31 mar 2015

Perchè si dice " Velika noč"

pierhi-uova colorate pasquali di Drenchia-Valli del Natisone

di Adrian K.Mroczek

RICERCA - Nel mondo slavo la Pasqua è definita come notte o grande giorno

"Velika noč",la denominazione slovena della Pasqua è un concetto di facile e immediata comprensione.Esso deriva,infatti,da due parole di uso comune ovvero "grande notte".Pochi però pensano che dietro quest'apparente semplicità ci sia una profonda questione teologica,linguistica e culturale.
Lo sloveno non è l'unica lingua slava che indica la Pasqua come "grande notte".Lo stesso accade anche in polacco (Wielkànoc), ceco (Velikonoce  -forma plurale ) e slovacco (Vel' kà noc) .Dall'altra parte  del mondo slavo incontriamo denominazioni che riconducono , invece , all'espressione "grande giorno".Ciò avviene in bielorusso ( велікодны ),bulgaro (Великден ) e ucraino (Великодній) .Questa denominazione viene solitamente vista come un calcio dell'espressione greca megale hemèra,"grande giorno" ,appunto.La stessa forma si riscontra già nei più antichi testi canonici dello slavo ecclesiastico antico,ossia della lingua usata dai santi Cirillo e Metodio nelle prime traduzioni dal greco dei testi religiosi,durante la loro missione cristianizzatrice tra gli Slavi nel IX secolo.
Guardando la cartina dell'Europa, non si può non notare che la diffusione del nome "Velika noč " , in tutte le varianti menzionate , segue il percorso dell'antica Via dell'Ambra che connetteva il Mar Adriatico con il Mar Baltico (quindi Aquileia con Danzica) .Ovviamente,le terre a nord del Danubio furono cristianizzate solo qualche secolo dopo il massimo sviluppo dell'attività commerciale su questa tratta,ma il nome dell Pasqua sorprendentemente connette i due estremi di questo percorso.Anche se questi due fatti non sono strettamente collegati tra loro,resta,però,un fattore che li accomuna.Queste terre,da allora,sono rimaste sempre sotto l'influenza,sia commerciale che religiosa,del mondo occidentale.Ciò si ripercuote soprattutto nella divisione tra il cattolicesimo e l'ortodossia,ove gli Slavi occidentali e quelli sud-occidentali appartenevano alla cosiddetta Slavia Romana,mentre gli Slavi orientali si trovavano nella zona di influenza culturale bizantina,chiamata dallo slavista Riccardo Picchio Slavia Orthodoxa.
La comunanza culturale e religiosa fece sì che alcune usanze e denominazioni in queste due zone fossero uguali.Infatti,in tutta la Slavia Romana la Pasqua è definita come "grande notte"(o si riesce comunque a rintracciare nella storia questo nome,anche nel caso in cui sia stato sostituito da un altro termine  in tempi più recenti,come nel croato o nel *sorabo) e non "grande giorno",,tipico,invece,della parte orientale del mondo slavo.
Le varie forme del nome della Pasqua presso gli Slavi,ma non solo,sono dovute probabilmente al modo di sentire e celebrare questa festività.Se da un lato abbiamo "velika noč" ,denominazione proveniente dalla liturgia del Patriarcato di Aquileia,che rievoca una grande attesa,la veglia notturna alla tomba di Cristo,dall'altro abbiamo "veliki dan" che sottolinea la grandezza del giorno della Resurrezione..
Se tra i sorabi è in uso il nome Jutry (mattini),che secondo alcuni studiosi mette in evidenza l'importanza della mattina pasquale come simbolo del nuovo inizio,della resurrezione di Cristo  e,dunque,del mondo,uscendo dalla realtà slava,c'è l'esempio dell'ungherese che definisce la Pasqua hùsvét,letteralmente "prendere la carne" ,che indica il ritorno al consumo di carne, quindi,a un'alimentazione ricca dopo il digiuno e l'astinenza del periodo pasquale.

*   gruppo di lingue slave parlate in Germania nella regione della Lusazia
                                                                                                                                   
dal dom del 31 marzo 2015


30 mar 2015

CALA IL PREZZO DEI CARBURANTI IN SLOVENIA


Da martedì 31 marzo cala il prezzo dei carburanti in Slovenia. Per un litro di verde si spenderanno 1,316 euro ( 0,7 centesimi), per un litro di diesel 1,198 euro (2,1 centesimi). I nuovi prezzi resteranno in vigore due settimane

Dolce pasquale della Val Canale:schartl -šartl



La ricetta dello Schartl-Šartl


Importante: gli ingredienti devono essere lasciati tutti a temperatura ambiente.

600 gr di farina bianca 00
1 limone medio giallo
1 cucchiaino di sale fino
100 gr di zucchero semolato
2 uova (possono essere anche tre, senza albume)
zucchero vanigliato
2 o 3 cucchiai di rhum a 80°
30 gr di lievito di birra
¼ di latte fresco
100 gr di burro di casa

Per il ripieno
una tazza di zucchero semolato mescolato a cannella a piacere
200 gr di uva passa, messa ad ammorbidire nel rhum.

“Metti la farina in una casseruola, gratuggiaci sopra la scorza del limone facendo attenzione a non gratuggiare la pellicina bianca che è amara. A lato metti il sale. In un altro recipiente metti lo zucchero, le due uova (solo il rosso!), il rhum e la vaniglia e mescola con la frusta. Ancora in un altro recipiente sciogli il lievito con un po’ di acqua tiepida, un cucchiaio di farina, e un cucchiaino di zucchero. Così il lievito si solleva meglio, attenzione a non metterlo a contatto con del sale, non si alza più! L’acqua deve essere tiepida, mi raccomando.
Metti questo recipiente al caldo ,non troppo, e aspetta che si alzi. In un pentolino metti a sciogliere nel latte il burro tagliato a pezzettini.
Quando tutto è pronto e il lievito è alto, unisci ogni cosa alla farina e lavora la pasta prima col mestolo di legno, poi con le mani infarinate, con calma e a lungo. Ogni gesto fallo con calma, non c’è fretta, se fai queste cose di fretta il dolce non sarà morbido e soffice.
Quando la pasta si stacca dalle pareti ed è lucida come il raso, allargala con il matterello su una tavola di legno. Spargici sopra lo zucchero misto alla cannella e l’uva passa. Arrotola formando un salame. Spennella la teglia di terracotta con del burro morbido.
Metti il dolce nella teglia e lascialo nel forno caldo per un’ora circa. Per conservare il pane avvolgilo in cellophane, però aspetta fino a quando si è raffreddato. Fino a che non è a temperatura ambiente non esporlo a sbalzi di calore e non tagliarlo. Non lavare la teglia, basterà pulirla con un canovaccio pulito.”

Antonia Scheriau

I dialetti della Benecia :valli del Natisone,del Torre e Resia sono sloveni


Bardo-Lusevera Alta val Torre
foto di o.t.
scritto dalle organizzazioni SSO
traduzione personale dallo sloveno di un articolo pubblicato in http://www.demokracija.si/


I tentativi di separazione dei dialetti, che in provincia di Udine parlano la lingua slovena sono una grave manipolazione politica che richiede una risposta rapida e decisa da esperti competenti e dalle autorità pubbliche. Così, il presidente del Consiglio delle organizzazioni slovene, Drago Stoka ha iniziato la sua relazione al Consiglio Regionale delle organizzazioni slovene (SSO) che ha avuto luogo il 27 marzo 2015  presso la sede del centro del SMO di San Pietro.All'incontro guidato dal Presidente Aldo Jarc, hanno partecipato circa quaranta delegati delle organizzazioni aderenti e le associazioni di Gorizia, Trieste e Udine.
Riguardo alla manipolazione dei dialetti sloveni nella val del Torre ,Valli del Natisone e Resia, ha preso la parola  il  Presidente Provinciale della SSO Giorgio  Banchig e Roberto Petaros del Consiglio di sorveglianza, che hanno confermato che l'Associazione Italiana degli slavisti ha ripetutamente e pubblicamente documentato la conferma che i dialetti sopracitati sono sloveni senza ombra di dubbio. L'incontro è proseguito con l'approvazione dei bilanci e con gli auguri di Pasqua.




Nelle valli del Torre orsi e linci /Risi in medvedi v Terski dolini

Cambiano il clima e l’ambiente. E con loro cambia anche il popolo degli abitanti dei boschi, nel territorio del comune di Tipana/Taipana. Lo fa notare, in questo periodo di ferma dell’arte venatoria, il presidente della locale riserva di caccia, Livio Mosolo, che conosce molto bene la macchia taipanese.

«In questo momento – spiega –, in vista della prossima stagione, che si apre il 15 maggio, stiamo procedendo con i censimenti. Significa che ci rechiamo in determinate ore e in determinati punti, ben precisi, per verificare quanti animali selvatici siano presenti sul territorio e quali siano i loro spostamenti. È un’operazione che si svolge, in base alle loro disponibilità, col prezioso supporto degli uomini della forestale e degli esperti dell’università».
Tutti i dati raccolti vengono poi presentanti al Distretto di appartenenza che, a sua volta, li invia alla Regione. «È quest’ultimo ente che stende il cosiddetto “piano di prelievo” in base al quale – spiega Mosolo – si andrà poi a cacciare nella prossima stagione».
Il bilancio di quella che si è chiusa il 15 gennaio scorso è stato buono in particolare per gli uccelli migratori e le lepri. «Si è notato un aumento dei cervi e una diminuzione dei caprioli. Ciò è dovuto in larga parte all’abbandono delle montagne: il bosco avanza e diminuiscono gli appezzamenti a prato, che non vengono più sfalciati. Con il cambiamento del paesaggio, infatti, cambia pure la fauna selvatica».
Vale anche per il cinghiale, la cui popolazione non è aumentata, anzi, forse diminuita. «Dove c’è castagna troviamo questi esemplari – fa notare il presidente della riserva –. Se però, come nel nostro caso, purtroppo, la pianta è malata, il numero di cinghiali cala, o meglio la specie si trasferisce più a valle, dove trova più cibo per sfamarsi».
Un problema, per i cacciatori e non solo per loro, è rappresentato dal disastro causato dal gelicidio. «Avremo grandi difficoltà a entrare nei boschi la prossima stagione poiché la macchia è ancora in larga parte distrutta. Abbiamo fatto del nostro meglio per ripristinare gli accessi e i sentieri, ma il lavoro da fare è ancora lungo e impegnativo».
Nel taipanese, infine, non mancano la lince e l’orso. «Rinveniamo molto spesso le loro tracce. Per l’orso, che adesso sta per uscire dal letargo, le impronte si notano anche nei mesi più freddi poiché il mammifero esce sporadicamente dal suo nascondiglio pure durante i mesi di sonno profondo».
In occasione delle scorse feste natalizie, i cacciatori, che sono 47 in tutto, hanno incontrato la comunità durante la tradizionale cena annuale cui hanno preso parte anche le autorità municipali. Il prossimo appuntamento per i soci della riserva, che fa parte del Distretto venatorio numero 1 del Tarvisiano, è per il 5 maggio, a Pontebba, nella sede del Palaghiaccio, con la mostra dei trofei della passata stagione venatoria.
V Terski dolini so se spet vrnili medvedi in lisi zaradi opuščenosti gozdov, pašnikov in travnikov.


Supermercato della poesia-racconti-arte e musica: BIBLIOTECA GUARNERIANA

Supermercato della poesia-racconti-arte e musica: BIBLIOTECA GUARNERIANA: http://www.turismofvg.it/Monumenti-e-Siti-Storici/Biblioteca-Guarneriana Nella piazza centrale di  San Daniele del Friuli  al lato de...

I bambini bilingue hanno una marcia in più, anche da adulti

I bambini che vivono in un contesto bilingue imparano più in fretta

Per bilinguismo si intende la capacità di potersi esprimere in due lingue diverse. Oggi nelle scuole è diventata pratica comune l’insegnamento di più lingue straniere sin dalla tenera età. Ma chi ha il “privilegio” di crescere in una famiglia bilingue, possedendo dunque la capacità di esprimersi in lingue diverse sin da quando è piccolo, gode di non pochi vantaggi negli anni a seguire.
Un nuovo studio ha infatti dimostrato che, già a soli sei mesi d’eta, i bambini che sono esposti a più di una lingua hanno un vantaggio rispetto ai loro coetanei monolingue: imparano più in fretta.
Questi i risultati dello studio, condotto dai ricercatori della National Universitydi Singapore e dall’Istituto per le Scienze Cliniche di Singapore, in collaborazione con i diversi ospedali della città per verificare più da vicino i vari effetti del bilinguismo.
La scelta, oltretutto, non è stata casuale: Singapore è infatti una delle città con il maggior numero di famiglie bilingue rispetto ad altri paesi. Il che ha reso possibile a medici e scienziati un più facile accesso ai giovani di cui avevano bisogno per la loro ricerca.
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I risultati della ricerca per mezzo dell’assuefazione visiva

Lo studio è stato condotto su 114 bambini di sei mesi d’età, ai quali è stata ripetutamente mostrata l’immagine di un peluche a forma di orso e di lupo.
Una volta perso l’interesse per questa immagini, ai bambini venivano mostrate nuove immagini con altri animali. Lo scopo del test, che segue la tecnica della cosiddetta “assuefazione visiva“, era quello di misurare in quanto tempo i bambini si annoiano di fronte alla stessa immagine.
Ebbene, i bambini cresciuti in un ambiente bilingue si sono mostrati annoiati nei confronti della prima immagine in modo più rapido, sviluppando invece maggiore interesse per le immagini del peluche successive che ancora non avevano visto.
Quoziente intellettivo più elevato e capacità cognitive più sviluppate
Secondo i risultati di questa ricerca i bambini bilingue di sei mesi hanno già le basi per sviluppare delle capacità cognitive in modo più rapido rispetto ai coetanei monolingue. E questi effettivi non erano specifici per una lingua in particolare, ma sono stati riscontrati allo stesso modo in tutti gli abbinamenti linguistici studiati.
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Perchè i bambini bilingue imparano più in fretta?

Secondo i ricercatori ciò avviene perchè i bambini bilingue hanno una maggior capacità di elaborare le informazioni perchè sono abituati ad affrontare delle sfide. Non solo devono imparare due lingue contemporaneamente, con una ridotta esposizione ad ogni vocabolario, ma devono anche riuscire a distinguere tra le due senza mischiare le parole.
Questa efficenza, questo “esercizio mentale”, pone loro le basi per conseguire maggiori capacità cognitive quando diventano più grandi e per il resto delle loro vite.

Le dichiarazioni di Leher Singh, a capo della ricerca

Leher Singh, docente del Dipartimento di Psicologia presso la National University, nonchè autore della ricerca, a tal proposito ha dichiarato:
“Per gli adulti l’apprendimento di una seconda lingua può essere lungo e laborioso. A volte proiettiamo questa difficoltà anche sui nostri bambini, immaginando uno stato di grande confusione se due lingue diverse si accavallano nelle loro testoline. Tuttavia, un gran numero di studi ci hanno dimostrato che i bambini siano invece ben predisposti ad affrontare le sfide di acquisizione di due lingue diverse e, di fatto, possono beneficiare di questa capacità anche per il resto della vita…”
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Mentre studi precedenti si erano concentrati sui vantaggi che i bilingue potevano godere a livello di competenza linguistica, lo studio di Singh e dei suoi collaboratori si è concentrato maggiormente nella relazione che potesse esserci tra il conoscere più di una lingua madre e le capacità cognitive in generale.
Che ne pensate di questo risultato? Avete riscontrato qualcosa di analogo con i vostri bambini?
Daniela Bella

29 mar 2015

CHIUDERE LA STALLA QUANDO I BUOI SONO SCAPPATI


Nediško, po našim-tersko,rezijansko sono tutte parlate della Benečija.
Dopo tanti anni  ci sono ancora quelli che sostengono che non hanno nulla a che fare con lo sloveno, anche se ciò è stato ampiamente dimostrato da linguisti,etnologi,slavisti di indubbio valore.Il vero problema delle  parlate  della Benečija non è l'appartenenza,ma il fatto che oramai sono poche le persone che lo parlano.Di ciò ci si sta rendendo conto troppo tardi, è inutile che per salvare le parlate si facciano corsi,a volte anche improvvisati ,si scrivano grammatiche e vocabolari ,è come chiudere la stalla quando i buoi sono scappati.
Tutti questi volonterosi, per i quali ho il massimo rispetto,dovevano svegliarsi prima e non ora allettati dai contributi destinati alla minoranza slovena ,dei quali  fondi a mio avviso ,non hanno diritto in quanto negano l'appartenenza alla lingua slovena.Costoro ,che molto spesso non parlano quotidianamente la lingua locale,non l'hanno insegnata ai propri figli ed ora hanno avuto un "lampo di genio" perchè vogliono togliere parte dei fondi per la minoranza a quelli che da anni lottano per la valorizzazione dello sloveno parlato in Benečija.
Meditate...meditate...

Il «Nediško»? Un teorema costruito su un falso assioma

Riproposta di un articolo del 2012 sempre di attualità
Ogni lavoro merita rispetto, attenzione ed apprezzamento se non altro per la fatica profusa, per il tempo speso, per l’ingegno impiegato e poi per la dedizione, la passione, le convinzioni che ne stanno alla base. Gli stessi sentimenti merita l’opera in tre volumi di Nino Špehonja: «Nediška gramatika», «Besednjak Nediško – Taljansko», «Vocabolario Italiano – Nediško», editi (da chi?) con i contributi previsti dalla legge regionale 27/2007 di tutela della minoranza slovena e presentati di recente a San Pietro al Natisone nel corso di un convegno organizzato dall’Istituto Slavia Viva.
Rispetto e ammirazione, dunque, per la mole di lavoro che potrà essere utile solo a quanti vorranno avere un primo approccio al dialetto sloveno del Natisone, dagli slavisti classificato nel gruppo del Litorale – Primorska, assieme a quelli delle province di Gorizia e di Trieste. Vale a dire uno dei numerosi (una cinquantina) dialetti della lingua slovena presenti nell’area linguistica slovena che si estende oltre i confini della vicina Repubblica con l’Italia, l’Ungheria e l’Austria. Rispetto e ammirazione che però non escludono critiche, anche severe: una casa può avere un’architettura mirabile, ma se le fondamenta sono deboli, l’edificio diventa instabile e gli inquilini vi si sentono insicuri.
Da semplice osservatore della realtà linguistica locale voglio mettere in evidenza, dal mio punto di vista, il peccato originale che compromette tutta l’architettura dell’opera. Scrive Nino Špehonja: «Il Nediško è una lingua orale […] per il semplice fatto che la nostra gente, fino a non molti anni fa, non sapeva scrivere. Avesse saputo farlo, sicuramente l’avrebbe fatto» («Nediška Gramatika», p. 27).
Ecco un classico teorema costruito su un falso assioma! Un teorema facile da demolire perché il dialetto sloveno delle Valli del Natisone non è e non è stato usato solo oralmente, ma è ed è stato scritto in varie forme, epoche e generi letterari. A confermarlo ci sono libri, raccolte di favole e di altri racconti popolari, volumi di poesie, articoli pubblicati sui giornali; e poi studi, tesi di laurea su testi dialettali, testi di conferenze e atti di convegni.
Mi chiedo come si possano confezionare un vocabolario e una grammatica senza aver fatto uno studio e un’analisi delle prediche nel dialetto del Natisone di don Pietro Podreka di San Pietro e don Luigi Clignon di Cicigolis (entrambi natisoniani doc!) pubblicate dieci anni fa (Andohtljivi poslušavci – Devoti ascoltatori, Združenje E. Blanchini, Cividale 2002, a cura d G. Banchig e R. Ruttar), prediche datate dal 1850 al 1930 e scritte in una lingua che tutti, da Prossenicco a Drenchia, da Canebola a San Leonardo allora capivano e ascoltavano ogni domenica; una lingua «franca», in alcuni tratti di alto valore letterario, che accomunava gli sloveni dell’arcidiocesi di Udine e allo stesso tempo li rendeva linguisticamente vicini agli altri sloveni!?
Come si può ignorare i catechismi, stampati a partire dal 1869 e fino al 1928, diffusi nelle chiese e nelle case, sui quali i bambini imparavano, oltre le verità della fede, a leggere la lingua slovena; e poi i libri di preghiera, le pesmarice, le iscrizioni tombali e perfino le dedicazioni riprodotte sul bronzo delle campane?! Come si fa a dimenticare – solo per citare qualche autore – il semplicista di Mersino, Stefano Gorenszach, che nel dialetto del Natisone ha scritto le sue ricette, la descrizione delle malattie che curava, le formule dei medicinali o la raccolta di canti, racconti e tradizioni registrate da don Giuseppe Gorenszach, pure lui di Mersino, e poi pubblicate nella rivista «Lu@»? E venendo ai nostri giorni come si può ignorare i racconti e le memorie di Luciano Chiabudini-Ponediščak, che si rompeva la testa per trovare la parola giusta nel suo dialetto; come si può dimenticare le favole di Ada Tomasetig nell’inconfondibile parlata di Sorzento e poi i testi teatrali per il «Dan emigranta» e delle canzoni del «Senjam beneœke piesmi» (composte anche da giovani che hanno frequentato la scuola bilingue), il «Trinkov koledar», i florilegi di racconti e le poesie (alcune entrate anche nelle antologie slovene), gli articoli pubblicati sui giornali locali?! E come dimenticare, infine, il «Vocabolarietto italiano-natisoniano» compilato da Simona Rigoni e Stefania Salvino!? Il volume, edito nel 1999 dal Comitato Pro Clastra, fu dallo stesso «ripudiato» perché il curatore, il prof. Anton Maria Raffo, slavista di chiara fama, nella premessa aveva argomentato che «quello delle Valli del Natisone è sostanzialmente un dialetto sloveno. Lo è, stando semplicemente ai più usuali criteri classificatori degli slavisti».

“Stolvizza facile” “Solbica za wse”

Nella seconda settimana di marzo la Val Resia, e nello specifico il paese di Stolvizza, si è arricchita di un nuovo percorso pedonale denominato «Solbica za wse/Stolvizza facile».
Il nuovo sentiero è stato studiato e concretizzato dall’associazione «Vivistolvizza» che ha già realizzato e mantiene, sempre nella stessa località, altri sentieri che vengono percorsi annualmente da migliaia di amanti della montagna.
Il gruppo di volontari, coordinato da Giuliano Fiorini, ha realizzato l’opera con il coinvolgimento anche di alcuni proprietari dei terreni lungo i quali passa il sentiero e che hanno di buon grado autorizzato la sua realizzazione. L’opera si inserisce benissimo anche nel contesto paesaggistico di Stolvizza perché attraversa la piana dove i paesani coltivavano, fino a pochi decenni fa, tutte le granaglie e gli ortaggi che servivano per il sostentamento del paese durante i lunghi e rigidi inverni. Pertanto, questi percorsi raccontano, non solo della natura del luogo, ma anche e soprattutto della sua cultura e della sua storia.
Il percorso è adatto ad essere percorso anche in carrozzina, con bambini nel passeggino, da anziani e persone con ridotta mobilità. E’ un sentiero facile, ma non per questo banale. Lungo il tracciato si trovano anche di panchine e tavolini per potere riposare. «Stolvizza facile» è un bellissimo esempio di come anche la montagna, da sempre preclusa ai soggetti svantaggiati, può invece diventare attraente ed affascinante proprio per tutti.
Sredi marca so na Solbici v Reziji odprli novo pešpot, ki se imenuje “Solbica za wse”. Staza je primerna prav za vse: za družine z otroci in za starejše osebe.

MODAR-TARASSACO

foto di o.t.

Il tarassaco (taraxacum officinale) è un'erba spontanea dei nostri prati.A seconda delle zone in Friuli viene chiamato  in vari modi: dente di leone,pissecian, tala , ledrichessa,radicela ,modar (Val Torre)...
Il mese di marzo è il periodo ideale per raccoglierlo prima che faccia il fiore che gli dà un sapore amarognolo. Va raccolto in prati puliti e lontani dalle zone inquinate.

viene consumato

  • crudo, condito con olio e aceto o con il lardo sciolto
  • lessato e passato in padella con aglio
  • si possono fare minestre,risotti o frittate 
A me piace accompagnato con le uova sode

E' una pianta di rilevante interesse in apicoltura ,fornisce alle api sia polline che nettare.
In medicina popolare viene usato per diverse indicazioni

  • epatico/biliare
  • antireumatico,diuretico ed antiflogistico 


28 mar 2015

Le valli del Torre senza scuola bilingue/V Terskih dolinah brez dvojezične šole

È altamente probabile che nell’anno scolastico 2015-2016 i 33 alunni (9 all’asilo e 24 alle elementari) iscritti a Vedronza (Njivica) nel comune di Lusevera e i 34 alunni (10 all’asilo e 24 alle elementari) non abbiano l’insegnamento in sloveno, anche se la Regione ha deliberato l’insegnamento bilingue già nel dicembre 2013. Dopo i veti dell’anno scorso, che hanno impedito l’avvio della sperimentazione, dall’Istituto comprensivo di Tarcento (Čenta) fanno sapere che, attraverso la partecipazione a bandi per l’individuazione di fondi e di personale specificatamente formato, stanno continuando a lavorare per attivare nei due plessi dei percorsi per l’arricchimento dell’offerta formativa con l’insegnamento dello sloveno. Per l’anno scolastico in corso, pur avendo espletato la stessa procedura degli anni precedenti, l’Istituto non ha ricevuto fondi. Non ci sono, pertanto, ore fisse di sloveno e si sono dovute mettere in atto, per quanto possibile, attività con i docenti presenti. La scuola elementare di Taipana, ad esempio, ha partecipato, con l’insegnante Arianna Trusgnach, al concorso «Naš domači izik» a San Pietro al Natisone. In ogni caso, da Tarcento sottolineano che ci tengono molto, affinché a Vedronza e Taipana ci sia la possibilità di fornire una formazione anche in sloveno. Già nel 2011 i comuni di Lusevera e Taipana avevano approvato, praticamente all’unanimità, la richiesta del passaggio al modello bilingue. Dopo la decisione della Giunta regionale, la scorsa primavera l’istituto comprensivo di Tarcento aveva presentato un progetto secondo il quale fin dall’anno scolastico 2014-2015 sarebbe stato introdotto il modello bilingue nelle scuole per l’infanzia e nelle prime due classi delle primarie, mentre nelle restanti tre classi avrebbero inserito alcune ore di insegnamento della lingua slovena. E dall’anno scolastico successivo sarebbe stata attivata una sezione bilingue alle medie inferiori di Nimis (Neme). Ma l’Ufficio scolstico regionale ha poi bocciato il progetto, dicendo che l’insegnamento bilingue era possibile solo nell’ambito dell’Istituto comprensivo bilingue di San Pietro al Natisone. È stata la prospettiva di scorporare i plessi di Vedronza e Taipana dall’istituto comprensivo di Tarcento per passarli a quello bilingue di San Pietro al Natisone a minare il progetto. I genitori, favorevoli invece all’introduzione graduale del bilinguismo nel contesto scolastico attuale, si sono tirati indietro. «In una riunione a Trieste ci è stato detto che il progetto dell’Istituto comprensivo di Tarcento non era conforme alla legge di tutela della minoranza slovena. Secondo me la dirigente Pertoldi stava facendo tutto il possibile e io la ringrazio per questo. Lavoravamo alla luce del sole e il nostro progetto era noto. Perché non ci hanno detto prima che non si poteva fare? In quella riunione l’ho chiesto, ma non ho avuto risposta», ha spiegato in un’intervista con il quindicinale Dom il vicesindaco di Taipana, Elio Berra. Al fallimento del progetto ha contribuito molto la mancanza di intesa tra i comuni interessati. «Io ho sempre ritenuto che fosse necessario un accordo con Lusevera – ha detto Berra –. Ma non ci hanno dato nemmeno la possibilità di discuterne. Con il numero di alunni che abbiamo e in questi tempi di crisi economica non sarebbe serio fare due scuole bilingui. A Lusevera pensavano di poter andare avanti per conto loro e il risultato è sotto gli occhi di tutti». Secondo il vicesindaco una parte di responsabilità è anche delle organizzazioni slovene. «Avrebbero dovuto prendere una posizione realistica, mediando tra i due comuni – sottolinea –. Si trattava di prendere atto della situazione, ma la Skgz ha sempre voluto la scuola bilingue da due parti, come sezioni staccate di San Pietro. Noi, in realtà, avevamo sottovalutato questo secondo elemento, che poi è risultato determinante». In questa situazione a rimetterci sono i bambini, privati di un diritto naturale, e l’intera comunità slovena in Italia.

Zelo verjetno je, da v šolskem letu 2015-2016 33 učencev (9 iz vrtca in 24 iz osnovno šole), ki so se prijavili v šolo na Njivici v občini Bardo, in 34 učencev (10 iz vrtca in 24 iz osnovne šole) v Tipani ne bo imelo pouka v slovenščini, tudi če je Dežela že decembra 2013 odobrila dvojezični pouk.

L'artista Toni Zanussi espone a Lubiana fino al 23 maggio

L'artista Toni Zanussi espone a Lubiana all'Istituto italiano della la cultura .E' molto noto nell'Alta Val Torre perchè è uno degli  ideatori del festival artistico Planet Bardo.Si potrà visitare la mostra "Città cosmogoniche invisibili"fino al 23 maggio che è un omaggio per i 40 anni di continuo lavoro dell'artista che ha il suo laboratorio a Stella di Tarcento .

(O)lifavica-Domenica delle Palme

immagine dal web

Te dan na (O)lifavicu semo šli sousje po olif,tuò ke nu diélajo še nas judje.A zàt semò a neslì ta kišì ,ke potin te stari,kar o paršou hùd timp su a sažgali.Su a sažgali ta-na orade,ta- na zuna (.).(.). Su se žénali kudan ,nič druzaa,niésu gali nič. Su zuoniéli  zuoni ,kar to bo hud tìmp so zuoniéli zuoni :alòre judje su šli po te olif žénani,su daaržali te stari e se tu niésu miéli taa staraa ,su uzéli nu mar taa novaa,ne, ma nu niesu mai sažgali usaa ,zake tu -u kìši o miéu bitì simpri te zénani olif. Kar o mar katéri ke su paršli ženuuat alòre su tu u den bujùt tu -u nu riéč uodu anu olif, ke saka kiša na a miéla.

dal numero unico Zavarh 27 žetnjaka 1997 a cura del Centro ricerche culturali Bardo


Nel giorno della Domenica delle Palme tutti andavamo a prendere l'olivo,ciò che fa ancor oggi la nostra gente. Tutti lo portavano a casa e quello vecchio quando era brutto  tempo veniva bruciato all'aperto nel campo.Con l'olivo ci  si benediva. Quando era brutto tempo suonavano le campane,allora la gente prendeva l'olivo, teneva quello vecchio e se non lo aveva usava un po' di quello nuovo.Ma non lo bruciava tutto,perchè in casa doveva esserci sempre l'olivo benedetto .

27 mar 2015

Rezija tu-w Növi Gurïci


Muzeo ti tu-w Növi Gurïci jë organizät w tarok, 17 dnuw marča zvëčara no lipo rič ta-na Rezijo. Wkop ziz čirkolon “Rozajanski Dum” to jë se rumunïlo, da kaku Rozajanavi so hudïli wžë prit nu prit po svëtu. Se vi da Rezija to jë na lipa dulïna, na ma ne lipe visöke göre, ne lipe gozde, ne lipe väsi anu planïne ma wžë tu-w ti starih tïmpah nï bilu rat za žïvit. Jüdi so mëli njïve anu ni so redili žïvino ma isö to nï bilu rat. Tï ka so bili bojë möćni anu kuražni ni so se wzeli anu šle po svëtu jïškat dëlu anu no bujšë žïwjöst za se anu za sve jüdi.
Tu-w tih starih dokumintah se lehku lajà, da wžë pet šekuluw nazëd so bili Rozajanavi tu-wnë w Pragi. Anu ka ni so dëlali? Ni so bili nejveć kramarji, prodajawci. Šekule döpö so pöčali bet brüsarji. Brüsarji so bili nejveć z Solbice anu z Osojan. Ni so hüdili blïzu anu pa dalëč, karjë dalëč. Karjë njeh ni nïso pa paršle već damuw.
Žane so ostajale ta döma. Ni so mële vïdët za hïšo, živino, otroke, te stare, za njïve anu za planïno. Za muža kada jë šla pa žana, ma isö to jë bilu ridku. Po ti pärvi wöjski hćëri so pöčale tet dikle dardu nuw Milan anu nu w Rim. Dopo ni so nalažale dëlu pa bojë blïzu, dölo z Vïdan.
Wsë isö anu pa šćë drügë to jë se raklo w tarok tu-w muzeo. Jë bilu karjë judi anu tu-w zarobit već ka kiri jë pa pobaral kej.
Martedì 17 marzo al museo Kromberk di Nova Gorica è stata organizzata una serata dedicata a Resia ed in particolare all’emigrazione. Si sa che dalla Valle fin dal 16° secolo molti partivano in cerca di migliori condizioni di vita. Già in quel periodo vi era a Praga una colonia di resiani. L’attività prevalente era quella del venditore/kramar. Nell’Ottocento prende piede, soprattutto nelle frazioni di Stolvizza/Solbica e Oseacco/Osoanë l’attività di arrotino.
Le attività economiche praticate in valle, prevalentemente agricoltura ed allevamento, non erano sufficienti al fabbisogno familiare e questo, nel corso dei secoli, ha provocato continui flussi migratori verso terre anche lontane.
In paese restavano le donne il cui compito era quello di accudire alla famiglia, provvedere al bestiame ed alle attività agricole. Dopo la prima guerra mondiale anche le giovani iniziarono a dirigersi verso centri grandi, fino a Milano e Roma, per svolgere l’attività di aiutanti nelle case di ricche famiglie. Erano dette dikle. Questa attività, in minima parte viene ancora svolta da diverse signore.
Questi i temi che sono stati presentati durante la serata al museo Kromberk dal titolo “Rezija – ko so možje služili kruh po svetu in žene ostajale doma”, organizzata dal museo con la partecipazione del Circolo Culturale Resiano “Rozajanski Dum”.
Al termine della presentazione, dal numeroso pubblico presente diversi hanno posto domande dando modo di approfondire ulteriormente queste tematiche.http://novimatajur.it/cultura/rezija-tu-w-novi-gurici.html

Fieste de Patrie, scampato il pericolo di una legge dannosa


La “Fieste de Patrie dal Friûl” è diventata legge. Lo scorso 17 marzo il Consiglio regionale ha votato a maggioranza il provvedimento che istituisce ufficialmente la celebrazione dell’anniversario dell’attribuzione, il 3 aprile 1077, del potere temporale al patriarca di Aquileia Sigeardo da parte dell’imperatore Enrico IV.
L’approvazione della nuova legge regionale è stata accompagnata, nelle ultime settimane, da un vivace e assai confuso dibattito, sia all’interno del Consiglio regionale che sui media. Sono emersi vecchi pregiudizi e mistificazioni di vario genere, che almeno in parte hanno trovato ragione d’essere nello stesso impianto originario della proposta di legge e nel contenuto di diversi emendamenti, approvati in commissione. Al momento del voto finale, per fortuna, pur con qualche contraddizione ed omissione, sono venuti meno quegli elementi che avrebbero reso il provvedimento inutile se non addirittura dannoso, in particolare per la comunità di lingua friulana.
Per comprendere meglio la questione può essere utile ritornare proprio al 3 aprile del 1077. Quel giorno, infatti, per effetto del conferimento al patriarca del titolo di “Comes Foro Julii, Dux et Marchio”, il Patriarcato di Aquileia diventava, all’interno dell’Impero, un vero e proprio stato autonomo, nei termini vaghi in cui ciò poteva significare a quel tempo, e così rimase per quasi quattro secoli, sino al 1420.
Quel fatto contribuì in maniera determinante a definire l’unitarietà del Friuli, in termini territoriali, e contestualmente a caratterizzare questo angolo d’Europa, compreso tra Alpi e Adriatico e tra Livenza e Timavo, come luogo di incontro e di convivenza tra comunità etniche e linguistiche diverse. La definizione stessa di “Patria” o “Patria del Friuli”, che tra l’altro ha avuto vita assai più lunga rispetto ai tre secoli e mezzo di quell’esperienza politica e istituzionale, è stata usata sempre per definire un’area geografica specifica: il Friuli, appunto, nella sua unità e unitarietà.

Ci scusiamo,ma potevano dirlo subito


...La delibera approvata dal Consiglio comunale di Pulfero ci costringe ad alcune precisazioni.Compito non facile perchè,seguendo un metodo collaudato,il testo è talmente infarcito di fantasiosissime ricostruzioni che diventa difficile per chi preferisce sempre la realtà dei fatti districarne l'intreccio.
   Procediamo con ordine.Affermare come ha fatto la maggioranza di Pulfero che gli articoli 2 comma 3 e 22 della legge regionale 26/2007"contrastano"che in provincia di Udine esistono "comunità diverse da quelle della minoranza nazionale slovena"della Regione è un'interpretazione giuridica (perchè poi,se è già così)questa delibera?) che neanche Saul Goodman(l'avvocato degli spacciatori della serie televisiva Breaking Bad) sarebbe stato in grado di fare.Innanzi tutto la tutela della minoranza "nazionale"-l'aggettivo è ripetuto alla nausea in tutto il documento-è solo un babau per spaventare i più piccini.In ossequio all'articolo 6 della Costituzione dello Stato italiano,infatti,tutte le leggi sono per la minoranza "linguistica".Non proprio una sfumatura di significato essendo  la "lingua" un elemento molto più oggettivo rispetto alle complesse implicazioni ( anche conflittuali) che comporta il concetto - novecentesco - di Nazione.La scelta è però assolutamente funzionale ai fini di una strumentalizzazione politica che rimanda addirittura all'appartenenza statale e ad inesititenti rivendicazioni territoriali .Come se,tornando,all'aggettivazione "nazionale" ,le leggi che tutelano il friulano imponessero la nazionalità non italiana ala maggior parte del territorio della regione.Nessuna tutela impone nulla a nessuno,tantomeno la nazionalità.
   Un'altra buona notizia è la codifica scritta del nediško ,grazie a vocabolari e grammatica avvenuta dopo secoli di tradizione solo orale.Come a sottintendere che nessuno prima avesse scritto nella parlata delle valli.Magari senza usare la g con il tettuccio l'abbiamo fatto e lo facciamo in tanti,da anni, e da molto prima che uscissero i libri di Specogna,il quale,tra l'altro e con tutto il rispetto,non è un filologo come lo definirebbe il documento di Pulfero.
   Dulcis in fundo,in tutta la delibera si definisce il neo-denominato nediško come lingua "autoctona","autentica","lingua medre" propria della comunità","espressione tradizionale della comunità "con un accento dunque "totalitario" che non lascia spazio ad altre interpretazioni:il nediško è la lingua delle valli,non un dialetto sloveno.
   Allo stesso tempo si chiede un confronto sereno,un dialogo una verifica per salvare il salvabile nella Slavia friulana con le associazioni slovene del territorio.
   Il tutto,a chiusura di tutto questo turbillon di illogicità,come premessa per l'unica parte che ci risulta onesta e sincera dell'intera operazione.
    Insomma, si chiarisce che ciò che interessa ,in fondo in fondo,è partecipare alla distribuzione dei fondi per la tutela per la minoranza slovena.
   Ma non era più facile dirlo subito che ci vogliono dei fondi sloveni per le proprie associazioni affinchè non tutelino il nostro dialetto sloveno?

fonte dal Novi Matajur del 25 marzo 2015

Dai Diari di don Cuffolo pubblicati dal dom

Riassunto della 3^ puntata
E' il 9 gennaio 1939.Don Cuffolo viene convocato a Udine,dove il questore gli contesta di aver fatto ascoltare canti patriottici attraverso Radio Lubiana."Sono canti popolari",risponde il sacerdote."Ma sono canti sloveni.Voi e i bambini siete italiani",incalza l'alto funzionario fascista."Cittadini italiani di lingua slovena-ribatte don Cuffolo-.E poi la mia radio non funziona da tre mesi.Gli informatori si fanno beffe di voi.Accompagnatemi a casa e verificate di persona".Sulla via del ritorno il sacerdote è preoccupato della falsa dichiarazione rilasciata.Giunto a Lasiz cambia la valvola della radio con una bruciata.(3-continua)


Dom v vsak dom prinaša Veliko noč/ Il Dom porta Pasqua nelle case


Prva615


Šesta letošnja izdaja dvojezičnega petnajstdnevnika Dom je velikonočno obarvana. Predstavljamo najbolj pristne tradicije, ki so se ob največjem krščanskem prazniku ohranile med Slovenci v videnski pokrajini. Poudarek je še posebej na pisanju pirhu in na delavnici, ki jo bo v nedeljo, 29. marca, na Solarjeh priredilo dreško kulturno društvo Kobilja glava ter na pripravi šartla, to je tipične velikonočne sladice v Kanalski dolini. Gospa Irma Keil nam je zaupala recept, ki ga bralcem predstavljamo s pomočjo fotografij. V strokovnem članu pa razlagamo zakaj prazniku Kristusovega ustajenja Slovenci, Slovaki in Poljaki pravimo Velika noč, medtem ko mu Belorusi, Ukrajinci in Bolgari pravijo Veliki dan. Obljavljamo tudi razpored verskih obredov v Benečiji, Reziji in Kanalski dolini od Velikega četrka do Velikonočnega ponedeljka. Iz Nediških dolin je poročilo iz posveta o novih možnostih za kmetijstvo v goratih predelih, ki je potekal v Gorenjem Tarbiju, iz Tipane pa o pojavu medvedov in risov na domačem območju zaradi opuščenosti gozdov, pašnikov in travnikov. Iz Kanalske doline prihaja pogovor z Marijo Moschitz, kulturno delavko iz Žabnic, ki vabi mlade svoje vasi, da govorijo slovensko. Iz Rezije je članek o novi vsem dostopni pešpoti, ki so jo uredili v okolici Solbice, kjer z bogato ponudbo poti veliko stavijo na pohodniški turizem.
In questo numero del Dom in primo piano c’è la festività della Pasqua. Ampio spazio è dedicato alle tradizioni più interessanti nella fascia confinaria della provincia di Udine. In evidenza c’è il laboratorio di decorazione delle uova, che si terrà domenica 29 marzo a Solarie (Drenchia), quanto alle ricette dei dolci della festa, quest’anno viene proposta quella dello šartl, dolce tipico della Val Canale. Della Pasqua si parla anche dal punto di vista linguistico e si spiega come mai in alcuni paesi slavi la parola pasqua venga tradotto come Velika noč, quindi grande notte, e in altri come Veliki dan, grande giorno. Vengono riportati anche tutti gli orari delle sante messe nelle valli del Natisone, del Torre, di Resia e della Val Canale. In questo numero il Dom scrive anche dell’incontro che si è svolto a Tribil Superiore lo scorso 19 marzo sul riordino fondiario e colture specifiche che permetterebbero la ripresa dell’agricoltura. Nella pagina dedicata alle valli del Torre il Dom analizza la situazione della fauna selvatica del territorio. A causa dell’abbandono dei boschi sono in aumento le presenze dell’orso e della lince. Nella pagina dedicata alla Valcanale c’è l’intervista con Maria Moschitz, vincitrice quest’anno del riconoscimento Planika, ottenuto grazie all’impegno nella conservazione della lingua e della cultura slovena in val Canale. Dalla val Resia arriva invece la notizia dell’inaugurazione di un nuovo percorso naturalistico che può essere praticato da tutti, anche dalle categorie a cui di solito la montagna è preclusa, come bambini o anziani.

Kobarid - La via Crucis

26 mar 2015

TURISMO SLOVENO A RESIA

vecchia foto del ballo resiano
foto dall'archivio di o.t.
Analisi della situazione del turismo a Resia,non aiutato dalle politiche locali.
Come consuetudine con il mese di marzo a Resia inizia la stagione turistica estiva caratterizzata dalla presenza di numerosi gruppi organizzati ed un andirivieni di pullman turistici.Infatti la vallata è meta,da decenni,di turisti provenienti perlopiù dalla vicina Slovenia che la visitano anche per conoscere gli aspetti culturali che la caratterizzano.Il principale di questi aspetti è il dialewtto sloveno locale,il resiano, che la maggioranza dei residenti ancora parle. Questo movimento turistico ha dimostrato inoltre di creare opportunità di utilizzo della lingua tetto e reddito per la debole economia locale. Il turismo sloveno in valle è stato da alcuni organi di stampa pubblicamente contestato, adducendo ad esso un mancato vantaggio economico per il territorio. Analizzando i dati, però, vediamo come dal 1991 al 2014 i turisti sloveni che hanno fruito del progetto Spoznati Rezijo/Conoscere Resia, nato proprio nel 1991, sono stati circa 85mila. Solo per gli ultimi 11 anni è stato possibile stimare un indotto economico di circa 350mila euro.
Questa forma di turismo produce sostanzialmente tre effetti positivi:dà la possibilità ai residenti di interagire con i turisti sloveni utilizzando la lingua slovena (anche nella sua forma dialettale) ,crea movimento di persone, giustificando così, la presenza in valle di organizzazioni che si occupano di turismo e di ristoranti, bar, aziende agricole che occupano diverse persone a tempo pieno, contribuendo alla debole economia locale. Questo impegno, però, non viene supportato da adeguate politiche turistiche dell'attuale amministrazione comunale, basti pensare allo stato di abbandono in cui versano alcune aree pubbliche poste vicino ai luoghi più visitati  
   
                                                                                                                                 Sandro Quaglia   
dal dom del 15 marzo 2015

25 mar 2015

Non c’è Pasqua senza pirhi – le uova colorate slovene

Conosciamo le usanze dei nostri vicini di casa:gli Sloveni

Pirhi, pisanice, pisanke, remenke… tanti nomi per indicare un’usanza molto amata in Slovenia: quella delle uova di Pasqua colorate. Secondo alcuni etnologi, le uova di Pasqua che si preparano tradizionalmente in Slovenia si distinguono in tutta Europa per varietà e bellezza. Andiamo quindi a vederle, nelle loro varianti regionali, dalla Bela Krajina al Prekmurje fino alla “nostra” Benečija.

Un’usanza antichissima

Tra le antiche popolazioni indoeuropee l’uovo era simbolo di fertilità e del rinnovarsi della vita, ed era quindi collegato al culto della primavera. Culto sul quale s’innestò il cristianesimo: l’uovo di Pasqua, infatti, nella tradizione cristiana simboleggia la resurrezione di Cristo.
pisalka
Decorazione delle uova con la pisalka
L’usanza di dipingere le uova di Pasqua, comunemente chiamate “pirhi”, si diffuse capillarmente in Slovenia a partire dal XVIII secolo, anche se la tradizione di regalare uova nel periodo pasquale è attestata sin dalla fine del XIV secolo. Le uova inizialmente erano colorate di rosso o marroncino, mentre con il passare del tempo entrarono in uso colori diversi e decorazioni sempre più raffinate.
Un tempo le ragazze regalavano le uova di Pasqua colorate ai ragazzi come gesto d’amore, ma anche per esprimere delusione, offesa o scherno. Sulle uova, che venivano regalate il Sabato santo o a Pasquetta, si scrivevano frasi d’amore, come ad esempio: “Pisanka rdeča, ljubezen goreča” (“uovo di Pasqua rosso, amore ardente”), ma anche versetti sarcastici: “Enga sem fanta imela prav zavbrnga, pa je druga mrcina prevzela mi ga”. (“Avevo un ragazzo molto bello, ma una canaglia me l’ha portato via”).
drsanke
preparazione delle drsanke
Per dipingere le uova venivano usati coloranti naturali: bucce di cipolla per uova rossastre o marroncine, cumino e camomilla per il colore giallo, mirtilli e cavolo rosso per il blu, prezzemolo, ortiche o spinaci per il verde e rape rosse per il colore rosso.

A ogni regione il suo

Ogni regione slovena ha la sua variante di uova pasquali, che vengono indicate con nomi diversi: nella Koroška e nella Štajerska si chiamano “pisanke”, in Prekmurje “remenke” o “remenice”, in Bela Krajina “pisanice”. Mentre le uova pasquali delle regioni slovene occidentali sono caratterizzate da ornamenti ispirati alla natura (fiori, uccelli, foglie), quelle della Slovenia orientale prediligono decorazioni geometriche, spesso abbinate a simboli cristiani (ad es. il monogramma di Cristo o di Maria).
Belokranjske pisanice
Una delle tradizioni pasquali slovene più antiche e meglio conservate sono sicuramente le “belokranjske pisanice”, bellissime uova pasquali realizzate con un procedimento particolare che richiede abilità ed esperienza: la realizzazione di ogni uovo richiede anche oltre due ore. I colori classici di queste uova sono il rosso, il bianco e il nero. Le uova vengono decorate usando uno strumento particolare chiamato “pisalka” (slov. “pisati” = “scrivere”), che termina in una sorta di piccolo imbuto appuntito contente cera d’api fusa. Le uova decorate con la cera vengono poi immerse nel colorante, che ovviamente non colora le parti ricoperte di cera. La cera viene poi rimossa, e il procedimento si può ripetere per applicare vari colori.
Belokranjske pisanice
Belokranjske pisanice
Drsanke
Anche questo tipo di decorazione è caratteristico della Bela Krajina, più precisamente della zona nei dintorni di Metlika. Le uova vengono cotte a lungo (quasi due ore) assieme alla buccia esterna delle cipolle. Quando sono asciutte, il colore viene grattato via con dei coltellini per formare varie decorazioni, di solito fiori e foglie stilizzati. Il nome deriva dal verbo “drsati”, letteralmente “sfregare”, a indicare il metodo di lavorazione del guscio.
Drsanke
Drsanke
Prekmurske remenice o remenke
Anche in Prekmurje, regione nordorientale della Slovenia, viene utilizzata la tecnica di decorazione con la cera fusa. Qui lo strumento utilizzato per questo tipo di decorazione si chiama “trajtar” o “klükec”. Anche in questo caso i colori utilizzati sono il rosso, il bianco e il nero, e i motivi decorativi sono astratti o geometrici.
Prekmurske remenke
Prekmurske remenke
Prekmurska škrabanka
Un’altra variante di uovo pasquale tipico del Prekmurje sono le škrabanke. Le uova vengono colorate con colori vivaci e poi dipinte con delle larghe linee nere che s’intersecano con i colori. Su queste linee nere vengono poi incisi con un coltellino i motivi decorativi, per lo più motivi floreali e scritte.
Brkinski pirh
Anche il Brkinski pirh, tipico di Brkini, zona sud-occidentale della Slovenia, è simile alle škrabanke e alle drsanke. Anche in questo caso le decorazioni si eseguono grattando il colore con un coltellino. Ciò che distingue il Brkinski pirh dagli altri, però, sono gli ornamenti ispirati alla natura: garofani, rondini, colombi e agnelli.
Brkinski pirh
Brkinski pirh – © Kulinarika.net
Tarčmunske pierhe
In Benečija (in italiano Slavia Veneta, regione collinare e montuosa del Friuli orientale, tra Cividale e i monti che sovrastano Kobarid, zona abitata dalla minoranza slovena) è ancora viva l’antica tradizione delle uova pasquali chiamate “pierhe”. Note sono soprattutto le pierhe di Tarčmun (Tercimonte). Anche in questo caso le uova vengono bollite a lungo nel colore e poi graffiate per ottenere le decorazioni. La particolarità di queste uova pasquali sta nei motivi ornamentali, che rappresentano soprattutto animali, oltre ai classici motivi floreali. Presso il Museo etnografico nazionale di Ljubljana sono conservati ancora oggi degli esemplari di pierhe che il mons. Ivan Trinko, sacerdote, scrittore e uomo di cultura della Benečija, aveva regalato al museo nel lontano 1906.
Tarčmunske pierhe
Tarčmunske pierhe – © Kobilja glava

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