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Ukve/Ugovizza |
Nella Valcanale, geograficamente più vicina al sistema scolastico bilingue della Carinzia che alla scuola bilingue di San Pietro al Natisone/Špeter, le locali lingue minoritarie – accanto all’italiano, sloveno, tedesco e friulano – fanno fatica a consolidare la propria presenza nel sistema scolastico locale. Spesso contribuiscono all’insegnamento le associazioni delle comunità linguistiche. Sloveno e tedesco, da secoli parlati in Valcanale nelle rispettive varianti dialettali, giocano ancora un ruolo importante soprattutto nelle usanze locali. Al prestigio dello sloveno dà il proprio contributo il mantenimento del rito bilingue a Ugovizza/Ukve e Camporosso/Žabnice, dove cantano in sloveno anche i locali cori parrocchiali. A Ugovizza, per alcuni oggigiorno “il paese più sloveno” della Valcanale plurilingue, abita Rossella Lupieri, che ha 15 anni e frequenta la seconda classe del liceo scientifico dell’ISIS Magrini-Marchetti di Gemona.
La Valcanale è spesso associata alla presenza di tutte le lingue minoritarie parlate in regione – oltre all’italiano, anche dello sloveno, del tedesco e del friulano. Come vedi la situazione a Ugovizza?
«A Ugovizza le lingue locali sono ancora abbastanza presenti, soprattutto lo sloveno. Nel mio paese, infatti, sono ancora vivi i canti tradizionali in questa lingua o nel nostro dialetto; la messa viene celebrata in sloveno e spesso nelle famiglie si parla in dialetto. Il friulano è poco parlato perché il nostro territorio è più sentito come sloveno o tedesco, dal momento che dietro a queste lingue c’è una tradizione secolare. Per quanto riguarda il friulano, la sua diffusione in Valcanale è un fenomeno relativamente recente».
Che ruolo giocano le associazioni delle comunità linguistiche locali?
«Le associazioni svolgono un ruolo molto importante perché coinvolgono i giovani con progetti e organizzano eventi, come i concerti, per unire non solo le località della Val Canale ma anche quelle dell’Austria e della Slovenia, creando comunità tra le varie lingue».
Quanto parlano lo sloveno e le lingue locali i giovani?
«I giovani parlano poco lo sloveno e le altre lingue locali. Parlano perlopiù il dialetto sloveno locale, in quelle famiglie dove ci sono ancora nonni o genitori che lo parlano, oppure parlano in sloveno quando rivivono quelle tradizioni che sono strettamente legate alla parlata slovena locale o allo sloveno. Lo imparano anche a scuola e devo dire che si sforzano di parlarlo, quando vanno in Slovenia».
A Ugovizza, in genere, la generazione dei tuoi nonni e dei tuoi genitori parla il dialetto sloveno o le altre lingue locali, mentre la tua generazione spesso li capisce, ma non li parla. Secondo te perché?
«Questo accade perché una volta l’italiano si parlava poco o non era affatto conosciuto. La lingua madre, primaria e di comunicazione, era appunto lo sloveno locale; le scuole venivano frequentate nel proprio paese e, quindi, la gente non aveva contatti col mondo italiano. Adesso i giovani vanno a scuola molto spesso lontano da casa, dove questi dialetti non sono conosciuti e, quindi, non hanno la possibilità di parlarli, se non a casa. La situazione è molto cambiata».
Quali iniziative potrebbero, secondo te, portare a un maggiore uso quotidiano dello sloveno e delle altre lingue tradizionali della Valcanale tra i giovani?
«Si potrebbero fare più progetti per valorizzare queste lingue, soprattutto al di fuori delle scuole; organizzare gite dove si ha l’opportunità di parlarle, laboratori, incontri con altri giovani che le parlano, incontri con gente del posto e altre iniziative rivolte a questi scopi».
Da tempo per la Valcanale si parla dell’inserimento stabile delle lingue locali nelle scuole, ultimamente entro una scuola trilingue. Secondo te quali effetti potrebbe portare questo per la comunità valcanalese?
«Questo inserimento permetterebbe ai giovani di imparare le lingue dei nostri vicini, sviluppare degli interessi e magari trasmetterli agli amici. Però non è solo importante insegnare la lingua, ma anche la cultura e le tradizioni di questi popoli a noi confinanti, soprattutto rispettandoli».
Come giovane, quali potenzialità e criticità noti nella zona in cui vivi, anche rispetto al costruirsi un futuro?
«Nella zona in cui vivo non ci sono grandi opportunità per noi giovani. Il turismo è sottovalutato; non è sfruttato al meglio il nostro patrimonio culturale. In questo campo c’è ancora molta strada da fare, bisognerebbe iniziare non solo coinvolgendo i giovani, ma anche gli anziani, che ci potrebbero dare informazioni sulla nostra storia e sulle nostre lingue, ampliando ancor più la nostra cultura».