31 ago 2018

Entro il 2150 saremo spariti


Ho tratto ispirazione dal libro cult di Francis Fukuyama, che ha dato una nuova chiave di lettura alla storia e all’agire umano con il concetto principe di lotta per il riconoscimento di una determinata società, dopo essere stato colpito dai continui annunci di paura da parte di politici e abitanti – quasi sempre venuti da fuori – sui rischi di una slovenizzazione e di perdita dell’italianità nelle zone di confine della provincia di Udine, cioè le valli del Natisone, Torre, Cornappo e della Val Resia.
A parte gli «interessi» elettorali di singoli politici, che hanno cavalcato le paure della gente per farsi eleggere, mi chiedo quale sia il pericolo reale di un residente in tali zone. Poiché sono abituato ad avere un approccio scientifico ai vari problemi – sia per motivi professionali, sia per forma mentis – cercherò di esporre alcuni calcoli che si usano abitualmente nella ricerca medica per calcolare incidenze di malattie e comportamenti nelle popolazioni.
Ora, mettendo alcuni parametri come popolazione residente, tasso di fertilità, età della popolazione, potremmo assistere all’estinzione dell’ultimo beneciano intorno al 2150, cioè tra poco più di 130 anni. Naturalmente queste sono delle proiezioni, con un margine di errore come in tutti questi calcoli, che non prevedono l’intervento di fattori correttivi che noi auspichiamo, come riportato più sotto. Proviamo a chiederci perché siamo giunti a questi livelli e quali sono state le motivazioni di un cittadino comune.
Sappiamo tutti quali siano le cause che hanno prodotto un calo della popolazione da 30.000 nel 1950 ai 5.600 di oggi: mancanza di lavoro, emigrazione, spezzettamento infinito delle proprietà, mancanza di radicamento, mancanza di identificazione nella propria terra. Le scelte politiche, con il continuo svilimento della popolazione, la mancanza d’istruzione nella lingua madre, il sentirsi estranei alle zone contermini hanno prodotto smarrimento, mancanza di iniziative e di volontà di restare.
In queste situazioni, diventa giocoforza adeguarsi ai comportamenti della maggioranza, spesso dimostrando di essere più italiani degli italiani stessi. Lo psichiatra Pavel Fonda, che ha studiato a lungo sentimenti e comportamenti della minoranza slovena, è giunto alla conclusione che l’appartenente alla minoranza vede l’atteggiamento della maggioranza come una specie di «sopruso dovuto» e tenderebbe alla fin fine ad avere un sentimento di autocommiserazione verso se stesso e a trovare la solidarietà degli altri membri della comunità, sfociando alla fin fine in atteggiamenti di pessimismo e di inazione, rassegnandosi alla fine. Rari i casi positivi, con atteggiamenti costruttivi, anche di difesa attiva della minoranza. D’altra parte il martellamento continuo fino dalla scuola materna in un’ altra lingua, con inculcamento di sentimenti nazionalistici, come è stato fino agli anni Ottanta, ti fa porre in dubbio la tua stessa identità, anche se in famiglia si parla un’altra lingua o si hanno opinioni differenti; ti fa stare sempre in guardia su come parli e come ti esprimi. La politica nazionalista ha usato diverse popolazioni per metterle l’una contro l’altra e per portare avanti i propri interessi, lavorando anche sui sentimenti popolari più genuini, come i rapporti tra friulani e sloveni. Valga per tutti la canzone «Sin di Resie, sin Furlans…».
I vantaggi
La maggioranza non solo non dovrebbe temere questa sparuta schiera di beneciani, ma dovrebbe favorirne la crescita e le istituzioni e dovrebbe essere interessata alla storia, cultura e lingua. Al di là dell’aprirsi della mente ad altri orizzonti, ci sarebbe il vantaggio di entrare nel mondo slavo, cominciando ad impratichirsi di lingue che sono affini, con evidenti ricadute economiche (import-export, turismo, peculiarità alimentari). Pensiamo solo alla gubana, tipico dolce della zona, che è stato appropriato dall’intera regione e figura come il dolce tipico da regalare quando si ricevono ospiti da fuori. Per non parlare poi della ricaduta intellettuale, soprattutto per i bambini bilingui: numerosi studi medici con l’ausilio di sofisticate apparecchiature che valutano il metabolismo cerebrale, hanno evidenziato che i bilingui hanno una maggiore vivacità intellettuale, utilizzano di più certe aree del cervello e sono più intelligenti dei monolingui.
Cosa si può fare
La miglior difesa, come per tutte le minoranze, è la cultura. Solo predisponendo l’insegnamento dello sloveno fin dalla scuola materna e poi per tutta la scuola dell’obbligo, si riuscirà ad evitare questa deriva. Per avere dei risultati, come sempre, bisogna partire dalla popolazione, altrimenti è quasi impossibile che le cose piovano dall’alto, soprattutto in un periodo come quello attuale. L’esperienza della scuola bilingue di S. Pietro è emblematica: tutto è partito da un’iniziativa privata, da singole persone ed associazioni, alla quale si sono poi associate istituzioni e cittadini, anche non parlanti sloveno, fino a farla diventare una realtà parificata e riconosciuta dallo Stato italiano. Oltre a questa esperienza, non ne mancano altre positive, come quella di Udine, dove 8 anni fa è stata iniziato il programma «Multicultura», basato su un corso di lingua slovena integrato da uno stage finale intensivo in varie zone della Slovenia, gite culturali, visite ad istituzioni slovene al di qua e al di là del confine, attività in sloveno per bimbi.
Queste iniziative hanno registrato un forte gradimento da parte della popolazione, in parte composta da sloveni che volevano riappropriarsi della loro cultura, in parte da cittadini interessati a conoscere questo mondo. Per ogni singola iniziativa, si è raggiunto il massimo degli iscritti. Sottolineo che anche in questa occasione tutto è partito dall’impegno di singole persone e da un piccolo budget economico. (Mario Canciani – pediatra e pneumologo)

Classe in più alla scuola media bilingue - Razred več na dvojezični srednji šoli



L’inizio del nuovo anno scolastico è alle porte. In questa pagina si trovano i dati degli iscritti negli asili, nelle scuole primarie e medie delle Valli del Natisone, del Torre, di Resia e della Valcanale.
La prima cosa che si nota è che negli asili delle Valli del Natisone il numero degli iscritti continua a calare, visto che ci saranno 12 bambini in meno rispetto all’anno scorso.
Per quanto riguarda la scuola primaria, la scuola bilingue avrà 6 bambini in più. La scuola primaria monolingue, sia a San Pietro sia a Merso superiore, invece, ne conta complessivamente tredici di meno rispetto all’anno scorso.
Gli iscritti alla scuola media invece aumentano con 6 bambini in più, sia nella scuola bilingue sia in quella monolingue di San Pietro e di Merso superiore. Sottolineiamo che, per la prima volta nella sua storia decennale, la scuola bilingue avrà due classi prime, alle quali sono iscritti complessivamente 28 alunni.
L’istituto comprensivo monolingue di San Pietro (che comprende l’asilo di Azzida, di Merso superiore e di Pulfero, oltrechè le scuole primaria e media di San Pietro e Merso superiore) attendono la nomina del/della nuovo/a dirigente. Non si sa ancora chi ricoprirà il ruolo come successore di Nino Ciccone che è andato in pensione. Rimarranno l’asilo e la scuola primaria di Taipana con un totale di 21 iscritti. Questa è una buona notizia visto che rappresenta, per il comune montano, un importante segnale di nuova speranza e forza per il futuro. Aggiungiamo anche che le scuole di Taipana e di Vedronza offrono già da diversi anni l’insegnamento dello sloveno, con il quale si punta a custodire e valorizzare il dialetto sloveno locale. La speranza è che l’insegnamento dello sloveno espanda e si consolidi in altre scuole del territorio interessato dalla legge nazionale per la minoranza slovena 38/2001

continua in sloveno .https://www.dom.it/razred-vec-na-dvojezicni-srednji-soli_classe-in-piu-alla-scuola-media-bilingue/

Tutto il possibile per restare a Resia - Vse možno, da bi ostali v Reziji


»Naredite vse možno, da bi tukaj ostali na tej zemlji čistega zraka, bratskega okolja, solidarnosti med ljudmi. Ostanite tukaj na tej zemlji in boste tukaj srečnejši kot v širšem svetu.« Takšni poziv je kardinal Franc Rodé, v sredo, 15. avgusta, na dan Marijinega vnebovzetja, na Ravanci namenjal še posebej mladim. V sedmih vaseh Občine Rezija vztraja okoli tisoč prebivalcev, ki se na razne načine potrudi, da bi ohranilo domače kulturno in versko izročilo. Tako je na Ravanci bilo tudi za svečanost na god vaške zavetnice, ki jo domačini imenujejo Šmarna miša.
Ob prvem obisku v dolino pod Kaninom je kardinal in upokojeni ljubljanski nadškof seveda domačinom še posebej predal sporočilo duhovne narave; spoznal je pa tudi domačo slovensko skupnost. »Ko jih vidim, kako so ti ljudje nekam človeško zdravi, močni, koreniti, da jih nekako potrdim v njihovi slovenski istovestnosti«, je o njih ugotovil Rodé. Somaševanje v ravanski cerkvi je vodil pretežno v italijanščini, prisotne je v slovenščini pozdravil na koncu in na začetku: »Prisrčno pozdravljam tudi vse, ki govorijo slovensko, in dragi rojaki, Bog vas živi«. Domače rezijansko narečje, ki se čez leto ob nedeljah sliši pri branju evangelija, je ob tej priliki bilo prisotno z dvema prošnjama, ki ju je prebral kulturni delavec Sandro Quaglia, in s petjem.
Med pridigo je kardinal Rodé izpostavil lik Marije, ki predstavlja popolno udejanjanje človeka in sprejemanje božjega načrta ter daje nam upanje. »Marija je samo človek in je ravno tako v božji slavi. Se pravi, da je prva, ki je odrešena v svoji duši in svojem telesu.«
Kardinala Rodéta je v Rezijo povabil novi rezijanski vikar g. Alberto Zanier, ki je pred kratkim končal študij v Rimu. »Zdelo se mi je, da bi ga bilo lepo povabiti, saj je Slovenija naša soseda«, je tisti dan izjavil za Radiotelevizijo Slovenije. Skupaj z domačim županom Sergiom Chinesejem je kardinala Rodéta v ravansko župnišče sprejel že dopoldne, od koder sta ga spremljala do cerkve s folklorno skupino Val Resia in alpinci.
Del Rezijanov se priznava za pripadnik slovenske skupnosti in to potrjuje tudi znanstvena stroka, ki je že zdavnaj dokazala, da krajevno narečje spada v sistem slovenskih narečij. Politični razlogi – in posledično tudi politiki, včasih to pa zanikajo. Med prepričanimi zagovorniki teorije, da naj bi rezijansko narečje bilo posebni samostojni jezik, je domači župan Sergio Chinese, ki si je vsekakor v letih hvalevredno prizadeval, da bi v domačo govorico prevedel evangelije. Ob pozdravu slovenskemu nadškofu je pred cerkvijo izpostavil, kako se po njegovem Rezijani priznavajo za ljudstvo in trdijo svojo majhno različnost. Opozarjal je še na stare in utrjene domače krščanske korenine, ki so v preteklosti obrodile duhovniške poklice. Nekateri duhovniki so tudi prispevali k varovanju tisočletne kulture in religioznosti doline, ki je zaradi izoliranosti v obredih in posebnostih ostala arhaična. Rodé je s svoje strani ugotovil, kako so Rezijani ohranili svoje vrednote tako s kulturnega kot z verskega vidika. Vsem je želel, da naj bi praznik Šmarne miše pomagal pri utrjevanju in nadaljnji poglobitvi vrednot, ki razlikujejo domačo skupnost in so njena čast in bodočnost: »Današnji praznik je upanja in veselja. Nam pove, da naše življenje ne bo nikoli imelo konca in da bo v slavi kot je že življenje Marije Device vnebovzete.«
Šmarna miša ostaja najpomembnejši praznik v dolini, na njej se vsi čutijo povezani – tako tisti, ki tam še živijo, kot tudi tisti, ki so Rezijo zapustili. Po maši je ćjamarar po stari navadi ob cerkvenih vratih ponujal tobak. Ćjamarar celo leto iz hiše do hiše zbira denar za potrebe domače cerkve. S sabo ima eno srebrno škatlico, ki vsebuje tobak, in človek, ki daruje denar, dobi nekaj tobaka.
Popoldne je kardinal Rodé vodil še večernice s procesijo z Marijinim kipom po vaških ulicah; ostalo mu pa je še nekaj časa, da bi obiskal muzeje in razstave o domači kulturi na Solbici.
»Zgodovina je kar je, vendar opažam tudi med mladimi pa nekaterimi drugimi, da z veseljem spregovorijo slovensko in perfektno slovensko«, je za Radiotelevizijo Slovenije še izjavil Rodé. »Če bi Republika Slovenija naredila malo več, recimo v smislu kulture, kulturnih izmenjav in tudi izobraževanja, da bi nudila tem mladim Rezijanom več možnosti izobraževanja v slovenščini, bi se tukaj hitro poznalo. Ti ljudje so zavedni, zato sem jih tudi dvakrat nagovoril slovensko.«

30 ago 2018

Una tazza di caffè di Ivan Cankar

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Turska_kava.jpg?uselang=it
Ora sono quindici anni. Ero tornato a casa, per trascorrervi tre settimane. Tutto il giorno mi sentivo depresso, irritato, di cattivo umore. Avevamo una povera casa e sembrava che in noi fosse un’ombra umida, fosca, pesante. La prima notte dormii nella camera; mi risvegliai durante la notte diverse volte... e ogni volta vedevo la mamma che alzata da letto sedeva al tavolo. Era quieta, silenziosa, come se dormisse: solo premeva le mani alla fronte. La finestra era velata dalle tende; e non c'era chiarore di luna o di stelle, ma la sua bianca figura era tutta luminosa. Ascoltai più intensamente; giunsi a distinguere. Non era il respiro di una persona che dormisse: ma era un singhiozzare soffocato a stento. Mi tirai la coperta sugli occhi; ma ancora attraverso la coperta, e fin in sogno, udivo il suo pianto e i suoi singhiozzi. Cambiai posto e andai in soffitta, sul fieno. A questamia dimora m’arrampicavo per dei gradini ripidi e rotti, che somigliavano piuttosto ad una scala a piuoli. M'ero fatto un giaciglio sul fieno; davanti alla porta, sulla salita, avevo messo un tavolo. Avevo davanti agli occhi un muro grigio, screpolato. Nel mio cattivo umore, nella mi adepressione, nella mia nera malinconia, scrivevo allora le mie storie d’amore. Con la violenza portavo il mio pensiero sulle bianche strade, sulle erbe fiorite, sui campi profumati per non vedere me stesso e la mia vita. Una volta mi venne il desiderio di un caffè. Non so come mi venisse in mente. Forse solo perchè sapevo che in casa non c’era neppur del pane. Nella nostra disattenzione spesso siamo crudeli e spietati. Mia madre spalancò gli occhi e mi guardò timorosa. Fiacco, scontento, senza dir parola, senza salutare me ne tornai in soffitta a scrivere di Milan e Bada, che si amavano, che erano nobili, felici e lieti. « Tenendosi per mano, i due giovani, illuminati dal sole del mattino, bagnati di rugiada... ». In quella sentii dei passi per la scala. Era mia madre. Saliva lentamente con precauzione, e teneva in mano una tazza di caffè, e mai l'avevo veduta bella come in quel momento. Attraverso la porta splendeva obliquo il barbaglio del sole meridiano, proprio sui suoi occhi: e gli occhi erano ancora più grandi e più puri e tutta la luce del cielo vi si rifletteva, tutto l'amore e la bontà celeste. E le labbra le ridevano come a un bambino, che reca un lieto dono. La scorsi appena e le dissi con voce rabbiosa: — Lasciatemi in pace!... Adesso non lo voglio! Non era ancora giunta in cima alla scala. La vedevo solo fino alla vita. Quando udì le mie parole, non si mosse; solo la mano, che teneva la tazza, tremò. Mi guardò atterrita, la luce le morì negli occhi. Dalla vergogna il sangue mi salì al viso, le corsi incontro con un passo rapido: — Date, mamma! Troppo tardi. Nei suoi occhi non tornò più la luce, sulle labbra non tornò più sorriso. Bevvi il caffè e mi consolavo: « Stasera le dirò quelle parole di affetto, che il suo amore deluso attendeva ». Non gliele dissi né quella sera, né l'indomani, né mai più... Tre o quattro anni dopo, all'estero, una donna straniera portò nella mia camera del caffè. E questa volta il cuore mi si strinse, mi bruciò così forte che avrei gridato dal dolore. Perchè il cuore è un giudice giusto e non conosce minuzie.
(traduzione dallo sloveno di Luigi Salvinì)
dal Matajur del 28/11/1968

per approfondire  Ivan Cankar (Vrhnika, 10 maggio 1876 – Lubiana, 11 dicembre 1918) è stato uno scrittore e poeta sloveno. Biografia Ottavo di dodici figli, è stato cresciuto dalla madre in condizioni di grande povertà dopo l'abbandono della famiglia da parte del padre, sarto proveniente da Trieste, che si trasferì in Bosnia in cerca di lavoro. Caricatura di Ivan Cankardi Hinko Smrekar. Caricatura di Ivan Cankar di Hinko Smrekar. Già alle scuole elementari frequentate a Vrhnika dimostrò il proprio talento. I notabili del paese promisero di aiutarlo finanziariamente a studiare, anche se non mantennero mai la promessa.

Il card. Rode a Porzus l’1 settembre

Sabato 1 settembre sarà a Porzus il card. Franc Rode, già prefetto della congregazione vaticana per i religiosi e la vita consacrata nonché arcivescovo emerito di Lubiana, per guidare il pellegrinaggio degli sloveni nei luoghi dove nel 1855 la Vergine apparve alla piccola Teresa Dush e parlò con lei nel dialetto sloveno che ancora si parla in quel paese del comune di Attimis. Il porporato sarà accolto dalle autorità davanti alla chiersa di Attimis. Salendo a Porzussi fermerà lungo la strada a benedire una nuova ancona. Alle 10.30, davanti alla “Jankona” nella dolina sotto il paese, si terrà la solenne concelebrazione, accompagnata dal coro di Kanal. A mezzogiorno la parrocchia e le associazioni di Porzus offriranno il pranzo a tutti i pellegrini. Quindi il cardinale visiterà la chiesa e il paese.
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Da leggere sul Dom del 31 agosto

L’apertura del quindicinale Dom di fine agosto è dedicata alle celebrazioni mariane, che caratterizzano la Benecia nella seconda metà dell’estate e che, come sottolinea il direttore, mons. Marino Qualizza, nell’editoriale hanno una valenza religiosa, ma anche culturale e sociale, in quanto dimostrano la vitalità della comunità slovena nelle valli del Natisone e del Torre. Dopo i grandi festeggiamenti della solennità della Rožinca, così come noi chiamiamo l’Assunzione, sabato 1 settembre sarà a Porzus il card. Franc Rode a guidare il pellegrinaggio degli sloveni nei luoghi dove nel 1855 la Vergine apparve alla piccola Teresa Dush e parlò con lei nel dialetto sloveno che ancora si parla in quel paese del comune di Attimis. Sabato 9 settembre sarà la volta del pellegrinaggio diocesano a Castelmonte, nella solennità della nascita di Maria. Nelle nostre valli quella festa si chiama Marija Bandimica, cioè Madonna della vendemmia, e viene celebrata in particolare in alcuni paesi. Così domenica, 9 settembre, sarà festa grande, con processione, a Canebola. Nell’occasione sarà presentato il nuovo Cd con canti mariani della tradizione slovena registarato dal coro Pod lipo. Sul giornale lo presentano il presidente del coro, Germano Cendou, e il membro del coro Gianfranco Topatigh, orginario di Canebola. Il 10 settembre inizierà il nuovo anno scolastico. Presentiamo in questo Dom il quadro degli iscritti nelle scuole dell’obbligo del territorio della provincia di Udine nel quale è riconosciuta la presenza della minoranza slovena. Va registrato anche quest’anno l’aumento degli iscritti all’istituto comprensivo bilingue di San Pietro al Natisone. Per la prima volta ci saranno due prime classi nella media inferiore. Per quanto riguarda Valcanale, è certo il proseguimento della sperimentazione trilingue italiano-sloveno-tedesco a Ugovizza, mentre non c’è al momento la copertura finanziaria per le ore di sloveno nelle altre scuole dell’infanzia e primarie nei comuni di Malborghetto-Valbruna e Tarvisio. Nelle Valli del Torre e del Judrio non è ancora chiaro come e quando inizieranno le lezioni di lingua slovena. Sul versante politico il Dom registra il pieno sostegno della Regione al cluster transfrontaliero, al quale hanno aderito 25 comuni del versante italiano e di quello sloveno. Lo ha comunicato l’assessore regionale alle Autonomie locali, Pierpaolo Roberti, incontrando, lunedì 27 agosto a Udine, il sindaco di Taipana, Alan Cecutti, capofila per la parte del Friuli Venezia Giulia dell’associazione volontaria di Comuni. «La Regione sostiene sempre – ha affermato Roberti – i sindaci che decidono di mettersi insieme per lavorare e risolvere problematicità dei loro territori, soprattutto quando i Comuni che amministrano sono estremamente piccoli e scontano tutta una serie di difficoltà: in questo caso l’unione fa la forza e, nel caso specifico, l’aver coinvolto i Comuni della fascia confinaria della Slovenia è un ulteriore rafforzamento». In prima pagina, oltre la notizia dei vent’anni di attività della nostra cooperativa editrice Most, pubblichiamo una riflessione di Mario Canciani, noto pediatria e pneumogolo, sulla critica situazione della Slavia Friulana. Applicando parametri scientifici, Canciani afferma che, di questo passo, “potremmo assistere all’estinzione dell’ultimo beneciano intorno al 2050, cioè tra poco più di 130 anni”. Ma l’inversione di rotta è ancora possibile. La carta su cui puntare è quella del turismo ecosostenibile e culturale. A questo proposito ha registrato un bel successo l’iniziativa del bus settimanale “Gor in dol po Benečiji-Su e giù per la Slavia” proposta quest’estate dall’Istituto per la cultura slovena alla scoperta dei tesori nascosti delle vali del Torre e del Natisone. Sul bus è salita anche una nostra collaboratrice e in questo numero pubblichiano il reportage del viaggio. Intanto nel comune di Taipana già quest’estate hanno registrato un piccolo boom di presenze turistiche, anche grazie alla collocazione delle colonnine di ricarica per le e-bike e la riapertura dell’agriturismo di Monteaperta. Nella pagina dedicata alla Valcanale c’è la memoria dell’alluvione di 15 anni fa, rivissute tramite il racconto del sindaco di allora, Alessandro Oman. Da Resia giunge invece la notizia degli interventi consotti dalla Soprintendenza per recuperare i resti dell’antica rocca di Stolvizza. Nella pagina dedicata all’alta valle dell’Isonzo in apertura c’è l’articolo sul bel concerto per la pace, con protagonisti i giovani, tenuto a Kobarid/Caporetto, nel centenario della fine della prima guerra mondiale. Nella pagina sportiva si coclude il viaggio di Bepo Qualizza nella storia delle squadre di calcio valligiane. Quesat volta tocca alla Pulferese. Naturalmente non manca l’articolo di presentazione della nuova stagione calcistica, che partirà il 9 settembre. Segnaliamo ancora la fiaba tradizionale nei fumetti di Moreno Tomasetig e l’ultima pagina con la carellata degli appuntamenti da non perdere nelle prossime due settimane in Brenecia, Resia e Valcanale. Tra questi la santa messa prefestiva in lingua slovena che, dopo la pausa di luglio e agosto, torna sabato 1 settembre alle 19.15 nella chiesa parrocchiale di San Pietro al Natisone.

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29 ago 2018

Da Milano la Benecia si ama di più-V Milanu s koreninami v Benečiji

Stefania Rucli è di Clodig/Hlodič, vive a Milano e sul suo profilo facebook c’è scritto «proudly made in Benečija».
Fiera delle tue origini?
«Sì lo sono, perché sono strane. Una terra di confine come la nostra fa sentire il peso della sua complessità quando si tratta di definirsi, quasi ti obbliga a farti schierare di qua o di là. Io però non mi sono mai sentita di prendere posizione, mi sento anzi di aver preso da dovunque mi andasse di prendere. La mia appartenenza alle Valli ho iniziato a sentirla forte da quando sto a Milano. Più passa il tempo, più sento che le mie radici si fortificano. Non è nostalgia, è appartenenza. E ho la fortuna di poter chiamare casa non una via, una casa, un appartamento… ma una terra intera, una montagna, un fiume… il pensiero di questo mi fa stare bene. Come diceva, non mi ricordo chi, “la lontananza è come il vento, spegne i fuochi piccoli ma accende quelli grandi”. Ecco, il mio legame con le Valli è decisamente un fuoco grande».
Che ricordo ti hanno lasciato la scuola bilingue e la scuola di musica Glasbena matica?
«Sono state entrambe delle bellissime esperienze, soprattutto a livello umano, e degli ambienti stimolanti. Con la mia classe delle elementari ho ancora rapporti praticamente con tutti, ci sentiamo, ci vediamo quando possiamo. La Glasbena invece l’ho frequentata da alunna fino ai 18 anni e poi ci sono tornata qualche anno dopo da insegnante, e quella di fatto è stata la mia vera esperienza lavorativa ».
Che futuro hanno i giovani musicisti nelle Valli?
«Mi sa che a questa domanda risponderebbe più correttamente chi è ancora nell’ambiente, io ormai è da qualche anno che non lo frequento più. Intendo l’ambiente musicale valligiano. Ma ti posso dire che sono convinta che più esperienze si fanno, meglio è, siano nelle Valli o non. Ricordo nitidamente e con grandissimo piacere workshop fatti in Glasbena, ma anche in occasione di Postaja Topolove e in altri posti ancora. Sono tutte esperienze formative che producono stimoli. Ho divagato un po’, ma insomma i musicisti nelle Valli hanno delle ottime possibilità di studiare musica, la Glasbena per esempio offre lo studio di moltissimi strumenti diversi… Poi sta un po’ a ciascuno tirare fuori la creatività, ma mi sembra che nelle Valli non manchi affatto».
Hai conseguito brillantemente la laurea magistrale all’Università Cattolica a Milano. Ci racconti il perché di quella scelta?
«È andata così. Dopo la triennale in lingue (ho scritto la Tesi su Aldo Klodič e la sua letteratura dialettale) avevo deciso che volevo sia cambiare un po’ la materia dei miei studi sia allontanarmi da Trieste, che dopo quattro anni iniziava a mostrarmi dei lati negativi che non mi andava più facessero parte della mia quotidianità. Cercando delle possibili soluzioni, le ho trovate qui a Milano (sì sto rispondendo da qui), dove ho studiato media management e organizzazione di eventi. La tesi l’ho scritta sulle Valli, cercando di capire come il territorio potrebbe valorizzarsi meglio, anche e soprattutto attraverso una più efficace comunicazione online».
Da Milano, come è cambiato il tuo modo di vedere le cose?
«Io penso che cambiare prospettiva ogni tanto non possa che fare bene. Quando si è troppo dentro qualcosa, si rischia di concentrarsi troppo sui dettagli e non sempre questo è positivo, perché viene meno il senso del totale. Finisce che, per esempio, diamo troppo peso a situazioni che potrebbero essere molto più leggere con il risultato di rimanere schiacciati. È quello che è successo a me qualche anno fa prima di trasferirmi qui a Milano, e ne ho sofferto tanto. Allontanandomi, è passato tutto. Ho cominciato a ricomporre il puzzle e a guardare le Valli come la mia terra, senza tante storie, senza bene o male, ma solo con un grande sentimento di gratitudine per come mi hanno fatta crescere e per quello che mi hanno dato. E il mio legame con loro si è rafforzato giorno dopo giorno. Sì da lontano, paradossalmente. Ecco, direi che la più grande virtù della distanza è che ristabilisce il giusto rapporto tra le cose. Le Valli sono un nodo della mia rete, sì forse ancora il più importante, ma sempre uno dei nodi, non il centro del mio mondo».
Quante lingue parli ora?
«Oltre all’italiano parlo bene lo sloveno e l’inglese, con lo spagnolo me la cavo, è arrivato il momento del tedesco… e forse di qualche lingua un po’ più orientale, vedremo. È così, le lingue sono una ricchezza da tenersi stretti, ti fanno capire come le altre persone leggono il mondo».
Come risolveresti il problema demografico-economico delle nostre valli?
«Sono una di quelle che “è andata via”, come posso rispondere? Mi rendo conto che noi giovani siamo un bel problema, ce ne sono tanti che come me hanno deciso di non restare nelle Valli e di studiare più o meno lontano. Penso che però non siamo da rimproverare, abbiamo bisogno di fare le nostre esperienze, di vedere cosa c’è fuori, di imparare a fare quello che ci piace dove meglio ci va di farlo. Nessuno dice che non torneremo. Per le Valli il futuro possibile secondo me è il turismo. Abbiamo un modello eccezionale che è la Dolina Soče, dovremmo almeno cercare di imparare da loro. Chiaramente le sole Valli sono piuttosto piccole, ma estendendo un po’ il bacino al Cividalese e alla Slovenia appunto, si potrebbe creare un’offerta interessante. Anche perché i turisti in Regione (numeri alla mano) ci sono».
Cosa ami di più della Benecia?
«Non c’è una cosa in particolare, direi i colori… i colori nitidi, vivi, accesi, l’aria trasparente. E poi c’è la mia famiglia, che è come dire che il mio cuore è sempre anche un po’ là».
Cosa, invece, ne detesti?
«Detestare è un verbo che non riesco ad associare alle Valli. Detesto solo il fatto di non averle a portata di passeggiata quando ne avrei bisogno ».
Puoi fare un saluto po sloviensko ai nostri lettori?
«Kabi! Pozdraven vse bralce Doma an se vidimo v dolinah naslednjič, ko se uarnen. Lepuo miejta se vsi!».(Moreno Tomasetig)
Mlada Benečanka Stefania Rucli nam v tem pogovoru predstavlja svojo življenjsko in študijsko pot. Po otroštvu v Benečiji, kjer je hodila v špietarsko dvojezično šolo in se glasbeno izobražila na krajevni podružnici Glasbene matice, je diplomirala iz tujih jezikov na Univerzi v Trstu. Izobraževalno pot je nato uspešno zaključila s podiplomskim študijem na Katoliški univerzi v Milanu.
Poleg italijanščine Stefania dobro govori slovensko in angleško; zna tudi španščino in trenutno se nauči nemščine. Čeprav je po svetu, ne izključuje, da bi se v prihodnosti lahko vrnila v rojstne kraje, ki so eden izmed njenih referenčnih točk. Razvojne možnosti za Benečijo vidi še posebej na turističnem področju, saj izraža prepričanje, da bi bilo treba pomisliti na skupno turistično ponudbo skupaj z bližnjimi kraji v Sloveniji in na Čedajskem.

L'Europa,le frontiere e i muri

Le abbiamo abbandonate troppo in fretta le frontiere, forse sarebbero state un buon antidoto contro l’epidemia di muri che si sono riprodotti in tutta Europa”. Paiono una provocazione, le parole dello scrittore e giornalista Paolo Rumiz che accompagnano in queste settimane – lo scorso 1º agosto le abbiamo ascoltate nella bellissima serata che si è tenuta a Kobarid – la musica dell’Orchestra sinfonica giovanile europea nei luoghi dove si è combattuta la Prima guerra mondiale. E invece provocazione non lo sono tanto. Raccontano invece una verità e uno scoramento. La verità è che non è bastato togliere una sbarra per cancellare le differenze da una parte e costruire dall’altra un sentimento comune. Lo percepiamo e vediamo ogni giorno leggendo i giornali o ascoltando i notiziari. Non c’è notizia più triste di quella che racconta come il problema dell’arrivo degli immigrati via mare si risolve spostando la terra d’approdo un po’ più in là. Se li tengano pure in Spagna, se si dichiarano così generosi e disponibili. Questa è oggi l’Europa senza frontiere ma piena di muri, costruiti più con l’ignoranza e l’egoismo che con i mattoni. Questo è lo scoramento. “Forse c’era più Europa al tempo dei passaporti”, ha detto ancora Rumiz. Che è un modo per dire che no, l’Europa allora nessuno statista o semplice politico pensava di costruirla, ma lo facevano, probabilmente senza neanche rendersene conto, le persone che avevano voglia di collaborare, di dare, di conoscere, di aprirsi. Ce ne sono state e ce ne saranno. Bastava, a Kobarid e altrove, vedere i giovani provenienti da una dozzina di nazionalità raccontare, con i propri strumenti musicali, un sentimento comune. È a esperienze come quelle, fatte non da chi ha in mano i tasti del comando ma da chi passo dopo passo vuole costuire e non demolire, che dobbiamo riporre la nostra fiducia. (m.o.)
Novi Matajur ( agosto 2018)

28 ago 2018

Numero di migranti accolti in Europa

  1. Svezia 2,34%
  2. Malta 1,83%
  3. Norvegia 1,14%
  4. Austria 1,07%
  5. Cipro 1%
  6. Svizzera 0,99%
  7. Germania 0,81%
  8. Olanda 0,6%
  9. Danimarca 0,59%
  1. Francia 0,46%
  2. Serbia 0,42%
  3. Belgio 0,37%
  4. Lussemburgo 0,36%
  5. Finlandia 0,34%
  6. Bulgaria 0,25%
  7. ITALIA 0,24% (150 mila)
  8. Grecia 0,2%
  9. Gran Bretagna 0,18%
  10. http://www.iskraonline.eu/index.php?option=com_content&view=article&id=1234%3Akako-faizem-redi-morske-pse-v-sredozemlju&catid=3%3Anewsflash

L'Italia ha poco da protestare,guardate che pochi migranti ha accolto.

24 ago 2018

Oggi ci ha lasciato Ciril Zlobec

(Ponikve4giugno 1925 -24 agosto 2018 ) è stato un poeta , scrittore e traduttore sloveno è stato un poeta , scrittore e traduttore sloveno .

Ponivke (Slo) 4-06-1925
24 -08-2018
foto di Andrej Jakobčič
 Ciril Zlobec nacque in una famiglia contadina, ultimo di sette figli. Frequentò la scuola elementare a Avber , poi il ginnasio nel seminario a Gorizia e Capodistria , dal quale fu espulso nel 1941 per "assenza di spirito religioso e indisciplina": scriveva infatti poesia in lingua slovena e fondò e curò una rivista letteraria nella stessa lingua, cosa proibita dal regime fascista. Ritornato a casa, nel 1942 venne mandato al confino in Abruzzo. Dopo l'8 settembre 1943 entrò nelle file della Resistenza. Al termine della guerra, continua la scuola a Lubiana, dove si diplomò in slavistica e dove lavorò come giornalista, per la carta stampata e per la radiotelevisione. È autore di più di cento volumi, tra poesia, narrativa, saggistica e traduzioni. Per lungo tempo è direttore di Sodobnost, una delle prime riviste letterarie, mentre già prima della laurea aveva diretto la rivista letteraria d'avanguardia "Beseda". Sono conosciuti, oltre dalla lingua italiana, per autori vieni Dante Alighieri , Leopardi , Carducci , Montale , Ungaretti , Quasimodo ... Dal serbocroato tradusse Davičo, Popa, Mihalić. Fu presidente della Lega degli scrittori jugoslavi e fu vicepresidente per due mandati dell'Accademia delle Scienze e delle Arti slovene. Fa parte delle omologhe accademie croata, europea (Salisburgo) e mediterranea (Napoli) Fu deputato al Parlamento sloveno per due mandati. Dopo l'indipendenza della Slovenia fece parte della Presidenza della Repubblica.Parte importante della sua ispirazione è la poesia d'amore, presenti sono anche il tema dell'infanzia e la riflessione sulla poesia stessa. Si serve prevalentemente del verso libero, con influssi della lirica moderna italiana.
Per il suo lavoro letterario ricevette diversi, tra gli altri il Tomšič (1956), il Prešeren (1982), il Župančič (1976) e il Veronika (2000), ma il riconoscimento d'oro della Repubblica di Slovenia, nonché numerosi riconoscimenti italiani (Premio Città dello Stretto e Premio Montale nel 1984, Premio Carlo Betocchi - Città di Piombino nel 1993, Premio speciale Giuseppe Acerbi per l'opera omnia, Commendatore della Repubblica, "Insigne italianista" de Il Campiello, Sigillo d'Argento della Città di Trieste).
Pietra (I)

Avendo promesso di volare, dovrei
rischiare una caduta
rovinosa.
Dovrei, come un uccello, dal suo riparo
di roccia, prendere i volo
d’un balzo, senza aprire ali.

Però la pietra mi attendeva
fin dall’inizio dei tempi, dal lontano
tempo che pietra è diventata; ed ora
è tutto quanto pietra il riparo,
l’unico senso del suo essere solo
pietra. Se avesse mani, tenterebbe
di trattenermi; se avesse piedi,
tenterebbe d’inseguirmi; se avesse
una mente forse muterebbe idea,
e avrebbe pietà di me, se avesse
una mente forse muterebbe idea,
e avrebbe pietà di me, se avesse 
un cuore. Ma giacché è pietra,
è spietata come ogni pietra. Mi schiaccerà
quando dal suo riparo vorrò mettermi
in volo – e nessuno mai saprà
verso quale meta.

traduzione di 
Grytzko Mascioni


Kamen (I)

Tvegati bi moral uničujoči padec
za obet letenja
Kakor ptica izpod kamna
moral bi vzleteti,
v skoku, brez zamaha kril.

A kamen čakal je od prazačetka name,
čakal tako dolgo, da postal je kamen:
zdaj ves kamnito skonjen je v zavetje,
ta edini smisel, da postal je kamen.
Če bi imel roké, bi jih iztegnil za menoj,
če bi imel nogé, bi stekel za menoj,
če bi imel glavó, bi si morda premislil,
če bi imel srcé, bi se umili me morda,
a ker je kamen in brezsrčen kot vsak kamen,
me bo zmečkal,
takoj ko hotel bom vzleteti izpod njega,
in nihče ne bo nikoli vedel, kam sem hotel.



tp://www.casadellapoesia.org/poeti/zlobec-ciril-62/per-la-parola-del-tempo/poesie








19 ago 2018

Parabola del Figliol prodigo


Capitolo XV del Santo S. Luca

 (11) Un certo uomo aveva due figli. (12) Il più giovane tra questi disse: “Padre, dammi la parte di eredità che mi spetta”. (13) E divise tra loro l’eredità. E poco dopo si radunò tutta la famiglia. Il figlio più giovane si recò in un paese lontano, e lì consumò tutta la sua proprietà conducendo una vita lussuriosa. (14) Dopo che ebbe consumato tutta la sua proprietà, in quel paese si verificò una grande carestia. Egli cominciò a patire una grande povertà. (15) [Allora] andò e fu costretto a mettersi a servizio di un signore [che viveva] nel paese; e questo signore lo mandò in un villaggio per andare a pascolare i porci. (16) Desiderava potersi saziare del frutto delle querce che mangiano i porci, ma nessuno voleva avere pietà di lui e dargliene. (17) [Allora] ritornò in sé e disse: “Quanto pane avanza ai salariati di mio padre, e io qui muoio di fame”. (18) Si levò da dov’era e disse: “Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te, (19) io non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Fammi tuo servitore”. (20) E si levò e andò da suo padre. Era ancora lonatno, che suo padre improvvisamente lo vide. Ebbe misericordia e lo abbracciò [?] e lo baciò. (21) E il figlio disse a padre: “Padre,

[p. 122]

ho peccato contro il cielo e contro di te, io non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. (22) Il padre disse ai suoi servi: “Presto, portate qui l’abito più bello e fateglielo indossare”. E gli mise un anello al dito della mano e delle calze ai piedi, e ordinò (23) “Portate un vitello bello grasso, ché vogliamo banchettare e fare festa: (24) poiché questo mio figlio era morto e vive di nuovo, ed è stato trovato”. Cominciarono a banchettare. (25) Suo figlio più vecchio era nei campi: arrivò a casa e sentì questa festa, questa allegria. (26) Chiamò un servo e gli chiese cosa era quella allegria. (27) Egli rispose: “E’ giunto tuo fratello e tuo padre ha fatto uccidere un vitello grasso perché ha potuto riaverlo”. (29) Ma lui rispose e disse a suo padre: “Io ti servo da tanto tempo senza mai dirti “Non ti obbedisco” e non mi hai mai dato [neanche] un capretto per poter far festa con i miei amici. (30) Ma dopo che tuo figlio si è consumato tutta la sua parte [di eredità] con le prostitute, è arrivato e tu hai ucciso un vitello”. (31) Gli rispose: “Figlio mio, tu sei sempre con me. Tutti i miei averi [?] andranno a te (32) Era opportuno fare festa poiché tuo fratello, che era morto, è stato ritrovato”.

I dialetti sloveni del Friuli tra periferia e contatto 
Udine: Società Filologica Friulana, 2002

pp. 120-122Parabula Uot Itoga Sinu Prodiga (1)

Capitul XV Svetaga S. Luca
 (11) Din cert mus an mese dua sinu. (12) Te mlaisi tami sema an je recal: «Uogia, daimi to porcion uot facoltadi, chir mi gre». (13) An je sdelil tami sema gnaga facoltat. Anu mala dopo, sa ie spravila sa fameja. Te malaisi sin an se ie nesal tau din dalesgni pais, anu itu an ie consumal usò gnagha roubo dilaiog nò vito lusorius. (14) Dopo car an ie consumal uso gnagha roubo, iesuccedenala tou tin paise na vilica giaristia. Se an je pozel provat no vilico potribo. (15) An ie sal, anu an ie mel trobe itit sarviat nagha guspodina tau tin paijse; anu isè guspodin an je gha poslal tau no vas, sa udit ghanat prasce. (16) An bramase moret se naiest uot taga lisnica vot doba, car iedo prasci, anu nisgi se tese smilit mu dat pa te spese. (17) An se je opomonul not g nagn [uot gnaga - RB], an ie recal: «Tilica crua uostaie tin deleucen miga uogie, anu ia sde ia se gubin sa lacato». (18) Ustal an ie uot tagha mesta, an ie recal: «Uogia, ia si offindinal nebe voas, (19) ia nisi vig degn bit clizan tuvoi sin. Sdeleime tiviga fameia». (20) Anu an ie stual anu sal tah gnagha ugi. An bese sgie dalez, car gnagha uogia gha ie negledal [nagledal - RB]. An je mel misericordio, an gha je votil nu gha busnul. (21) An

[p. 121]

sin je recal uogij: «Uogia, ja si grisil cuntra nebu anu contra tebe, ia nisi vig degn bit clizan tuvoi sin». (22) Uogia je recal gnaga famejen: «Napret parnisijta te najlipsi abit, anu ublicitaga». An mu je gial parsten tana perst vot roche anu ’laze tana noge, anu an je quasal: (23) «Parnisijta no dobre tulste tale, car tiemo pastuat anu stat legri: (24) pochei se moi sin bese martou anu an spe sivi, anu an je se trofil». Ni so pozali pastuat. (25) Gnaga sin te staraisi an bese tau poje: an je parsel tah hisi, an je zul so fiesto, anu so legrio. (26) An je clizal nogha fameja, an je gha uprasal, coi so se legrie. (27) Se je rispondal: «Je dusil tuvoi brater, anu tuvoi uogia se bul no tale tulste, char an je mogal spet uodagnat». (29) Ma uon an je rispondal anu je recal gnagha uogij: «Ja te servian ot tilico timpa, senze mai ti rigit ‘Ia te ni bogan’, anu mai ti mi nisi dal naga cusligia sa moret se gioudinat s memi amighen. (30) Ma dopo car tuoi sin se consumal usognagha part sas curbi, an je dusil, anu ti si bul no tale». (31) An je rispondal: «Moi sin, ti si simpri s mlu. Suicisto muij removi tobe grejo. (32) To bese boje convenient gioudinat, pochei tuvoi brater, car bese muar, an je se spe trofil».

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