27 mar 2020

Covid-19, occhio al telefono cellulare - Covid-19, pazite na pametni telefon


Covid-19, occhio al telefono cellulare Covid-19, pazite na pametni telefon Il dott. Mario Canciani, pediatra e pneumologo di fama ha pubblicato il proprio quarto aggiornamento sul Coronavirus, con l’ intento di fornire delle informazioni pratiche e semplici, cercando di evitare il più possibile termini medici o astrusi e di rendere sintetiche certe spiegazioni che di solito richiedono molto tempo di lettura. Il dott. Canciani sottolinea anche questa volta di far riferimento per i problemi di gestione quotidiana e generale (uscite, spesa, organizzazione sanitaria e generale, igiene,..) al sito ufficiale della Regione Friuli Venezia Giulia che trovate all’indirizzo https://www.protezionecivile.fvg.it/it/la-protezione-civile/eventi/informazione-coronavirus. Perché certe categorie sono meno colpite? Non lo sappiamo con certezza, per ora si possono fare delle ipotesi. Le femmine sono meno colpite dei maschi per ragioni ormonali, immunitarie, metaboliche e per il diverso stile di vita. Gli immigrati sono meno colpiti perché più giovani, perché le recenti vaccinazioni –soprattutto quella antitubercolare- hanno stimolato la loro immunità, forse anche per una maggiore resistenza genetica. I bambini sono meno colpiti perché contraggono spesso infezioni dai “vecchi” coronavirus, che producono una specie di “ombrello protettivo” nei confronti di questo corona e perché hanno una maggiore quantità di linfociti, che sono i globuli bianchi che ci difendono dai virus Alcuni farmaci possono peggiorare l’ infezione da Coronavirus? Anche in questo caso solo il tempo ci darà la risposta e i dati per ora sono incerti. Tuttavia, basandoci sul concetto medico di precauzione, non conviene usare a meno che non siano indispensabili (es. artrosi) ibuprofene e derivati e cortisone per bocca, dando la preferenza al paracetamolo ( es. tachipirina). Al momento non sembra ci siano rischi per i cortisonici inalatori, usati nel trattamento dell’ asma persistente e della bronchite cronica e per gli antipertensivi a base di sartani ed aceinibitori, anche perché una loro sospensione o modificazione potrebbe portare a un aumento degli eventi cardio-vascolari. Perché la Germania ha così pochi decessi? A fronte di metà dei contagi rispetto all’ Italia, la mortalità è 1/50 di quella italiana. Anche qui possiamo per ora fare delle ipotesi: minor presenza di anziani nelle famiglie (i giovani lasciano la famiglia molto prima che in Italia e i legami con gli anziani sono meno stretti); in Germania hanno focalizzato i tamponi sui focolai, cercando di rintracciare tutti i contatti con gli ammalati e con i positivi; in Germania ci sono molti più posti in terapia intensiva, con maggiore possibilità di trattare più a fondo da subito i pazienti, che non restano a lungo nelle medicine o nei reparti di infettivologia come da noi; il ceppo di Corona può essere meno aggressivo; non hanno ancora avuto il picco dei contagi. Perché la Corea ha avuto un drastico calo dei casi? La Corea del Sud dopo la Cina aveva il maggior numero di contagi e morti ma ha avuto risultati eccellenti basandoci sulla precedente esperienza con un’altra infezione da Corona, chiamata MERS, nel 2015. In pratica, i coreani isolano tutti i contagiati e i loro contatti, anche se asintomatici, tracciando i loro spostamenti con il cellulare, sia per controllarne la quarantena, sia per verificare la comparsa di altri focolai in base ai loro spostamenti. Faccio un esempio pratico: se si trova un positivo al tampone in un condominio, viene eseguito il tampone a tutti i condomini e a tutti quelli venuti a contatto con essi negli ultimi 14 giorni. Tutti osservano la quarantena e vengono tracciati con il cellulare. Un operatore sanitario è disponibile 24 ore al giorno per rispondere alle varie domande. Il Corona ha diversi ceppi? Il virus sta mutando e i ceppi isolati nei vari Paesi e nello stesso Paese non sono gli stessi. Solo dall’analisi genetica del virus si potrà dare una risposta più completa. I ricercatori triestini dell’Area di Ricerca hanno isolato e sequenziato il codice genetico della variante che sta girando in Regione. Dal confronto con altre mutazioni si potranno avere utili indicazioni sulle caratteristiche del virus e per preparare il vaccino. Quando potrebbe terminare l’emergenza? Secondo l’ OMS, quando non si registrano nuovi casi per 2 cicli d’ incubazione, cioè 30 giorni per il Coronavirus. In seguito, va mantenuta un’ elevata sorveglianza per 90 giorni. Finché non si raggiungerà un sufficiente numero di persone che hanno prodotto anticorpi nel riguardo del virus, dando origine all’immunità di gregge, il virus continuerà a far danni. Naturalmente il vaccino accorcerebbe tale lasso di tempo, ma è difficile che diventi operativo prima di 12-18 mesi. I ricercatori dell’Imperial College di Londra hanno proposto un metodo di controllo: imporre misure di isolamento domiciliare ogni volta che i ricoveri nei reparti di terapia intensiva iniziano ad aumentare e diminuirli ogni volta che diminuiscono. Faccio un esempio: ogni volta che superano una soglia, per esempio 100 alla settimana, il Paese dovrebbe chiudere tutte le scuole e la maggior parte delle università, adottando l’ isolamento domiciliare. Quando scendono sotto i 50 ricoveri, queste misure verrebbero revocate, ma le persone con sintomi o i cui familiari hanno sintomi, dovrebbero lo stesso rimanere confinati a casa. Se costruissimo tante nuove unità di terapia intensiva, potremmo allentare le misure restrittive attuali? Senza le misure di isolamento, per ben che vada avremmo una richiesta superiore a quella sfornata da tutte le nuove terapie intensive. Senza contare il fabbisogno di medici e infermieri. Che ruolo ha l’ inquinamento atmosferico nella diffusione del virus? Anche se la mappa dell’ inquinamento è abbastanza sovrapponibile a quella della diffusione del virus, per ora non abbiamo prove incontrovertibili. Sappiamo che l’ inquinamento causa una continua infiammazione dei bronchi, predisponendo a varie infezioni, soprattutto virali. Il cellulare è una fonte d’infezione? Partendo dalla constatazione che sul cellulare ci sono più germi che sulla tavoletta del water e che i virus durano sulla sua superficie diverse ore, è consigliabile disinfettare e pulire il cellulare almeno una volta al giorno, meglio di sera. Dopo averlo estratto dalla custodia e pulito con un panno asciutto, pulirlo con una salviettina a base di cloro ( tipo Clorox) e lasciare asciugare per almeno 5 minuti. Lo stesso va fatto per la custodia. Znani in priljubljeni zdravnik slovenskih korenin Mario Canciani je 27. marca objavil svoje òetrto poročilo o koronavirusu Covid-19. Tudi tokrat se je odzval na pogostejša vprašanja o koronavirusu in kako ravnati, da bi omejitvi sirjenja okužbe. Tokrat med drugim svetuje kako ravnati s pametnim telefonom. https://www.dom.it/covid-19-occhio-al-telefono-cellulare_covid-19-pazite-na-pametni-telefon/

25 mar 2020


Česa ne smemo pozabiti 29 m fa Koronavirus
Ni kaj, življenje se je spremenilo. Grožnja potencialno smrtonosnega virusa je dosegla sleherni dom. Mar ni ironično – dočakali smo čas, ko smo končno vsi enaki, vendar nas namesto zadovoljstva prevevata strah in tesnoba. Ukrepi na najvišji ravni so nujni in pričakovani, četudi posegajo v temeljne človekove pravice. V javnosti ni zaslediti, da ljudje ne bi razumevajoče sprejemali realnosti. Toda ukrepi vendarle morajo biti sorazmerni in nediskriminatorni. Ukrep o zaprtju mejnega prehoda Robič, ki sicer ni trajal niti teden dni, je bil eden takšnih. Če država nima dovolj policistov, da bi jih razporedila po državni meji, to ni težava tistih, ki živijo ob meji. Ne more se obnašati po preprosti tržni logiki, kaj se splača in kaj ne, kar v našem primeru temelji na maloštevilnem dnevnem prečkanju meje. Z omejevanjem prenosljive bolezni ukrep ni imel nobene veze, le domačinom, ki se odpravljajo na delo čez mejo, so otežili življenje. A je omenjena težava vendarle relativna, ko govorimo o življenju in smrti. Zato najprej ne pozabimo na tiste, ki se dušijo v nočni mori brez možnosti tolažbe svojcev. Ko bo vse skupaj minilo, bo stisk rok v prihodnje še bolj pristen. Ker si bomo zapomnili, da svet okoli nas ne deluje samoumevno, temveč da ga predvsem v času nevarnih izzivov poganjajo požrtvovalni posamezniki v javnem(!) zdravstvu, človekoljubnih organizacijah, policiji in civilni zaščiti. Ne pozabimo, da javna uprava deluje. Ne pozabimo, da so vsakdanje dobrote običajno dostopne in da nam jih nekdo nabira in pripravlja, drugi jih dostavlja, tretji prodaja. Ne pozabimo na delavce v proizvodnih halah. Ne pozabimo, da so nekateri čez noč ostali brez prihodkov. Ne pozabite občutka, ko se morate doma vživeti v vlogo učiteljev. Ne pozabite, da se ne utapljamo v smeteh. Nikar pa ne pozabite na vlogo medijev v tem obdobju. In ne pozabite, kdo pljuva nanje. https://novimatajur.it/opinioni/cesa-ne-smemo-pozabiti.html

10 mar 2020

Chi era Zorko Ščuka

IL PERSONAGGIO

La maggioranza di governo ha presentato una proposta di nuova legge elettorale che non piace a tutti Dopo 75 anni non è ancora noto come sia morto Zorko Ščuka, alla cui memoria il partito Fratelli d’Italia vorrebbe rendere omaggio con una «pietra d’inciampo». Certo è solamente il fatto che Ščuka sia stato visto per l’ultima volta dai suoi cari nel maggio del 1945. Alla fine del secondo conflitto mondiale gli appartenenti al Dipartimento per la Protezione della nazione cercarono l’agronomo nato a Trieste nel 1912 nella sua abitazione e lo portarono al carcere di Trieste e da lì a Ljubljana. Solamente a metà degli anni ‘90 la defunta figlia, Marija Ščuka Kerže, ha ritrovato nell’archivio di Ljubljana il fascicolo di detenzione del padre con un’annotazione a matita: liquidato. Non è noto dove sia stato ucciso Ščuka e per quale ragione. Durante il fascismo Ščuka fu attivo nelle associazioni slovene giovanili e collaborò con Tigr. Per questo motivo venne giudicato a dicembre del 1941 nel secondo processo triestino: mentre nel corso degli interrogatori descrisse minuziosamente agli inquisitori l’attività illegale, successivamente ritrattò tutto. A processo fu prima condannato a morte. Nel corso della notte a lui, Dorče Sardoč, Lavo Čermelj e Franc Kavs il massimo edittale della pena fu commutato in ergastolo, indi Ščuka fu condotto assieme a Čermelj all’isola d’Elba, da dove fece ritorno nel 1944. Fuggì successivamente in Svizzera per fare ritorno a Trieste alla fine della guerra. Sono plausibili due spiegazioni: il Dipartimento per la Protezione della nazione ha eliminato Ščuka o a causa del comportamento tenuto nel corso del secondo processo di Trieste o per la presunta collaborazione con i servizi segreti britannici. P. V. (Primorski dnevnik, 9. 2. 2020)
da SLOVIT

Anche uno sloveno nel ricordo delle foibe

TRIESTE – TRST

Il partito Fratelli d’Italia vuole ricordare le vittime delle uccisioni alla fine della seconda guerra mondiale con «pietre d’inciampo» Il Comune di Trieste si ricordi delle vittime delle foibe con la collocazione di «pietre d’inciampo», come avviene per il ricordo di quelle delle persecuzioni naziste. La proposta è stata presentata dal politico triestino Fabio Scoccimarro nel corso di una conferenza stampa, sabato, 8 febbraio, a Trieste. Scoccimarro ha spiegato che, per quanto riguarda quest’iniziativa, interviene come esponente del partito Fratelli d’Italia (FdI), non invece come membro del governo del Friuli-Venezia Giulia, dove guida l’assessorato all’Ambiente e all’energia. Per questo, oltre a Scoccimarro, era seduto anche il segretario triestino di Fratelli d’Italia, Claudio Giacomelli; dietro al tavolo i due hanno invitato anche la rappresentante dell’amministrazione comunale di Trieste, Elisa Lodi. Questa ha affermato di accogliere la proposta e che il suo ufficio sta già preparando la delibera per il collocamento delle prime «pietre d’inciampo». Una pietra anche per Zorko Ščuka Scoccimarro ha già ordinato 13 lastre di marmo di Rupingrande-Repen. Ha esposto i campioni sul tavolo. Secondo le sue intenzioni, 11 verrebbero collocati in ricordo dei poliziotti che l’1 maggio 1945 finirono in mano ai partigiani di Tito e poi nelle cavità carsiche. Scoccimarro vorrebbe collocare una pietra in ricordo di Norma Cossetto e, in particolare, nel suo paese di nascita, Vižinada, nella parte croata dell’Istria. Un’altra ancora ricorderebbe tutte le vittime «del totalitarismo comunista in Istria, a Rijeka-Fiume e in Dalmazia». Scoccimarro ha affermato di voler sistemare una pietra anche a Barcola, dove ha vissuto Zorko Ščuka. Di lui Scoccimarro ha spiegato come sia stato un comunista sloveno, che però non era in linea con Tito. Per questo è stato assassinato subito dopo la fine della seconda guerra mondiale.«Tutti gli invasori sono uguali» Già prima delle domande dei giornalisti, Scoccimarro aveva dichiarato di non volere che la sua proposta fosse in alcun modo associata alle «pietre d’inciampo» posizionate in ricordo delle vittime del nazismo. «Si tratta di due storie distinte e non voglio collegarle», ha detto Scoccimarro. Si è, poi, rammaricato del fatto che alla viglia del Giorno del ricordo delle vittime delle foibe e dell’esodo si ripetano posizioni secondo le quali le foibe sono state conseguenza dei crimini del fascismo. «Nelle foibe non sono finiti solo i fascisti, ma anche e soprattutto persone innocenti, per esempio poliziotti e solo perché indossavano l’uniforme», ha dichiarato. Ha espressamente nominato l’Associazione nazionale partigiani d’Italia e il partito Rifondazione comunista, che sarebbero colpevoli del fatto di nominare sempre, in relazione alle foibe, i crimini fascisti, cosa che per lui è inaccettabile. A riguardo si è espresso anche Giacomelli, che ha gradito le parole dell’anno scorso del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, secondo cui nel secondo dopoguerra non si è trattato di ritorsione per i delitti del fascismo. Relativamente alle colpe dello stato totalitario fascista, Scoccimarro ha, invece, affermato di riconoscerle, ma che ogni invasore si comporta allo stesso modo, anche in modo criminale. (Primorski dnevnik, 9. 2. 2020)
da SLOVIT

9 mar 2020

LETTERA



Risultato immagini per italia zone coronavirus
Cari Italiani,
siete un popolo con tante qualità:creativi,artisti,burloni,facilmente influenzabili dai media e dalle opinioni altrui,cambiate spesso bandiera,state tutti con il vincente,purtroppo in questo frangente di virus fate fatica a seguire le norme.Siete un po' menefreghisti,superficiali e non vi siete ancora resi conto della gravità della situazione.Ci sono persone che criticano le decisioni prese dal governo dicendo che sono esagerate.Dobbiamo collaborare ed attenerci a quanto stabilito.Se si continua così negli ospedali si arriverà a fare una scelta su chi assistere,gli ospedali sono saturi e non ci sono più posti nelle terapie intensive.Io non ho alcun problema ad attenermi alle norme,sono anziana e non ho una gran vita sociale.
PER STARE MEGLIO TUTTI leggete quello che ho scritto e RIFLETTETE!

6 mar 2020

Davki dušijo gorske vasi - La fiscalità soffoca la montagna


La montagna soffre sempre di più. Il calo demografico, negli ultimi anni in particolare, è accentuato e non ci sono segnali di tenuta. Anche i cittadini stranieri cominciano a calare: se ne vanno altrove, spesso in cerca di lavoro. Ne derivano una serie di problematiche che impediscono lo sviluppo. Sia in ambito produttivo che commerciale. A pagare lo scotto sono le famiglie che continuano a vivere nei paesi della cosiddetta “montagna povera”. Se le amministrazioni municipali cercano di porre rimedio, investendo in strade, scuole e miglioramento del territorio per renderlo appetibile sotto il profilo turistico, resta grave la situazione dei pubblici esercizi e dei piccoli negozi. Chi opera con difficoltà nelle borgate in quota chiude, o è tentato di farlo. Esempi arrivano da Lusevera dove di recente ha abbassato le serrande uno storico negozio attivo da 70 anni a Pradielis. E, sempre qui, in Alta Val Torre, due storici pubblici esercizi sono gestiti da donne ormai molto avanti con l’età, che cercano di tirare avanti per passione e amore per il proprio territorio, oltre che per i propri compaesani. Anche a Cornappo l’unico bar rimasto potrebbe chiudere i battenti. A Clap, dove è attiva una bella realtà agricola a gestione familiare di recente inaugurazione, tutto sommato, non è facile andare avanti e lo sfogo della titolare, in questi giorni, su Facebook, racconta dello scoraggiamento in cui ci si può imbattere lungo un percorso dedicato alla valorizzazione della montagna.
La crisi legata allo spopolamento e al peso fiscale che devono sostenere piccole realtà commerciali di paesi montani e al confine non è un problema di oggi: si trascina da tempo. Con l’introduzione, per i bar e i locali, dello scontrino elettronico, e con la chiusura, al 31 dicembre dello scorso anno, di numerosi punti vendita ed esercizi di prossimità, se ne torna finalmente a parlare in maniera concreta, cercando delle soluzioni.
Di recente è stata pubblicata una ricerca eseguita da Format Research, presentata in occasione dell’illustrazione dell’osservatorio congiunturale di Confcommercio Friuli Venezia Giulia. Dall’indagine emerge come non sia tanto lo scontrino fiscale a pesare sul bar e sul piccolo negozio (un esercente su due ha acquistato il nuovo registratore telematico), quanto le tasse in generale, che sono le stesse per il bar e il piccolo negozio attivi in un centro popoloso di pianura.
La situazione nelle aree montane è preoccupante: dal 2010 al 2019 i territori sono stati caratterizzati da un fenomeno di riduzione del numero delle imprese più forte rispetto alle zone non montane: meno 3% contro meno 1% della pianura e della città. Nello specifico, la crisi dei negozi di vicinato e più spiccata nei comuni montani. Sono proprio le imprese del commercio quelle che hanno fatto segnare il calo più forte, pari a -14%, con sostanziale tenuta dei servizi e, in prevalenza, del turismo. Confcommercio regionale ha aperto un’interlocuzione con la Regione sull’opportunità di seguire un modello che funziona, quello dell’Alto Adige, per incentivare l’apertura di esercizi di vicinato nelle zone marginali del Friuli Venezia Giulia, oltre che per la tutela degli esistenti, veri e propri baluardi di vita anche sociale e non solo economica. Basta pensare al bar di Canebola: qui la titolare è sempre presente anche quando il pubblico esercizio è chiuso. Anche lei però sta valutando la possibilità di chiudere.


Con l’abbassamento delle serrande viene a mancare un altro servizio che è il telefono fisso. Le comunità anziane che popolano i borghi in quota spesso hanno problematiche legate all’interruzione continua del servizio di telefonia fissa, spesso per maltempo, ormai sempre più frequente con eventi meteo improvvisi e imprevisti; ci sono problemi di connessione di rete anche per la telefonia cellulare. Va detto, infine, che non tutti utilizzano il cellulare, perché la componente demografica indica residenti molto anziani. Da Chialminis segnalano problematiche continue legate anche all’erogazione dell’acqua e della corrente. A soffrirne, tra gli altri, è l’unico ristorante attivo in questa frazione di Nimis, che da anni offre servizi fondamentali, non solamente sotto il profilo dell’accoglienza “a tavola” ma anche sul fronte sociale dell’aiuto di vicinato.
Le imprese del terziario di montagna pagano, infatti, tra l’altro, lo scotto di un ritardo dal punto di vista dei livelli di digitalizzazione, con conseguenze dirette sulla capacità di innovazione dei propri modelli di business: solo il 63% è in possesso, ad esempio, di un sito web aziendale (contro il 77% rilevato nelle imprese delle altre aree); la quota di coloro che svolgono attività di ecommerce è la metà rispetto alla media regionale, 9% contro il 18%. Il tasso di imprenditorialità nelle zone montane è così in calo: sono il 34% le imprese del terziario nate nell’ultimo decennio nei comuni montani, contro il 40% registrato nelle altre zone del FVG.
Cosa fare? L’assessore regionale alle attività produttive, Sergio Emidio Bini, ha annunciato l’attivazione di una misura che potrebbe mitigare questo grave disagio: sono pronti dei contributi a fondo perduto per chi continua a portare avanti bar o piccoli negozi di vicinato. Possono farne richiesta gli esercenti e i commercianti che hanno la loro attività in paesi con una popolazione non superiore ai 3000 abitanti. «La Regione è vicina alla montagna – dice Bini – sappiamo che la chiusura di un bar in un piccolo paese può comportare gravi conseguenze per le famiglie che vi abitano. Può portare alla desertificazione della frazione o del centro abitato la chiusura improvvisa di un negozio che vende generi alimentari.
Per questo abbiamo deciso di attivare la misura di sostegno. Maggiore sarà il servizio offerto alla comunità, maggiore sarà il contributo a fondo perso. Ad esempio daremo un finanziamento maggiore a chi offre non solamente il servizio di vendita del pane ma anche a chi si offre di portarlo a casa direttamente degli anziani ». È questa misura che ha portato l’amministrazione comunale di Taipana, a pensare di riaprire il piccolo negozio in piazza, di fronte alla chiesa, chiuso ormai da anni. In questa municipalità, infatti, non esiste da tempo un punto vendita per i generi alimentari di prima necessità. (Paola Treppo)
Upadanje števila in staranje prebivalcev v Benečiji posledično pozvroča zaprtje trgovin, gostiln in drugih lokalov, predvsem v gorskih vaseh. Pred kratkim so zaparli trgovino v vasi Ter, le v občini Bardo so zaprli eno restavracijo v Zavarhu.
V Nediških dolinah so zaparli center Potok v Oblici in poznano restavracijo in hotel Škof v Podbuniescu.
V Benečiji je vse težje delati in živeti, tudi ker obdavčevanje ne upošteva težav goratega območja.
Na to je dokaj močno opozorila Stefania Matteligh, ki vodi kmetijo v vasici Podrata pri Čenijeboli. A težavam navkljub zagotavlja: Se ne bomo podali!

4 mar 2020

Näš Glas, rezijanski glas -Näš Glas, la voce di Resia

I resiani residenti a Resia nonché i molti che non abitano stabilmente in valle, ma che si interessano alle questioni culturali che la caratterizzano, stanno ricevendo il nuovo numero della rivista Näš Glas/La nostra voce. Il periodico curato dal Circolo culturale resiano Rozajanski Dum da anni tratta diverse tematiche culturali, con particolare attenzione al resiano.
Si potrebbe dire addirittura che, attraverso questo mezzo di informazione, da anni si stia monitorando lo stato di salute della lingua dei resiani, dando ampio spazio a ciò che ci viene detto dai linguisti, ovvero dagli esperti che lo tengono più sotto osservazione. Che il resiano sia in via di estinzione è un dato oggettivo sotto gli occhi di tutti, penso anche dei resiani stessi, che per diversi motivi lo parlano sempre meno.
Il numero della rivista appena uscito tratta diversi aspetti della cultura. In particolare, in questo numero, si sofferma su un aspetto peculiare del resiano, probabilmente noto a pochi, ovvero le vocali. Per saperne di più abbiamo incontrato, durante una delle sue tappe di ricerca a Resia, il prof. Peter Jurgec, che studia fonetica e fonologia. Il pioniere di queste ricerche fu il famoso Jan Baudouin de Courtenay (1845-1929). A cento anni dalla sua nascita, un interessante articolo ricorda, poi, Milko Matičetov (1919-2014), l’insigne accademico sloveno che raccolse e studiò il patrimonio di narrativa orale della Val Resia. Durante tutto il 2019, infatti, questo ricercatore è stato ricordato con molti eventi sia in Slovenia sia in Italia. Non è mancata un’occasione di commemorazione anche a Resia, alla quale ha partecipato anche il figlio di Milko, Matej Matičetov. Spazio è stato riservato, inoltre, alla prosecuzione della campagna di scavi archeologici, iniziata nel 2018, nel sito ta-na Rado/Monte Castello sopra Stolvizza. Anche durante il 2019 ha dato ottimi risultati in termini di ricerca e di ritrovamenti di oggettistica. Proseguendo nello sfogliare il periodico del Circolo un’articolo parla di come la RAI, al Centro culturale Ta rozajanska kulturska hïša di Prato/Ravanca, ha ricordato i 40 anni della trasmissione radiofonica Te rozajanski glas. Ogni sabato alle 12.00 intrattiene gli ascoltatori con rubriche tutte in resiano e intramezzi musicali, fornendo notizie e approfondendo le tradizioni locali.
Lëto 2019 jë se rivalo ano wor lëta, tej po nawadi, so leda, da ka jë bilo norët lipaa čis lëto. Nejveć so leda, da ka jë se dorivalo naredit ano pa da ka jë ščë za dëlet. Neš čirkolo, prow za prow, jë lani naredil karjë ni lipi rači za te jüdi wpïsane w čirkolo ano za wse rozajone: za te domoće ano pa za te pösvitë.
Tej rüdi so jë jïskalo, tej so mörë, dyržet orë to rozajonsko kultüro ano nošë romoninjë. Kej od taa wridnaa dëla somo napïsali pa ta -na tumo növamo nümarjo Nošaa Glasa, ki vilizel misec dicembarja 2019. Somo napïsali ta-na isamo šwöjo, itako da to ostoni napïsano ano da wsak morëj, nes ano zutra, od itaa lajet. Tej bota lajali ta-na Nošamo Glaso već rači somo je owdëlali wkop pa ziz tëmi drüimi asočacjuni ano ziz muzei ki momo izdë w noši dolïni, ki ziz sërcon zawaljüwen za tö, ki ni so nin pomoali.
Tej rüdi, za napïset kej od itaa, ki jë bilo norëd pravaa izdë w Reziji, somo dali mësto pa tin drüin ki, tej mï, ni skirbïjo za swo domoćo kultüro. (Sandro Quaglia)

2 mar 2020

S Postom do Velike noči- In cammino verso Pasqua


Na Pepeunico, v sriedo 26. febrarja, je začeu Post, cajt 40 dni, v katerin se kristjani z molitvijo, pokuoro in dobrimi dielami parparvjajo na Veliko nuoč. Na začetku postnega cajta duhovniki posujejo pepeu na glave vierniku, tudi tuole je lietos odpadlo zaradi Koronavirusa. Msgr. Marino Qualizza je takole o popstu napisu v Domu: “Post je, kar potrebujemo pred Veliko nočjo. Zak’ Post nas peje h tajšni Veliki noči, ki rasvetli celuo življenje an spremenì nuoč v dan. Takuo nam je pokazana tudi pot odrešenja: skuoze puščavo telega zivljenja pridemo že sada v luč, ki nam kaže večno vesejè. Že od sada videmo, kar nam je Buog parpravu an se veselimo. Zatuo muoramo iti naprì an hoditi tudi, kadar je pot starma. Božja milost je nimar z nami an takuo nam daje pokusati večne dobrine.” Med pobožnimi navadami v Postu je narbuj poznana Križova pot.
Anche se a causa delle misure di contrasto al Coronavirus non si sono tenuti i tradizionali riti di imposizione delle ceneri, mercoledì 26 febbriaio, è iniziato il tempo liturgico della Quaresima, durante il quale i cristiani attraverso la preghiera, la penitenza e le buone opere si preparano alla Pasqua. Così ha scritto mons. Marino Qualizza sul Dom: “La Quaresima è necessaria prima della Pasqua. Perché la Quaresima ci porta a quella Pasqua che illumina l’intera vita e trasforma la notte in giorno. In questo modo ci viene indicata anche la strada della salvezza: attraverso il deserto della vita arriviamo fin d’ora alla luce, che ci indica la felicità eterna. Già adesso vediamo cosa Dio ha preparato per noi e ne gioiamo. Dobbiamo dunque andare avanti e camminare anche quando la strada va in salita. La grazia di Dio è sempre con noi e così ci fa assaggiare i valori eterni”. Tra le celebrazioni caratteristiche della Quaresima la più conosciuta è la Via Crucis.

1 mar 2020

«A peste, fame et bello libera nos, Domine»

Non so perché mi tornano in mente immagini della mia infanzia, quando nei nostri paesi vigeva la tradizione delle rogazioni del 25 aprile. Presto al mattino partendo dalla chiesa, a cui accorrevano i fedeli di una manciata di paesini sparsi sul versante montano, con il prete in testa si percorrevano i sentieri tra prati e campi raggiungendo le varie frazioni. Anche col ben tempo l’erba era madida di rugiada e mia madre mi raccomandava di seguire le orme degli altri per non bagnarmi i piedi. «Non prenderti un malanno», mi raccomandava, ma, tant’è, ero comunque bagnato fino alle ginocchia. Ed i versanti del monte riecheggiavano delle preghiere e dei canti.
«A peste, fame et bello», risuona- va il grido accorato del parroco, cui rispondeva la fila indiana dei fedeli: «Libera nos Domine!». E poi la cantilena infinita del richiamo dei Santi chiamati a dare uno sguardo benevolo alle povere valli beneciane. «Orate pro nobis!». La natura, i prati, i campicelli, gli orti, i boschi, i torrenti, i fienili e le mede divenivano il tempio su cui si implorava benedizione e protezione. Era bella quella tradizione. D’altronde, tranne che per noi ragazzi nati dopo la guerra, i fedeli avevano ancora nelle orecchie l’eco dei cannoni, il frastuono dei bombardamenti, le ferite corporali e morali del grande macello, i lutti e gli stenti. Ora ascolto le notizie radiofoniche, televisive, leggo giornali, consulto i social e mi rammarico nel constatare dopo tanti decenni di tempo trascorso, come l’umanità abbia un rinnovato bisogno di innalzare suppliche, canti, preghiere e magari riflettere più seriamente sul proprio percorso storico, sull’incapacità di gestire razionalmente il proprio futuro. «A peste, fame et bello… libera nos Domine! », perché da soli, senza un richiamo al senso del messaggio evangelico al bene comune pare non ci sia prospettiva. Perché peste o Aids, Ebola o Sars, Coronavirus pandemico, sono richiami quanto mai evidenti alla ragione e anche alle responsabilità di ognuno, a iniziare dai più in alto nella gerarchia del potere .Oggi, quando l’uomo ha raggiunto vette impensabili nelle scienze e nelle tecnologie, ha sviscerato i segreti del genoma, si spinge sempre più nella conquista spaziale… nella propria presunzione è convinto di poter superare, manipolare e dominare il creato a piacimento. Ma sono proprio i ricorsi come quello attuale a dimostrare la sua debolezza. Il creato, vivente in quanto fonte di vita, si inventa i suoi modi per avvertire l’incosciente parassita umano che ne ha abbastanza della sua imprevidenza; mostra a chi si professa «re» del creato che il suo scettro è di legno tarlato.
Se penso a come era il nostro mondo in quei miei anni giovanili, quello che allora più mi preoccupava era la fame, più che la peste o la guerra; l’indigenza più che la malattia, ma avevo speranza. Non conoscevo le meraviglie della ricerca biologica, la potenza di calcolo dei computer… Non c’era neppure un telefono in paese, altro che tv, computer e cellulari; ma non c’erano neppure immense isole di plastica nei mari e negli oceani; le stagioni erano regolari e le previsioni meteorologiche, sebbene si basassero su osservazioni empiriche e si esprimessero in detti e proverbi, ci azzeccavano, perché non ancora condizionate dalle bizzarrie umane. I valori morali tradizionali, per quel tanto che la religione cattolica vi potesse influire, davano il senso del bene e del male, del lecito e dell’illecito; oggi a regolare i valori della vita è l’economia, il denaro. E di fronte alla paura di una catastrofe pandemica si fanno i conti dei costi economici che il coronavirus comporta, del rischio che corre il benessere della società cosiddetta evoluta.
E corre, sale, si diffonde più veloce e pandemica la paura, che si aggiunge a quella creata dalla politica, con la coscienza che anche il mondo del benessere sta sul filo del rasoio. E diventa paura di avvicinarsi al prossimo, di toccarlo, di stringergli la mano, di respirare la stessa aria, di toccare qualsiasi oggetto che possa esser stato sfiorato da uno sconosciuto o semplicemente da chiunque, perché ogni mano, ogni respiro può essere virale. Lo stesso famigliare diventa un pericolo, ed il mondo spicciolo che ci circonda e che ci viene incontro ad ogni passo un trabocchetto.
Magari proprio oggi fa comunque effetto l’orientamento dell’uomo a ricercare soluzioni trascendentali, constatando, in casi come quello odierno, la limitatezza delle proprie risorse. Qualcuno penserà, come in tempi antichi che – come le bibliche piaghe d’Egitto, o Sodoma e Gomorra –, le disgrazie umane siano castighi di Dio. Ma ben poco centra il castigo di Dio in queste traversie, men che meno in quelle odierne. Gesù Cristo ha dato la sua rivoluzionaria ricetta all’uomo di duemila anni fa, come a quello di oggi, perché facesse della terra un pianeta di pace, di corresponsabilità e condivisione, e oggi lo stesso richiamo parte e riecheggia dal suo rappresentante, il papa, che grida e richiama tutti alla responsabilità di salvare «la casa comune».
A non ascoltarlo, sempre più la Terra farà di tutto per scrollarsi di dosso il proprio parassita, il quale, come una immensa formazione neoplastica nella sua espansione mondiale, prefigura la soluzione finale. La Terra, ritornata padrona e maestra, avrà sempre le proprie risorse, mentre parte della razza umana, quella che si sente più evoluta, rischia la propria sopravvivenza nel suo allegro e spensierato bengodi. Sono tanti gli avvisi che arrivano, ma, come dicevano i latini, «quem Juppiter vult dementat prius», a quelli che vuole rovinare Giove toglie prima la ragione.
Riccardo Ruttar
Dom del 29/02/2020

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