana ,la pace raggiunta ,la fine della dittatura,la conquista della libertà e della democrazia non avevano sconfitto l’opposizione all’uso dello sloveno nella prassi pastorale…continua
dal libro” Eloì,eloì lemà sabahtàni?”

17 set 2018

Intervista a Domenico Lettig, presidente del CAMA di Resia: “Un laboratorio di affilatura può ancora oggi lavorare bene”

Nelle giornate di sabato 30 giugno e domenica 1 luglio scorso a Spiazzo Rendena in Trentino si è tenuto il primo incontro degli arrotini e dei coltellinai al quale ha preso parte anche un consistente gruppo di arrotini della Val Resia, guidati da Domenico Lettig, presidente del CAMA, l’associazione degli arrotini di Resia.
L’evento ha previsto più momenti di incontro, confronto e di amicizia: dal convegno alla mostra, dalla sfilata alla santa messa presieduta dal vescovo di Trento. Oltre al fatto di aver dato la possibilità a coloro che praticano questo mestiere di incontrarsi e di scambiarsi opinioni, l’evento ha offerto anche spunti di riflessione sulle prospettive di questo antico mestiere. Fatto questo molto significativo visto che è uno dei mestieri molto praticati un tempo, molto meno al giorno d’oggi.
L’associazione degli arrotini di Resia (CAMA) è nata nel 1997 ed ha realizzato diverse importanti iniziative: dalla realizzazione del monumento all’arrotino (1998) all’apertura del museo (1999), dalla Festa dell’arrotino ai numerosi eventi organizzati fuori Resia per promuovere e far conoscere questo antico e affascinante mestiere.
Primo presidente del CAMA era stato Dante Lettig, in seguito, per molti anni ha ricoperto questa importante carica Giovanni Negro che ha promosso, tra le innumerevoli iniziative, la mostra degli arrotini in sedi prestigiose quali Villa Manin di Passariano e il Museo etnografico di Lubiana. Da alcuni anni presiede il CAMA Domenico Lettig, figlio di Dante, che dal padre ha ereditato anche il mestiere.
Al ritorno dal Trentino gli abbiamo posto alcune domande.
Che impressione ha avuto di questo primo incontro tra arrotini?
“Il raduno è stato un punto di riferimento per il futuro. Si è parlato naturalmente del passato e dell’emigrazione legata a questo mestiere; si è parlato della situazione attuale e di come viene vissuto ora ed è stato anche un punto di partenza per capire quali possono essere le prospettive future.”
Questo è molto interessante. Quali prospettive può avere questo mestiere?
“Anche in questa occasione è stato ricordato che manca personale, mancano forze giovani alle quali trasmettere questo mestiere che ha delle prospettive. Attualmente, e anche negli ultimi tempi, è calato sì il mercato privato, ma è buono il mercato legato ai professionisti (macellerie, ristoratori, parrucchieri, estetisti, etc.). Questo significa che c’è richiesta di lavoro qualificato. Un laboratorio di affilatura può ancora oggi lavorare bene. È un lavoro che non si apprende dall’oggi al domani ma richiede molto tempo e dedizione. Per questo è importante avere giovani che si avvicinino a questo mestiere.”
Con questa logica quest’anno avete organizzato anche il primo corso dedicato a coloro che vorrebbero avvicinarsi a questo mestiere, come sta andando?
“Si, quest’anno abbiamo avviato un laboratorio di affilatura tradizionale che ha preso avvio nei primi mesi dell’anno ed ha dato ai partecipanti la possibilità di avvicinarsi a questo mestiere da più punti di vista: siamo partiti con una descrizione storica, poi ci siamo soffermati sulle mole, gli abrasivi e gli acciai ed un terzo incontro è stato dedicato alle varie tipologie di affilature e, con il quarto incontro, abbiamo visitato a Maniago varie aziende coltellinaie ed il Museo dell’Arte Fabbrile e delle Coltellerie. Il laboratorio ha avuto un buon riscontro ed è un punto di partenza. Pensiamo di proseguire e per il futuro prevediamo la possibilità di poter realizzare qualche cosa di concreto in valle. Le informazioni di base sono molto importanti, poi pian piano ci si specializza.”
Questa iniziativa è molto importante e la stessa associazione mondiale dei musei ICOM in un recente incontro tenutosi a Bologna ha sottolineato l’importanza dei musei nel tramandare ai giovani il patrimonio locale.
Da tanti anni la seconda domenica di agosto a Stolvizza è anche la giornata dedicata alla Festa dell’Arrotino. Quali sono le novità di quest’anno?
“Anche quest’anno riproponiamo questo appuntamento. Nella giornata di sabato ci sarà l’arrivo degli arrotini con le loro antiche krosme e biciclette. Quest’anno pensiamo di partire da Sappada. Ci sarà la santa messa al monumento che ricorda gli arrotini. Domenica, nell’area antistante il museo, gli arrotini faranno dimostrazioni per tutta la giornata. Le novità di quest’anno riguarderanno soprattutto i bambini. Abbiamo in programma qualche proposta interessante e divertente per loro.”
Il museo propone diverse iniziative anche al di fuori della valle. Quest’anno dove avete avuto modo di far conoscere questo caratteristico mestiere?
“Recentemente siamo stati presenti alla Festa del Perdon a Clauzetto, siamo stati a Cordovado per Sapori in borgo e a Bologna. La prossima domenica saremo al Bike Vintage, mentre il 22 luglio saremo presenti a Coltello in Festa che si terrà a Maniago. In questa occasione faremo anche laboratori di affilatura e riparazione ombrelli. A dicembre abbiamo in programma la partecipazione ad Artigianato in Fiera a Milano e a Telethon a Udine. A questi eventi partecipiamo già da diversi anni.”
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Il Museo dell’Arrotino, che si trova a Stolvizza, presenta in diverse sale la storia di questo mestiere con l’ausilio di macchinari storici, oggetti, documenti e fotografie. Molto spesso al museo è possibile vedere anche un arrotino dal vivo che arrota forbici e coltelli.
Nel 2017 il Museo compie un altro passo importante nella sua crescita: sostenuto dal Museo della Gente della Val Resia e dall’Istituto per la cultura Slovena di San Pietro al Natisone, nell’ambito del progetto regionale MI SMO TU, ha assunto un dipendente per l’apertura regolare del Museo, che fino ad allora era garantita dai volontari dell’associazione. Questa apertura è di fondamentale importanza e sta dando notevole impulso a tutta l’attività. L’operatrice museale è Mara Paletti, giovane resiana che da anni è attiva in diverse realtà culturali e di volontariato.
Il Museo dell’arrotino è aperto ogni giorno da martedì a domenica e per ogni ulteriore informazione si può consultare il sito www.arrotinivalresia.it.
http://novimatajur.it/cronaca/intervista-a-domenico-lettig-presidente-del-cama-di-resia-un-laboratorio-di-affilatura-puo-ancora-oggi-lavorare-bene.html

Scuola, anno nuovo e problemi vecchi - Novo šolsko leto, stare težave


Nei comuni della provincia di Udine in cui la minoranza linguistica slovena è ufficialmente tutelata, il desiderio d’insegnamento dello sloveno è sempre crescente. Ma fuori dalle Valli del Natisone, dove opera con successo l’istituto comprensivo bilingue «Paolo Petricig», la domanda di genitori e alunni trova risposte diverse a seconda delle realtà locali e, soprattutto, delle risorse finanziarie disponibili.
Per i plessi d’infanzia e primario diVedronza/Njivica, in comune diLusevera/Bardo, come da prassi è l’Istituto comprensivo di Tarcento a seguire l’organizzazione del corso di sloveno. Nello scorso anno scolastico l’aveva strutturato in venti ore (dieci per classe, essendoci due pluriclassi), con svolgimento tra aprile e maggio. «Penso che si terrà anche quest’anno – spiega il sindaco, Guido Marchiol –. Noi non abbiamo provveduto a progetti in quel senso, anche perché, a suo tempo, il sogno mio e di questa amministrazione era quello di una scuola bilingue. L’ex dirigente Pertoldi avrebbe dovuto introdurre addirittura la trilingue, comprendendo anche il tedesco, senza che poi la cosa si sia concretizzata».
Il sindaco si è disamorato della questione perché, all’epoca, si era trovato tutti i genitori contro. Una piccola parte di essi avrebbe avuto interesse, ma il problema era che, per fare la scuola bilingue, questa si sarebbe dovuta collegare amministrativamente a quella di San Pietro al Natisone, anche per evitare costi aggiuntivi, col beneplacito della Regione. L’Istituto comprensivo di Tarcento, invece, avrebbe perso Lusevera. L’opposizione del tempo aveva anche tirato fuori il «pericolo della slovenizzazione», di cui Marchiol, invece, non si preoccupava, essendo per lui importante dare l’opportunità ai bambini di imparare un’altra lingua.
A Taipana/Tipana prevale, anzitutto, la soddisfazione per aver mantenuto aperti i plessi d’infanzia e primario, operanti nell’ambito dell’Istituto comprensivo di Tarcento. Ci saranno, in totale, 21 bambini, uno in più rispetto all’anno scorso. Circa l’insegnamento dello sloveno, si ripropone il problema della mancanza di fondi per attuarlo. L’Istituto comprensivo di Tarcento parteciperà al bando regionale sulle lingue minoritarie, ma l’esito sarà noto solo nei primi mesi del 2019.
Il sindaco, Alan Cecutti, informerà la dirigente dell’Istituto di come l’amministrazione comunale desideri che lo sloveno sia presente fin dall’inizio e, pertanto, si attiverà direttamente per reperire le risorse necessarie allo stesso modo dell’anno scorso, quando l’ora settimanale di sloveno, sia nella scuola dell’infanzia, sia nella primaria, è stata garantita da un progetto realizzato in collaborazione con l’associazione «don Eugenio Blanchini». Allo stesso tempo l’amministrazione lavorerà affinché alla questione venga data una risposta definitiva, tramite l’applicazione dell’articolo 12 della legge di tutela della minoranza slovena.
L’articolo dà, infatti, la possibilità di insegnamento curricolare dello sloveno (e in sloveno) nelle scuole materne e dell’obbligo di tutti i comuni in cui è riconosciuta la presenza della minoranza. Cecutti ne parlerà con l’assessore regionale Pierpaolo Roberti, che ha la delega per le Identità linguistiche, mentre il capogruppo di maggioranza a Taipana, Armando Noacco, ha già avviato il confronto sul tema con il presidente della Sesta commissione del Consiglio regionale, Giuseppe Sibau, e ha in programma un incontro con l’assessore regionale all’Istruzione, Alessia Rosolen.
In Valcanale, dove nelle scuole dell’Istituto omnicomprensivo di Tarvisio, con modalità diverse, trova spazio l’insegnamento di friulano, sloveno e tedesco, bisogna distinguere tra due diversi aspetti. Da un lato, complice il forte sostegno e gradimento riscontrato tra gli stessi alunni e i genitori, si prospetta come quasi certo il proseguimento e (forse) l’ampliamento della sperimentazione plurilingue avviata nello scorso anno scolastico nei plessi d’infanzia e primario di Ugovizza/Ukve – con sloveno, tedesco e friulano quali lingue veicolari per alcune ore a settimana, ovviamente oltre all’inglese quale lingua ministeriale.
Dall’altro l’insegnamento dello sloveno nei plessi d’infanzia e primari dell’Istituto attivi nella zona di applicazione della legge di tutela della minoranza slovena, proseguirà anche per i bambini che continueranno a frequentare le lezioni secondo le modalità «tradizionali». Le risorse necessarie, però, sono garantite solo fino a dicembre 2018 e non si sa ancora con quali fondi l’insegnamento dello sloveno sarà finanziato a partire da gennaio 2019.
Anche a Prepotto/Prapotno nelle scuole d’infanzia e primaria, attive nell’ambito dell’Istituto comprensivo di Cividale, proseguiranno sia l’insegnamento del friulano sia l’insegnamento dello sloveno. Il friulano sarà insegnato durante tutto l’anno, mentre lo sloveno per un numero di ore da definire in base al finanziamento che sarà erogato. A riguardo vale la pena ricordare come, nello scorso anno scolastico, alla scuola primaria di Prepotto fossero stati concessi fondi per insegnare solamente 15 ore di sloveno – ossia tre ore (180 minuti) per classe.
Nell’ambito dell’Istituto comprensivo di Trasaghis, a Resia/Rezija sono attivi una scuola d’infanzia, una scuola primaria e una scuola secondaria di primo grado, con sede a Prato di Resia/Ravanca. Qui, solitamente, sono insegnati canti e tradizioni legati al dialetto sloveno resiano, ma non il dialetto stesso, né, tantomeno, la lingua slovena.
Nelle scuole d’infanzia di Campeglio e primaria e secondaria di primo grado di Faedis/Fojda, attive nell’ambito dell’Istituto comprensivo di Faedis, al momento è insegnato il friulano, ma non lo sloveno. Alcuni anni fa dei genitori si erano interessati in tal senso, ma le attività didattiche non sono mai partite.
In Comune fanno sapere di non avere mai ricevuto richieste di attivazione dell’insegnamento dello sloveno. «Personalmente non ho mai avuto nessuna richiesta di attivare la lingua slovena. Se ci fosse un interesse potrebbe essere a Canebola, a Valle non ho mai avuto nessuna richiesta, non penso ci sia un’aspettativa da parte della gente», ci ha spiegato il sindaco Claudio Zani, anche se un’indagine conoscitiva in tal senso non è mai stata svolta.
Se ci fosse la richiesta, spiega Zani, il Comune dovrebbe valutare come finanziare l’insegnamento dello sloveno e tutto dovrebbe passare per l’istituto comprensivo, che dovrebbe poi chiedere all’amministrazione comunale di attivare il corso.
Anche nelle scuole d’infanzia e primaria di Attimis/Ahten, anch’esse attive nell’ambito dell’Istituto comprensivo di Faedis, è insegnato il friulano, ma non lo sloveno. Tra alcuni genitori, o per motivi riconducibili alle radici familiari o per la pura voglia di imparare la lingua del paese vicino, il desiderio di ore di sloveno ci sarebbe. Se d’interesse per la popolazione, anzi, a riguardo l’amministrazione comunale non avrebbe niente in contrario, spiega il sindaco, Sandro Rocco.
La situazione si ripropone anche a Nimis/Neme, i cui plessi scolastici, ricordiamo, sono attivi nell’ambito dell’Istituto comprensivo di Tarcento. Nel comune il dialetto sloveno è ancora parlato e ufficialmente tutelato a Cergneu di Sotto/Dolenjena e Cergneu di Sopra/Čarnjeja, ma una volta era la principale lingua d’uso anche in diverse altre borgate montane. Per ora a scuola è insegnato solo il friulano, anche se nei plessi primario e secondario di primo grado di Nimis (attivi nell’ambito dell’Istituto comprensivo di Tarcento) sarebbero diversi i genitori interessati all’insegnamento dello sloveno. Come ad Attimis, le motivazioni sono legate alle radici linguistiche e non solo: la Slovenia è vicina e la lingua del vicino può sempre tornare utile.
Voglia di sloveno c’è anche alle scuole d’infanzia e primaria di Torreano/Tauorjana, attive nell’ambito dell’Istituto comprensivo di Cividale. Nelle borgate montane del comune il dialetto sloveno è ancora piuttosto parlato, sebbene meno tra i giovani. Anche se finora non è mai stato attivato, alcuni genitori aderirebbero volentieri all’insegnamento dello sloveno come lingua minoritaria, a maggior ragione visto che ci si può già avvalere dell’insegnamento del friulano. La possibilità, però, non ha fatto capolino nemmeno nei recenti incontri d’inizio anno coi genitori organizzati dai locali plessi scolastici. (Veronica Galli e Luciano Lister)
V pandiejak, 10. šetemberja, so otroci, čeče in puobje spet napunili učilnice in sednili v šuolske klopi.
Podatki, ki smo jih objavili v prejšnji številki Doma, pravejo, de je v novim šuolskim lietu manj otruok v vartacu.
V šuolah Nediških dolin je 12 otruok manj v vartacu, 7 manj v primarni šuoli in 12 vič v sriednji šuoli. V dvojezični šuoli, kjer se otroci uče po slovensko in italijansko, je vse kupe 286 učencu, kar je 9 vič ku lani.
V dvojezičnem vartcu in dvojezični primarni šuoli je vič ku pú vsieh šuolarju Nediških dolin. V dvojezični sriednji šuoli parvi krat imajo dva parva razreda. Tuo je dokaz, de dvojezični vičstopinski inštitut le naprej lepuo raste, četudi ima Benečija velike demografske probleme.
Seviede ostaja šele odparto vprašanje, kakuo ponuditi učenje slovenskega jezika v drugih krajih Benečije, Rezije in Kanalske doline ter v Vidnu. Ob Bardu in Tipani, vprašajo dvojezično šuolo v Prapotnem, trijezično (italijansko – slovensko – niemško) v Kanalski dolini in učenje slovenskega jezika v Nemah, Ahtnu, Fojdi, Tauorjani in Vidnu.
Tudi za Rezijo bo trieba ušafati pravi model.
Pozitivno kaže v Kanalski dolini, saj bojo v vartacu in parvih treh razredih primarne šuole v Ukvah tudi lietos eksperimentirali trijezični pouk.

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